IDENTIKIT DELLA MANGIATOIA, DESTRA, SINISTRA E CENTRO
TUTTI HANNO AVUTO UN PREZZO NEL SISTEMA MARCIO DI MAFIA CAPITALE
Tutti si possono comprare. Perchè tutti, quasi tutti, hanno o hanno avuto un prezzo tra il Campidoglio, i suoi 15 municipi e la sede della Regione Lazio.
C’è il sindaco di Castelnuovo che s’è fatto pagare 50 centesimi per ogni immigrato ospitato nel centro fatto costruire nel proprio territorio.
C’è l’ormai noto Odevaine che da Buzzi e Carminati è arrivato ad incassare fino a 20 mila euro per aver truccato la gara del Cara di Mineo e affidarlo all’amico Salvatore Menolascina e alla cooperativa bianca La Cascina.
C’è l’avvocato compiacente, ne abbiamo trovati nel romanzo criminale di Mafia Capitale, amministratore unico di una società fantasma (La Cosma) proprietà di Carminati che era diventato il bancomat di fatture false per un totale di 150 mila euro.
C’è il consigliere prima comunale poi regionale e anche figlio d’arte (Luca Gramazio) che faceva approvare delibere e debiti fuori bilancio in favore di Buzzi e Carminati da cui ha ricevuto 100 mila euro in tre tranches;15 mila euro per il comitato elettorale; una decina di assunzioni e anche il saldo delle spese di tipografia.
E poi ci sono tutti gli altri: sono diciassette i politici e gli amministratori arrestati stamani per la seconda puntata di Mafia capitale, assessori di maggioranza e minoranza, consiglieri comunali, dirigenti e tecnici.
Se si contano anche quelli coinvolti nella prima puntata dell’inchiesta, il totale fa quaranta.
Una “mangiatoia” di destra e di sinistra e di centro, “perchè la mucca deve essere continuativamente foraggiata per poter essere continuativamente munta” dice Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative rosse Eriches 29 giugno, mentre parla con il suo socio in affari, l’ex terrorista nero Massimo Carminati.
E’ un’altra di quelle intercettazioni destinate a segnare la cronaca di una capitale, Roma, e di un paese, l’Italia, dove la corruzione è diventata sistema e si annidata ovunque assecondando di volta in volta maggioranze e minoranze politiche.
Il quadro di quello che il gip Flavia Costantini definisce “l’articolato sistema corruttivo continuato nel tempo” è raccontato nelle 428 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che giovedì all’alba ha raggiunto 44 persone.
Pagine che andrebbero lette insieme alle altre novecento che il 2 dicembre scorso raccontarono la prima puntata di Mafia capitale quando il procuratore Pignatone, l’aggiunto Michele Prestipino e i pm Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini scoperchiarono un pentolone di corruzione che sembra aver infettato ogni angolo della vita pubblica, dalla raccolta delle foglie alle gestione degli immigrati passando per l’emergenza casa e dei campi rom.
Gli investigatori del Ros dei carabinieri, che ormai dal 2010 incastrano tra Firenze e Roma le tessere di un sistema così marcio che è francamente difficile trovare un punto da cui ripartire, questa volta puntano gli occhi anche sulle cooperative bianche (La Cascina, legata a Comunione e Liberazione e destinataria dell’appalto del Cara di Mineo, di cui è stato arrestato l’amministratore Salvatore Menolascina) e su uno dei servizi più delicati per i cittadini: il Cup, la centrale unica delle prenotazioni sanitarie. Mazzette anche sulla salute, su paure, necessità e speranze legate a una visita medica specialistica.
Se il sistema corruttivo, aggravato dal metodo mafioso, è sempre lo stesso — appalti in cambio di favori, case, soldi, posti di lavoro — la seconda parte di Mafia Capitale merita di essere raccontata tirando il filo dei suoi insospettabili protagonisti. L’identikit della “mangiatoia”. Quello che segue è l’atto di accusa della procura. Saranno poi i processi a confermare o correggere l’ipotesi dei magistrati.
ANDREA TASSONE, L’UOMO DI OSTIA
Dal 2013 presidente del X municipio, il brillante giovanotto che viene dalla Dc e poi dalla Margherita per approdare convintamente nel Pd nel 2007, sarebbe stato a libro paga di Mafia capitale. E dire che Ostia è il nervo scoperto della giunta Marino, quello dove più che altrove il sindaco e l’assessore Sabella stanno investendo in termini di legalità e di lotta ai clan.
Bene, secondo il gip Flavia Costantini, Tassone, tramite il suo collaboratore Paolo Solvi, avrebbe incassato “somme di denaro non inferiori a 30.000 euro” tra il 2013 e il 2014. La modica cifra sarebbe stato il prezzo di alcuni favori. Tassone, “con atti contrari ai suoi doveri di ufficio e in violazione dei doveri d’imparzialità della pubblica amministrazione”, ha preteso “gli appalti per la pulizia delle spiagge, sulla stabilità delle alberature stradali e per le potature”.
