I DIECI SAGGI INCARICATI DI RIFORMARE IL PAESE SONO IL PEGGIO DELLA VECCHIA POLITICA: NON A CASO VANNO BENE A TUTTI, MARCHESE DEL GRILLO COMPRESO
UN ELENCO DI SOLITI NOTI IN QUOTA PARTITI PER PRENDERE TEMPO CON GLI INCIUCIONI ALLEATI BERLUSCONI-GRILLO E PER TRATTARE SUL NUOVO CAPO DELLO STATO
Altro che dieci “saggi”. Quelli che ha tirato fuori Napolitano dal cilindro per scrivere la road map di riforme essenziali per il Paese sono i soliti noti.
Forse il peggio dei soliti noti, se possibile.
Eppure, sorprendentemente, saranno loro a dover costituire il “tesoro” di idee e provvedimenti su cui il prossimo Presidente della Repubblica si dovrà basare per formare (forse) un nuovo governo.
C’è di che restare senza parole.
Sono nomi che rappresentano gli assi portanti di quell’antico sistema politico e istituzionale che ha portato l’Italia nel baratro in cui si trova oggi.
Lentamente ma sistematicamente.
E adesso siamo di nuovo nelle loro mani.
Con il beneplacito di tutte le forze politiche, compreso il pagliaccio miliardario Grillo che da rivoluzionario mancato pare ormai essere stato assunto come lacchè del Cavaliere.
A destare scandalo è soprattutto la commissione cosidetta “politico-istituzionale”.
Da Valerio Onida, costituzionalista di area piddina e ben visto dai grillini a Luciano Violante, con tutto il suo passato partitocratico alle spalle, simbolo della storia più antica (e non sempre limpida) di Botteghe Oscure.
E poi Mario Mauro, uomo di Monti (e di Cl vicinissmo a Roberto Formigoni) che qualcuno voleva a presidente del Senato al posto di Pietro Grasso, di cui non si ricordano negli anni particolari exploit legislativi nel segno del cambiamento.
Ma soprattutto Gaetano Quagliariello, ex vicecapogruppo del Pdl al Senato, uomo delle leggi ad personam di Silvio sulla giustizia, dunque personaggio di stretta osservanza berlusconiana, primo tra i soldati di prima fila del Cavaliere e (anche lui) personalità su cui l’intero centrodestra si sarebbe speso per fargli avere una carica istituzionale.
Dopo quello che ha fatto per loro. E per il suo Capo.
Ecco, Mauro è l’uomo di un Monti che continuerà a governare l’Italia nonostante le figuracce internazionali (Marò) e Quagliariello è un portabandiera di Arcore.
Davvero non c’era nulla di meglio sul mercato?
Davvero è questo la summa della intellighenzia politica che Giorgio Napolitano ha saputo esprimere in un momento tanto drammatico per la democrazia?
Cosa potranno mai studiare di nuovo queste cariatidi politiche del sistema?
Che avranno mai da tessere e rinnovare elementi che mai sarebbero stati eletti davvero dal popolo se non ci fosse stato il Porcellum?
L’unica cosa che possono partorire, a ben guardare, è un inciucio codificato sotto forma di programma da servire freddo sul piatto del prossimo presidente della Repubblica come unica via per avere un nuovo governo.
D’inciucio, s’intende, non certo di rinnovamento.
Ma anche l’altra commissione, quella chiamata a studiare le emergenze economiche e sociali del Paese, non è meno inquietante.
Si parte da Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, istituto che continua a fotografare lo stato del Paese senza aver mai suggerito una misura utile al suo sviluppo neppure per sbaglio e di Giovanni Pitruzzella, presidente del’autorità garante della concorrenza e del mercato, istituto abbastanza inutile se si considera che in Italia, com’è noto, non c’è una legge sul conflitto d’interessi degna di questo nome, per cui l’operato del Garante è stato fino a oggi abbastanza oscuro.
Ma si resta ancora senza parole quando lo sguardo arriva ai nomi di tre degli altri membri della commissione; uomini strettamente legati uno a Monti, uno alla Lega e l’altro alla storia del Pci.
E che anche il quarto, Salvatore Rossi, membro del Direttorio della Banca D’Italia, è “cresciuto” dopo l’entrata in scena del governo Monti.
Insomma, il “sistema” al potere che viene chiamato a rinnovare se stesso. Un paradosso
Napolitano, proponendo questi nomi, ha certamente deluso le aspettative di chi si aspettava una scossa.
Invece, Napolitano oggi ha deciso di “addormentare” il sistema con questa sorta di “bicamerale ghiacciata” composta da chi, come si diceva, è in alcuni casi l’emblema di tutti ciò che gli italiani vorrebbero lasciarsi alle spalle.
Insomma, il capolavoro di Napolitano è questo: Monti resta al suo posto (e chissà per quanto tempo) e per il resto è stata mandata letteralmente la palla in tribuna, fermando il gioco.
Un’astuzia da antico politico, quale certamente Napolitano è, che ha anche archiviato senza scosse l’era Bersani, facendolo uscire di scena in modo netto, senza appello. Per quanto molto morbido.
Intanto, si è aperta ufficialmente la crisi del Pd, i cui esiti saranno certamente drammatici, ma non è questo certo il punto. Il vero scontro, quello più acceso, si giocherà sulla successione al Qurinale.
E il Parlamento si trasformerà in un Vietnam.
Insomma, il Capo dello Stato, ancora una volta, ha messo la sordina al cambiamento, fischiando il “tutti negli spogliatoi”.
I supplementari, se ci saranno, li giocheranno (loro, i partiti) tutti con un altro arbitro. Che si troverà però vincolato al suo predecessore dal patto di sistema che verrà sancito in questa “bicamerale”. E sarà ancora un inciucio. Senza sbocco.
Ma il prezzo di questo stallo e di questo “nuovo” che avanza e continua a dettar legge puzzando di polvere e di muffa ci costerà (a noi, cittadini) ancora moltissimo.
Leave a Reply