GLI SCAMBISTI: LA LEGA RIDIMENSIONA LA FLAT TAX E DA’ IL VIA LIBERA AL REDDITO DI CITTADINANZA, MA TRIA NON SI SMUOVE DALL’1,6%
LA MANOVRA ANCORA IN ALTO MARE
La fragilità dell’impatto che lo scambio tra Matteo Salvini e Luigi di Maio ha sull’impianto della manovra si può misurare da due prospettive, speculari tra di loro: da una parte il pressing asfissiante nei confronti di Tria per portare l’asticella del deficit almeno al 2%, dall’altra la fermezza del ministro dell’Economia nel tenere il punto sull’1,6 per cento. I problemi della legge di bilancio restano intatti perchè è il nodo principale che non si è sciolto.
Lo scambio serve a riequilibrare le liste della spesa di Lega e 5 Stelle, in nome di un interesse caro a Salvini, cioè il via libera al decreto su sicurezza e immigrazione, ma non impatta sulla soluzione della questione che crea fibrillazione con il Tesoro, cioè la diversità di vedute su come uscire dallo stallo.
Sono le 8 del mattino quando a palazzo Chigi si riunisce il tavolo sulla manovra, prenotato da Salvini via telefono al premier Giuseppe Conte ieri sera dopo la messa a punto del pacchetto leghista.
Il clima è quello dell’urgenza perchè il decreto sicurezza è in calendario al Consiglio dei ministri di lunedì ma è ancora ostaggio delle resistenze dei 5 Stelle.
È nella composizione della lista delle misure che Salvini porta a Tria, lanciando al contempo un messaggio di tensione a Di Maio, che si innesta la strategia del Carroccio. Dentro quella lista, infatti, ci sono tutti i cavalli di battaglia del centrodestra: superamento della legge Fornero, flat tax, pace fiscale, ma anche turnover per le forze dell’ordine e il taglio delle accise sulla benzina.
Una portata così ingente, quella della lista leghista, che rischia di mandare in tilt la spartizione a metà delle risorse con i 5 Stelle, tra l’altro più indietro rispetto al Carroccio sulle coperture per il reddito di cittadinanza.
Qui si innesta lo scambio, che poggia su due livelli.
Quello politico, sostanziale, di Salvini al reddito di cittadinanza in cambio appunto dell’ok di Di Maio al decreto sicurezza.
E quello economico, con uno snellimento della flat tax per le imprese, che libera risorse utili ai pentastellati per provare a portare a casa il proprio cavallo di battaglia.
Il sogno leghista della tassa piatta subisce un ulteriore ridimensionamento. L’assetto pensato per 1,5 milioni di partite Iva poggiava su due aliquote di tassazione: al 15% per quelle con ricavi compresi tra 0 e 65mila euro e al 20%, con la garanzia della progressività , per quelle con un giro d’affari compreso tra 65mila e 100mila euro. Resta solo la prima aliquota e quindi un restringimento delle imprese che saranno interessate dal taglio fiscale.
Una rinuncia che la Lega ha potuto concedersi per due motivi. Il primo è che questa rinuncia sarà controbilanciata con la super-Ires al 15% per chi investe in azienda: si farà perchè le coperture – poco meno di 1 miliardo – ci sono (l’Ace o l’assorbimento degli ammortamenti del piano industria 4.0) e quindi il segnale alle imprese comunque resta perchè 1 miliardo è la cifra che corrisponde anche al risparmio che otterrebbero le aziende.
Il secondo è che il disegno complessivo sulla flat tax sarà messo in campo – almeno questo è l’obiettivo – il prossimo anno, quando si spera che le risorse saranno maggiori.
Nello scambio tra Lega e 5 Stelle c’è anche un punto di contatto ulteriore, che preme più ai 5 Stelle ma che non registrerebbe la contrarietà del Carroccio, e cioè quella di condividere la paternità del superamento della legge Fornero attraverso la quota 100. Lo schema che si intende seguire è quello di impronta leghista, cioè la combinazione 62+38, con una platea di circa 492mila lavoratori che potrebbero uscire anticipatamente dal lavoro usufruendo appunto di questa possibilità .
Su questo Salvini non vuole mollare, anche se l’intero pacchetto costa 8 miliardi all’anno. Alcune coperture sono state stabilite, come la possibilità di utilizzare i fondi esubero delle imprese o prevedere un condono dei contributi, ma sono ancora poche rispetto all’impatto totale delle misure.
In una sorta di meccanismo a matrioska, il pacchetto sulle pensioni rischia di gonfiare ulteriormente la portata della manovra.
Anche perchè i 5 Stelle, secondo quanto riferiscono alcune fonti del Movimento, non mollano la presa sul reddito di cittadinanza e vogliono 10 miliardi da finanziare in deficit.
Si ritorna al punto iniziale, quello dell’asticella dell’1,6 per cento. Di Maio ribadisce che bisogna “dimenticare i numerini” mentre il sottosegretario leghista Massimo Bitonci chiede a Tria di arrivare al 2-2,2 per cento.
La manovra è ancora in alto mare.
(da “Huffingtonpost”)
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