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I SONDAGGI AFFOSSATI DA CELLULARI E VUOTO IDEOLOGICO

IL WEB HA SCONVOLTO IL MONDO DELLE RILEVAZIONI POLITICHE… IL FUTURO? DOMANDE INDIRETTE E ANALISI IBRIDE

Sondaggi in tilt, alla ricerca dell’elettore nascosto. È stato un boccone indigesto.
E non parliamo del grillo che Sam Wang, stimato professore di Princeton, si è mangiato in tv per aver clamorosamente sbagliato i pronostici: aveva definito «impossibile» la vittoria di Donald Trump.
Di errori grossolani ce ne sono stati diversi ultimamente, in tutto il mondo.
Dalla Brexit al referendum greco sulla ristrutturazione del debito.
E in Italia, alle politiche 2013, sfuggì l’esplosione del Movimento 5 Stelle, poi alle europee del 2014 non fu previsto il boom del Pd di Renzi.
Quasi un baco sistemico.
La Stampa ha messo a confronto esperienze e valutazioni di sondaggisti, politologi e sociologi italiani e statunitensi per capire che cosa sta succedendo.
Dopo l’8 novembre, infatti, ad essere sotto accusa è l’intera filiera dei sondaggi, l’industria che studia l’opinione pubblica.
Uno choc sintetizzato in un tweet da Patrick Ruffini, stratega digitale repubblicano a poche ore dall’elezione del tycoon: «Invoco la chiusura totale dei sondaggi e dei commenti politici finchè non capiamo».
Abbaglio collettivo o fallimento? Negli Usa è il momento dell’esame di coscienza. L’associazione di categoria (American Association Public for Opinion Research) indaga per capire cosa sia andato storto incrinando la credibilità  delle rilevazioni.
Un «mea culpa» gli addetti ai lavori non lo pronunciano, ma ammettono che andranno aggiornate metodologie e rintracciati gli sbagli.
Fattori sottovalutati  
«Dalla fine degli anni ’90 al 2012, negli Stati Uniti, 1200 organizzazioni hanno condotto quasi 37mila sondaggi facendo miliardi di telefonate», osserva la docente di Harvard Jill Lepore.
Peccato però che la maggioranza degli americani si sia rifiutata di partecipare.
Il tasso di risposta alle chiamate è precipitato dal 36% del 1997 al 9% del 2012, secondo i dati del Pew Center.
E 3 americani su 4 nel 2013 ritenevano che i sondaggi fossero faziosi.
A questa sfiducia va aggiunto un elemento tecnologico: l’ascesa dei cellulari, che in molti casi hanno rimpiazzato le linee fisse, in passato fulcro delle interviste.
Oggi negli Usa almeno il 41% delle utenze domestiche sono mobili, un altro 17% usa il fisso solo in emergenza.
Uno scenario che complica il lavoro dei sondaggisti e che aumenta i costi, anche perchè le leggi statunitensi non permettono di usare sistemi automatici per contattare gli elettori.
Per completare un sondaggio su mille persone, si devono digitare 20mila numeri. «I sondaggi si fanno usando i telefoni fissi e molte persone non li hanno più», dice Luca Diotallevi, professore di sociologia all’Università  di Roma Tre.
«Qualcuno chiama anche i cellulari, a caso, ma per questi non ci sono gli elenchi telefonici e dunque è impossibile costruire un campione», aggiunge.
«Molti elettori di Trump sono disoccupati: tra le spese ritenute non essenziali hanno tagliato il telefono fisso».
La difficoltà  a creare campioni rappresentativi è uno dei nodi che deve sciogliere chi analizza l’opinione pubblica.
L’evoluzione tecnologica è una sfida. «Si usano tecniche miste con linee fisse, cellulari e web ma i risultati non sono soddisfacenti- evidenzia Roberto D’Alimonte, professore di Sistema politico alla Luiss-.
E le intenzioni di voto sono diventate più volatili col declino delle ideologie». I costi incidono sui risultati.
Un sondaggio con un campione di 20mila persone costa 40mila euro e l’errore statistico è del 2%. Se sono 1500 intervistati, costa 3mila euro, ma l’errore sale al 3,4%. «Quelli pubblicati dai media erano in prevalenza sondaggi nazionali con campioni piccoli (2000 persone) – commenta, dati alla mano, Paolo Feltrin, professore di Scienze politiche a Trieste – Bisogna, però, distinguere fra tipi di consultazione».
È più semplice, infatti, prevedere la distribuzione dei voti tra tante opzioni o partiti che tra due sole opzioni (come il referendum) o partiti, perchè nel primo caso la variazione di pochi punti percentuali incide poco sull’attendibilità  e il successo di previsione del sondaggio.
Mentre in una situazione 50-50 basta una differenza di pochi punti a cambiare l’esito. È quanto successo con la Brexit, finita 52 a 48.
E come potrebbe essere, in teoria, per il referendum costituzionale italiano del 4 dicembre. «La sottovalutazione della crescita del M5S nel 2013 è stata un errore più grave proprio perchè lì c’era una situazione a più opzioni», dice.
Convergenze tra istituti  
Quando ci sono 50 Stati, con 50 situazioni e storie diverse, fare sondaggi nazionali ha poco senso. «Nelle presidenziali Usa c’è stata una sottovalutazione delle specificità  locali – precisa Feltrin – Anche perchè per aggiustare la scarsa rappresentatività  dei campioni, si deve fare ricorso alle riponderazioni: si prendono in considerazione i voti passati, le tendenze statistiche». Cioè si devono manipolare i dati col rischio di fare danni. In un quadro già  complesso c’è poi una criticità  ulteriore.
