GUAI AI POVERI: LA SINISTRA, DAL CAVIALE AL CAFONAL, NON HA MAI SOPPORTATO I “SENZADENTI”
DA HOLLANDE A BERTINOTTI, DA PETRUCCIOLI A BASSANINI… SINO A RENZI
Il punto più alto della sinistra italiana che disprezza i poveri, e quindi gli sdentati, e ossequia il capitale fu certamente l’elezione a senatore dell’aristocratico Mario d’Urso, principe internazionale dei salotti e confidente della Real Casa sabauda degli Agnelli, dotato ovviamente dell’indispensabile e snobistico rotacismo.
Era il 1996 e fu proprio l’Avvocato che con una telefonata ai vertici del centrosinistra chiese e ottenne un seggio per l’amico Mario.
Al quale Mario, in quota Dini, venne dato il collegio sorrentino-stabiese e lui, l’emissario della Fiat, fece base in albergo extra-lusso nel centro di Sorrento.
E ogni mattina, i due poveri militanti del Pds incaricati di portarlo in giro, erano costretti ad aspettarlo dall’ingresso di servizio, come camerieri, mentre il candidato consumava la prima colazione.
Una volta eletto, poi, d’Urso andò in giro per il mondo presentandosi come il senatore di Capri, compreso nel collegio, che faceva tanto chic.
Non è un caso, allora, che Mario d’Urso sia diventato in seguito frequentatore e amico di Lella e Fausto Bertinotti, la coppia icona della sinistra al caviale che col tempo si è trasfigurata in sinistra cafonal grazie alle foto e alle cronache di Umberto Pizzi e Roberto D’Agostino.
Il disprezzo per gli sdentati sibilato dal socialista francese Hollande non è che l’ultimo tic, il peggiore e il più volgare di tutti, della gauche europea e italica che una volta al potere diventa Casta e si scopre banalmente borghese e amante della ricchezza.
La galleria di questi anni è piena di leader ex e postcomunisti che si scappellano coi banchieri e con gli industriali grazie ai voti dei poveri o di quelli che non arrivano a fine mese.
Ecco un altro esempio, che riguarda lo stesso Bertinotti, già leader di Rifondazione comunista che in questi giorni si proclama liberale a tutto tondo.
Anni fa, l’ex presidente della Camera andò a una prima teatrale all’Eliseo di Roma. C’era anche Ciampi, all’epoca capo dello Stato, e Bertinotti arrivò a bordo della sua auto blu. Era sera, verso le nove.
La berlina accostò, il subcomandante Fausto scese e si avviò all’ingresso. Sul marciapiede c’erano due spazzini al lavoro. Lo videro e gli andarono incontro, festanti: “Fausto, Fausto, fatti salutare”. Bertinotti li gelò crudelmente: “Scusate non è il momento”.
C’è poi il vasto, infinito capitolo di Capalbio, laddove la sinistra capitolina trasloca d’estate.
Nel 2005, Enrico Mentana, allora a Matrix, ebbe un’idea geniale. Spedì un ambulante senegalese di nome Matar (il ministro Alfano lo chiamerebbe vu’ cumprà ) sulla spiaggia dei vip a vendere abiti dalla griffe falsa.
Un documento tuttora imperdibile. Gli unici a non respingerlo e a comprare un vestito per 35 euro furono Barbara Palombelli e Francesco Rutelli.
Dense come un saggio sociologico, invece, le risposte di Claudio Petruccioli e Franco Bassanini.
Il primo, steso sul lettino, con quell’indolenza tipica della gauche romana cui tutto è dovuto, sbuffò: “Non voglio niente, non c’ho una lira”. Matar non mollò: “Allora passo domani? ”. E Petruccioli: “No, neanche domani”. Bassanini, infine, si mostrò irritato e spazientito: “No, grazie. Sto leggendo, mi lasci in pace”.
Bertinotti a parte, la sinistra che non ascolta e disprezza il suo popolo, fino a liquidare la Ditta del fu Pci e a scolorire del tutto nell’attuale renzismo, ha celebrato la sua epifania nel cosiddetto riformismo dalemiano.
Fu Claudio Velardi, uno dei Lothar (per la pelata) di D’Alema premier, a rivendicare l’idea di un progressismo aspirante alla ricchezza, nemico giurato del pauperismo e dell’austerità . Sostiene oggi Velardi, dopo l’uscita hollandiana: “La frase sugli sdentati è tipica della sinistra che ha i complessi d’inferiorità e che vuole seppellire le sue origini. È la sinistra che s’innamora dei salotti e che per farsi accettare deve fare battutine contro i poveri. È la parte peggiore, che in Italia frequenta i salotti romani, quella che vuole arricchire solo se stessa. Io ho sempre detestato i salotti”.
Ma la frase di Hollande non è in linea con il dalemismo delle barche a vela e delle scarpe costose e con il velardismo accusato da Marco Travaglio di essere entrato a Palazzo Chigi con le pezze al culo uscendosene senza?
Conclude Velardi, attualmente lobbista: “Non conosco le origini di Hollande, ma io che nasco piccolo-borghese non ho mai disprezzato i poveri. E mai ho sentito D’Alema disprezzarli. Il nostro approccio era diverso, era quello di far diventare ricchi i poveri. Quando siamo andati via da Palazzo Chigi, ho ripreso il mio motorino e sono andato in giro a cercare lavoro”.
In fondo, è lunghissimo il filo che unisce contraddizioni e gaffe nel rapporto tra sinistra e povertà . Un altro ex dalemiano, Gianni Cuperlo, che sfidò invano Renzi alle primarie dello scorso anno, apre la sua biografia, Basta zercar, con il racconto che Giuseppe Prezzolini fece di un’assemblea di operai della Fiat a Torino nel 1921.
Prezzolini era con Antonio Gramsci e Piero Gobetti e annotò: “Perchè non domandate di meglio che di mettervi addosso le mode dei vostri avversari? ”.
Qui l’aspirazione a migliorare le proprie condizioni si sposa con il poco orgoglio, secondo Prezzolini, mostrato dagli operai nel portare la loro blusa o tuta.
In tempi più recenti, il complesso d’inferiorità ha portato Veltroni, nel 2008, a desiderare Veronica Lario nella sua eventuale squadra di governo.
In ultimo, Renzi. Quando venne attaccato per il suo amico finanziatore Davide Serra, incline ai paradisi fiscali, l’attuale premier si difese così: “La sinistra non deve odiare la ricchezza ma la povertà ”.
Ergo, la sinistra deve odiare la povertà .
Frase che suona decisamente ambigua dopo l’outing del presidente francese Hollande sugli sdentati che lo hanno votato.
Fabrizio d’Esposito
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