I 30 GIORNI FANTASMA DEL KILLER DI SHARON VERZENI: “TORNATO DALL’ESTERO ERA CAMBIATO”
UN VICINO: “ALLE 5.30 DEL MATTINO ERA A CASA CON GLI OCCHIALI DA SOLE”… UN AMICO D’INFANZIA: “NON STAVA BENE, SI SAPEVA, ANDAVA AIUTATO”
A Suisio, dove è cresciuto e abita, si vedeva ancora in giro. Più la sera tardi che durante il giorno. I suoi sono 30 giorni da fantasma, fino al fermo alle 4 di venerdì. In via San Giuliano, aveva occupato l’appartamento al pianterreno nello stesso stabile in cui vivono la mamma e la sorella. A maggio, l’hanno denunciato per maltrattamenti. Il vicino al primo piano dice di averlo incrociato cinque giorni fa: «Saranno state le 5.30 del mattino, stavo andando al lavoro, era qui fuori. Aveva gli occhiali da sole. Andava in giro e tornava sempre qua». Ayman Shokr, il titolare della pizzeria Le Piramidi in piazza, lo aveva visto di sfuggita due settimane fa: «Usciva dal bar».
Un amico «Moussa aveva dei problemi, lo sapevano tutti»
A metà pomeriggio, nel locale un ragazzo si appoggia al bancone e chiede acqua e menta. Vestito sportivo, ha lasciato la bici fuori. «Moussa? È un amico, siamo cresciuti insieme tra oratorio, calcetto e centro estivo». Ultimamente l’ha perso di vista, ma sa che in questo mese i ragazzi più giovani l’hanno intercettato. «Mi lasci dire una cosa, però. Moussa aveva dei problemi, si sapeva, andava aiutato. C’è un generalizzato problema di salute mentale di cui non ci si occupa. Non è giusto che poi, quando succede il peggio, si parli di mostro»
Il nuovo profilo social «Muda» per cantare in inglese
Ha 24 anni, sei in meno di Sangare. «Per noi, da ragazzini era un punto di riferimento, ha fatto l’animatore. Era bravo con la musica e quando era all’estero aveva aiutato due ragazzi a incidere dei brani». Una volta tornato dall’America, cambia il profilo social. «Voleva cantare in inglese, ne ha aperto un altro non più come Moses ma Muda».
Lo ripetono da più parti, anche: «Una volta tornato, non era più lo stesso Moussa di un tempo. Ma non era pericoloso, non era violento. Ripeto, si vedeva che aveva dei problemi ma non avrei mai pensato potesse arrivare a fare del male a qualcuno». E la droga? «Sì, anche quella era un suo problema. Qui vanno a prenderla a Terno d’Isola». Non vuole giustificarlo, anzi. Vuole difenderne l’italianità: «Ho sentito in paese discorsi sull’origine e sulla cultura. Non voglio nemmeno dire che Moussa fosse integrato, perché non ce n’è bisogno. È più semplice, è nato a Milano e cresciuto qui».
La ex vicina: «Era piccolo, la morte del padre cambiò tutto»
Marinella Carione l’ha visto bambino. Era la vicina del piano di sotto e fu testimone di un momento difficile per la mamma e per la sorella minore di Moussa. «La bambina avrà avuto tre anni, Moussa otto. Il padre uscì per andare al lavoro e non tornò più, morì per una broncopolmonite. Era il loro pilastro, partiva alle 4.30 del mattino per fare le consegne. Quando lo persero, cambiò tutto».
La sua porta era sempre aperta: «Moussa veniva a giocare con i miei figli, lo aiutavo con i compiti». Si persero di vista. È stato suo figlio ad avvisarla, dopo il fermo: «Mamma, è lui il Moussa di cui parlano».
(da Il Corriere della Sera)
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