Al di là  degli errori, pesa la convergenza della maggioranza dei sondaggisti. «I fallimenti peggiori dei sondaggi – ha scritto il Los Angeles Times – sono avvenuti perchè chi li fa, volutamente o meno, si è indirizzato su una sola visione delle elezioni».
Ovvero ha fatto branco, gregge. Altri, più pesantemente, parlano di cartello.
Ed è un fenomeno che esiste anche fuori dagli Usa.
«I grandi sondaggisti si confrontano fra loro, introducendo fattori di ponderazione se i loro sondaggi sembrano troppo anomali rispetto alla media degli altri», dice Massimo Introvigne, presidente del centro di ricerche Cesnur.
Secondo Nicola Piepoli, fondatore dell’omonimo istituto di sondaggi, «questa consuetudine di consulto tra gli Istituti di ricerca è nata in Francia negli anni ’80 e ha una precisa ragione: ci si consulta non per mediare l’informazione ma per capire come sono state ottenute le informazioni se sono differenti tra loro».
Per Stefano Ceccanti, ordinario di diritto pubblico comparato alla facoltà  di scienze politiche dell’università  «La Sapienza» di Roma, «il problema della compensazione tra sondaggisti esiste, ma ha un presupposto». Infatti «non è tanto che gli istituti facciano cartello ma che gli intervistati tendono a occultare parte delle risposte che ritengono sgradite agli intervistatori o che comunque fanno fatica ad ammettere o che ritengono reversibili».
Resta il fatto che il coro c’era, negli Usa e altrove, ed era stonato.
«Non importa la metodologia usata, tutti hanno sbagliato nella stessa direzione», sostiene Tim Johnson, vicepresidente dell’American Association for Public Opinion Research. «E questo ci dice che c’è una fonte sconosciuta di errore sistematico che ancora non abbiamo individuato».
Ci sono state però due voci dissonanti, nelle presidenziali Usa.
Gli unici due sondaggisti che hanno indicato la vittoria di Trump erano finiti nel mirino delle critiche prima delle elezioni. Adesso invece vengono celebrati.
«Il punto è avere buoni dati di partenza su cui lavorare», commenta Raghavan Mayur dell’azienda Technometrica.
«Nel nostro caso, significa fare bene le interviste attraverso dei professionisti: ne facciamo un 65% ai cellulari e un 35% a utenze fisse». Tuttavia Mayur ritiene che quello degli strumenti utilizzati sia un problema collaterale. «Si è trascurato il sostegno a Trump».
Verso rilevazioni ibride  
L’altro che ha colto la volata di Trump è Arie Kapteyn, creatore dei sondaggi USC Dornsife. «Diversamente da altri, usiamo molto Internet, ma confrontando e calibrando il campione con l’archivio degli indirizzi postali», spiega.
L’anonimato percepito dei sondaggi on line aiuta a raccogliere risposte da chi è più ostile o timido nell’esprimere le proprie posizioni».
Altro aspetto metodologico-chiave: viene chiesto agli intervistati di comunicare non un voto secco, ma la probabilità  (da 0 a 100) di votare Trump o Clinton; e poi la probabilità  di andare proprio alle urne. Ciò consente di non sottovalutare gli astensionisti della volta prima, che però ora potrebbero avere la motivazione per presentarsi. «Siamo di fronte, anche da noi, ad una quota di astenuti che continua a crescere, ma che se sollecitata in determinati momenti rilascia inattese energie», sostiene Roberto Weber, presidente dell’Istituto Ixè. La maggiore difficoltà , dunque, è individuare quello che viene chiamato «voto nascosto o segreto».
Esattamente quello che dichiara di aver scovato Cambridge Analytica, la società  di analisi dei dati ingaggiata da Trump e specializzata nella costruzione di profili personali e psicologici degli elettori con l’obiettivo di individuare quelli da persuadere.
Al voto non dichiarato, invece, non era stato dato il giusto peso dalla maggioranza degli addetti ai lavori. E così adesso si cerca di correre ai ripari e, nei progetti degli istituti di ricerca sondaggi saranno sempre meno una voce isolata.
Il futuro è un ibrido.
I sondaggi saranno combinati con l’analisi demografica, le conversazioni sui social media, e altri dati raccolti in tempo reale.
Secondo Maurizio Pessato, presidente Swg, «il problema è la non risposta, le persone che non rispondono».
Da qui la difficoltà  di avere una piena conoscenza dell’opinione pubblica. «Quello che è accaduto nel voto americano, è già  successo con la Brexit», afferma.
«Sono persone che pensano di votare “contro” il sentire comune e alle quali non interessa rivelare la propria opinione». Si tratta di «una tendenza con cui dovremo fare i conti anche nei prossimi anni».
«Bisogna lavorare sugli indicatori indiretti, dare più peso alle domande indirette, ad un tipo di domande che possano fare emergere lo stato d’animo delle persone. Poi spetta al sondaggista e all’esperienza bilanciare le risposte per tracciare il quadro generale. Anche in Gran Bretagna il governo era a favore del “remain”, come lo erano media e industria. È il tramonto del politically correct».

Carola Frediani Giacomo Galeazzi
(da “la Stampa”)

This entry was posted on domenica, Novembre 20th, 2016 at 23:03 and is filed under Costume. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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