I MALUMORI NELLA MAGGIORANZA CONTRO I TECNICI DI GIORGETTI: “CI HANNO LASCIATO SOLI”
SUL MES LA LEGA CONTESTA L’APERTURA DI MELONI
È un caso che esplode all’improvviso, in un Transatlantico che si appresta lentamente a celebrare il sofferto via libera alla manovra. Uno dopo l’altro, due deputati di Fratelli d’Italia mettono nel mirino i tecnici del Mef, il ministero retto dal leghista Giancarlo Giorgetti. Raccontano un malumore diffuso, che è proprio di altri colleghi e pure di autorevoli esponenti di Forza Italia alla Camera. Nella seconda, convulsa, notte di lavoro in commissione Finanze sarebbe venuto a mancare il supporto fondamentale della struttura del ministero dell’Economia. Un retroscena, lo chiama proprio così, che il deputato Federico Mollicone, vicinissimo al vicepresidente di Montecitorio Fabio Rampelli, consegna ai cronisti. È lui a raccontare di mail a vuoto, inviate ai funzionari di via XX settembre, alle quali è arrivata risposta solo nella mattina seguente. Mollicone è irritato per un fatto personale, la difficoltà nel trovare un conforto tecnico mentre si stava discutendo un emendamento a sua firma, quello sul bonus cultura.
Ma al parlamentare romano dà man forte Tommaso Foti, che di Fratelli d’Italia è capogruppo: “È vero, è stato irrituale che soprattutto alla Camera nelle ultime ore non vi fosse il personale del Mef”. Insomma, una sostanziale condivisione delle parole del compagno di partito sulle cause del “caos amministrativo” che ha caratterizzato il transito a Montecitorio della manovra. “È un fatto vero – sottolinea Foti – d’altra parte dobbiamo anche tenere presente che erano impegnati su due fronti, quello della Camera e quello del Senato dove c’era l’Aiuti Quater. Purtroppo quando il personale che deve assumere delle decisioni è quello che è – conclude il capogruppo dei meloniani – si verifica questo”. Sono critiche non leggere, davanti alle quali arrivano smentite. E il ministro Giorgetti per primo difende i tecnici di Mef e Ragioneria: “Ma no, sono stanchi, hanno lavorato tanto”.
Ma ciò non toglie che una manovra pasticciata lascia sul campo ferite che bruciano, nella maggioranza: Fdi avanza le proprie perplessità sulla struttura del ministero dell’Economia, non coinvolgendo il vertice politico, ma certo queste accuse non possono far piacere a Giorgetti. E se, da un lato, qualcuno ipotizza una vendetta di settori della maggioranza verso una Ragioneria che ha mosso 44 rilievi alla manovra (certo non un inno alla competenza dei parlamentari), dall’altro la questione ripropone i dubbi sull’efficacia del turn-over fatto all’interno della burocrazia del Mef. Con il nuovo capo dell’ufficio coordinamento del legislativo Economia Daria Perrotta in prima fila: “In questi giorni sembrava lei il ministro”, dice malignamente un deputato “graduato” di Forza Italia. E sullo sfondo c’è il braccio di ferro, che dura da ottobre, fra Fdi e Giorgetti sul direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera: Meloni vuole sostituirlo, il ministro finora ha resistito.
L’apprezzamento unanime sull’approvazione della legge cela insomma malumori. Come quelli di Forza Italia: diversi parlamentari fanno notare che la guerriglia in commissione si poteva evitare se il governo avesse varato un disegno di legge già definito e blindato nei punti essenziali, come le pensioni minime.
Non sono tensioni trascurabili, anche perché in prospettiva c’è un altro passaggio d’aula delicato: quello sulla ratifica del Mes. La premier ha aperto alla possibilità di un sì alla riforma del regolamento, pur escludendo un ricorso al fondo salva-Stati. Posizione che piace a Fi ma molto meno alla Lega: “Ratifica del regolamento e utilizzo del Mes non sono due cose separate – dice il senatore Claudio Borghi – la ratifica farebbe scattare un pericoloso meccanismo di aggressione al nostro Paese. Sono convinto che in aula troverò gli argomenti giusti per convincere chi, in buona fede, sta cambiando idea su un no già deliberato con un ordine del giorno della maggioranza”.
(da La Repubblica)
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