I RAZZISTI CHE PENSANO A CHI PAGA LE BARE DEI MIGRANTI SONO IL PUNTO PIU’ BASSO RAGGIUNTO
LA CONSIGLIERA MANCATA DELLA MELONI POTREBBE PROPORRE CHE LO STATO PAGHI SOLO LE CASSE AI BAMBINI ANNEGATI, COSI’ RIDURREBBE DI DUE TERZI LA SPESA
“La libertà è nel movimento”. Voglio pensare che non è il caso a volere che mi metta a scrivere qualcosa sulla soglia più bassa del razzismo italico che ci offre la cronaca proprio nel giorno del Nobel per la Letteratura ad Olga Tokarczuk, polacca, vagabonda della letteratura che ha fatto del viaggio l’elemento centrale della sua creatività ed ancor prima della sua esperienza umana, di donna.
E lì dove la cronaca fa vomitare, suggerendoci un sostanziale assedio dell’ignoranza e dell’odio, è lei, Olga, a ricordarci che “i libri aiutano a essere più consapevoli di quello che accade attorno a noi e ci garantiscono un futuro migliore”
Il nuovo Nobel non nasconde di essere pessimista sul presente. Ci ricorda “l’emergenza migranti, che non possono viaggiare da persone libere, la guerra in Siria, i muri… “. E osserva: “Il mondo di adesso è senza pace, instabile, con molte più paure…”. Da questo punto di vista il suo libro più conosciuto, I vagabondi è davvero un grande romanzo storico.
Arriveremo presto alla cronaca laida e vomitevole, restiamo un attimo ancora in compagnia di Olga Tokarczuk.
Nella Polonia della sua giovane età due erano le prigioni del regime comunista, due mancanze: il cibo, sempre sotto misura, ma soprattutto il viaggio negato, il divieto a viaggiare, a uscire dal confine e a superare i confini. All’arrivo della libertà – nello straordinario 1989 – in lei prima l’esplosione poetica, poi un passaporto che finalmente le permetteva di andare oltre confine, di viaggiare, di conoscere altri uomini e altre donne, ascoltare lingue diverse, confrontarsi con una diversa storia, con costumi nuovi ai suoi occhi. Viaggiare come libertà , e siccome è viaggiando per terra che si coglie meglio l’attraversamento delle frontiere, la scrittrice polacca ha sempre preferito viaggiare in auto. Il cielo, l’aereo, sembrano non conoscere confini, apparentemente annullati.
Se c’è un motto nella letteratura di Olga Tokarczuk, quello è “La libertà è nel movimento”. Per questo per lei alzare muri a chi intraprende un viaggio della disperazione è una violenza immensa, la violenza delle violenze.
Detto questo, precipitiamo in una delle cloache del nostro quotidiano.
La cronaca ci dice di una razzista di Firenze, malcelata nel partito della Meloni (una delle malfunzionanti lavatrici del nostro quadro politico), che ha avuto di che lamentarsi di quanti muoiono in mare fuggendo da fame e guerra.
Lo fanno con barche gestite da trafficanti ai quali come Italia abbiamo saputo dare ospitalità e ufficialità . I poveri Cristi troppo spesso annegano. Se ripescati – questo il torto di chi muore secondo la razzista di Firenze – i i corpi senza vita richiedono una bara. La razzista sui social ha fatto i conti in tasca alla civiltà : quanto spendiamo – dice – per seppellire un uomo, una donna, un bambino che recuperiamo nel Mediterraneo?
Ammetto, osservando con sconcerto quotidiano gli inabissamenti delle menti e dei cuori, mai mi era capitato di incontrare tanto orrore.
In questi anni di smarrimento diffuso abbiamo dovuto leggere e udire tanto da poterci confezionare cento altri gironi mai ipotizzati da Dante.
E a ficcarsi appresso all’esponente di Fratelli d’Italia c’è una bella schiera di “smanettatori” che rincarano l’iniziale dose di cattiveria. La gara – come spesso accade – è a chi sa dirla più cattiva.
All’ex candidata della Meloni al Consiglio comunale di Firenze è sfuggita l’occasione di avanzare un suggerimento da pari sua, tipo che da domani in poi l’Italia in un gesto di estrema generosità si limiti a pagare solo le casse ai bambini annegati, per ridurre di due terzi la spesa.
Io non so cosa vorrà fare la Storia per riparare tanti strappi, certo se ci ascoltasse dovrebbe prendere buona nota di un nostro piccolo desiderio: faccia conoscere a questa laida marmaglia che si muove sotto le insegne dell’odio un centesimo delle sofferenze patite dall’umanità più sfortunata.
Solo un centesimo, per far loro implorare pietà a Dio.
(da Globalist)
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