GOVERNO, LA STRADA IMPERVIA PER IL RIMPASTO: COLTORTI PER TONINELLI
A RISCHIO SIBILIA, FERRARESI E VILLAROSA
Un doppio tagliando, sull’organizzazione del Movimento e sulla squadra di governo, ma senza un rimpasto vero e proprio.
Da fare seguendo una road map tortuosa e imprevedibile. Luigi Di Maio dalla notte elettorale è chiuso nel suo bunker.
Dopo un primo vertice lunedì, il via vai di fedelissimi e consiglieri si è man mano assottigliato e sempre più ristretto, le scelte valutate e condivise da una cerchia sempre più selezionata.
Quel che il leader ha in mente di fare, da subito, è un’accelerazione brusca sul versante riorganizzazione. Ma la testa è anche sul governo, e con il passare delle ore la convinzione è sempre più quella che qualcosa vada cambiato.
Andiamo con ordine. La gragnola di critiche piovute sulla testa del capo politico sullo scollamento con il territorio, l’incomunicabilità con la stanza dei bottoni, le faide interne incontrollate sui territori che portano a sfaldamenti locali, lo ha convinto che la riforma del Movimento è improcrastinabile.
Cosa fare e come farlo lo vuole condividere con alcuni dei pilastri del “Movimento delle origini”, che i 5 stelle hanno visto nascere e crescere e, in ultimo, sprofondare.
Da riunire in conclave, per due o tre giorni, e elaborare un quadro coerente di proposte da sottoporre tanto al gruppo parlamentare quanto alla base di attivisti.
Sono Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Chiara Appendino e Roberto Fico i nomi individuati.
Il presidente della Camera non avrebbe ancora dato la propria disponibilità ufficiale a partecipare, ma si confida nel sì di una delle figure da sempre più carismatiche.
“Chiara è importante per il contributo che può dare per la gestione del territorio, il rapporto con i consiglieri comunali e regionali”, spiega un uomo vicino al leader. È stato Di Battista, nel corso dell’assemblea fiume di mercoledì, ad avanzare anche i nomi di Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo. Entrambi sarebbero intenzionati a declinare la proposta. Soprattutto sull’imprenditore sarebbero già circolati alcuni mugugni. “Ma se Luigi gli chiede di raggiungerlo per un paio di giorni pensi che si rifiuterebbero?”, chiede chi gli sta dando una mano a riorganizzare i territori.
C’è poi il lato governo, assai più scivoloso e da maneggiare con cura. Emilio Carelli, che di Di Maio a tutti gli effetti è un consigliere, in congiunta ha svelato la nudità del re pronunciando la parola tabù: rimpasto.
Il capo politico da un lato non lo vorrebbe: toccare anche la minima casella potrebbe voler dire creare una valanga capace di arrivare con forza a valle. Dove siede il Consiglio dei ministri, con la sua maggioranza al momento saldamente in mano al Movimento, che si potrebbe ribaltare. “Perchè considera che Tria e Moavero, che formalmente sono tecnici, sono totalmente appiattiti sulla Lega”, ragionano i suoi.
E c’è la casella degli Affari europei da assegnare. Traducendo: uno o due ministri si possono cambiare o sostituire. Se il numero aumenta, diventa impossibile farlo senza aprire una crisi formale di governo. A quel punto l’intera squadra verrebbe automaticamente rimessa in discussione.
Il vicepremier si muove sulle uova, spera che lasciando decantare la situazione quella che fu di Paolo Savona e il Commissario che il governo indicherà a Bruxelles siano le uniche due caselle in grado di placare gli appetiti di Matteo Salvini.
E che possano dare il là a un tagliando dei pentastellati di governo. I ministri sono tutti inamovibili. O quasi. Perchè sarebbe maturata da tempo l’idea di sostituire Danilo Toninelli alle Infrastrutture. E non è passato inosservato che Salvini non abbia nemmeno accennato all’urgenza di sostituire Armando Siri, che del Mit era sottosegretario, nè tanto meno di Edoardo Rixi, sottosegretario nello stesso ministero. Per questo la cautela è d’obbligo.
Anche se il nome sarebbe già pronto, e circolerebbe da tempo. E sarebbe quello di Mauro Coltorti, geologo già nella squadra pre elettorale dei 5 stelle.
Che fu ministro in pectore nelle ore precedenti alla formazione del governo, salvo poi saltare per una scelta più politica dovuta all’improvvisa accelerazione di quei giorni e alla necessità di avere un uomo di fiducia in uno dei ministeri dal portafoglio più sostanzioso.
“Chi era con Danilo a Palazzo Chigi per il vertice fiume sul Tav?”, chiede uno degli uomini più vicini rispondendo con una domanda alla richiesta di conferma. Per il resto il capo politico non vorrebbe toccare i dicasteri. Elisabetta Trenta e Sergio Costa, nonostante le frecciate, sono considerati inamovibili, un po’ meno Giulia Grillo, con Pierpaolo Sileri indicato come favorito per la successione.
Diversa è la questione sottosegretari. Con Angelo Tofalo a un passo dall’addio, un altro indiziato è Carlo Sibilia. Un ottimo rapporto con il vicepremier, ma su di lui si addensano nuvoloni di critiche da parte di una larga fetta di parlamentari: “Al ministero dell’Interno non esistiamo”. Sostanzialmente le stesse critiche mosse sull’Economia. E se Laura Castelli non è in discussione, il turn over potrebbe riguardare Alessio Villarosa, così come uno degli indiziati al passo indietro sarebbe Michele Dell’Orco, che tuttavia rientra nella più complessa partita del Mit.
Per capire il clima bisogna tornare a giovedì sera.
Al Senato va in scena una drammatica riunione dei senatori pentastellati, oggetto l’emendamento che sospende il codice degli appalti per due anni.
I temi nel calderone si aggiungono man mano che si va avanti, i tanti onorevoli avvocati presenti si lasciano andare. Emerge una generale insoddisfazione nei confronti del ministero della Giustizia, nei confronti di Alfonso Bonafede, ma soprattutto del suo giovane braccio destro Vittorio Ferraresi:
“Ma possibile che io esercito da lustri, e un ragazzino che si è laureato la scorsa legislatura mi tiene nascosti i testi degli articolati?”, è sbottato uno dei presenti. Rivendicazioni di natura organizzativa che si saldano a quelle sulla squadra di governo. Con la consapevolezza che cambiare il cambiamento con un gioco a somma zero è impresa non ardua, quasi disperata.
(da “Huffingptonpost”)
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