E avrebbe favorito le cooperative di Mafia Capitale nelle deliberazioni del 26 maggio e del 31 luglio 2014”. Dice Buzzi in un’intercettazione: “Tassone è nostro, è solo nostro, non c’è maggioranza o opposizione, è mio”.
MIRKO CORATTI, IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE
L’uomo forte del Pd capitolino la cui parola d’ordine è “rigenerazione”, è stato arrestato “perchè — scrive il gip – ha posto il suo ruolo e la sua funzione di presidente del consiglio comunale al servizio di Mafia Capitale”.
Ha facilitato “sul piano politico e istituzionale” la gara Ama per la raccolta del multimateriale; “ha creato il consenso politico e istituzionale per confermare Giovanni Fiscon al vertice dell’Ama” compiacendo così gli interessi di Mafia Capitale ma andando contro i piani della giunta Marino “che voleva sostituirlo”.
Coratti s’è dato poi molto da fare “per sbloccare e destinare i fondi al X municipio” (quello di Tassone) e “sbloccare i fondi per il sociale, settore cui era interessato il gruppo Buzzi”. In cambio di queste a altre attività (ad esempio “riconoscere i debiti fuori bilancio”) Coratti ha ricevuto 10 mila euro per la Fondazione Rigenera, la promessa di 150 mila euro e l’assunzione di una persona amica alla Cooperativa 29 giugno. In un sms del 7 agosto 2014 Buzzi scrive a Coratti: “Ho fatto una gara in Ati con Auxilium per la pref di Roma Abbiamo vinto 1005 posti (immigrati, ndr) per un controvalore annuo di 12 milioni. E l’uomo campa, male ma campa”. E siccome Mafia Capitale è molto attenta ai particolari, mille euro al mese erano garantite anche a Franco Figurelli, il segretario di Coratti.
DANIELE OZZIMO, “TESSERA DELLA TRASVERSALITA’ CORRUTTIVA”
Era l’altro uomo forte del pd romano. Si era dimesso a dicembre lasciando l’incarico di assessore alla casa. Giovedì è stato arrestato. Il gip scrive che “si metteva a disposizione di Buzzi prima come consigliere capitolino di opposizione, vicepresidente della Commissione Politiche Sociali e membro della Commissione Lavori Pubblici, Scuola e Sanità , poi, dal 2013, come assessore alla casa”. In cambio avrebbe ricevuto dal sistema mafia capitale “una costante erogazione di utilità a contenuto patrimoniale”.
Nello specifico: il “posto di lavoro” per Tatiana Tomasetti e, “nel maggio 2013, l’erogazione di 20.000 euro, formalmente qualificati come contributo elettorale da parte di Buzzi che agiva in accordo con Carminati”.
In un’intercettazione in cui elenca le figure istituzionali a libro-paga, Buzzi fa riferimento a Ozzimo: “C’avemo…Ozzimo”. Il 29 luglio sempre Buzzi dice: “Gli unici seri lì che pigliano i soldi so Ozzimo ma dei nostri eh… parlo dei nostri… e pochi altri. Il contratto migliore che noi c’abbiamo è Ozzimo… basta che segue il lavoro s’è ripagato lo stipendio… C’avemo il 50 per cento su quel contratto”.
Scrive di lui il gip Costantini: “Le indagini svolte hanno evidenziato che Daniele Ozzimo, sia nel periodo in cui era semplice consigliere comunale di minoranza della giunta Alemanno, sia quando è stato in maggioranza con Marino, è stato una delle tessere di quella trasversalità corruttiva che ha caratterizzato l’azione di Mafia Capitale nell’ultimo lustro”.
A DESTRA C’E’ GRAMAZIO, LUCA, “IL CAPITALE ISTITUZIONALE”
C’è il capitale umano. E c’è quello istituzionale. Ad esempio, Luca Gramazio. 34 anni, ex capogruppo del pdl nella giunta Alemanno e poi di Forza Italia alla Regione Lazio, Gramazio è, per il gip, “il collegamento tra Mafia Capitale e la politica e le istituzioni ponendo al servizio dell’organizzazione il suo ruolo politico”.
Rappresenta, nel sodalizio criminale, quel sistema di relazioni con uomini politici, apparati burocratici, soggetti appartenenti a vario titolo alle istituzioni, che costituiscono il contatto privilegiato dell`organizzazione con il mondo di sopra”. Il capitale istituzionale, appunto, colui che “elabora insieme ai vertici dell`organizzazione le strategie di penetrazione della pubblica amministrazione”.
Per fare questo gli sarebbero state versate mazzette per “98mila euro in contanti in tre tranches ( 50.000-28.000-20.000)”. Altri “15mila euro con bonifico per finanziamento al comitato Gramazio”. Poi “l’assunzione di 10 persone, cui veniva garantito nell’interesse di Gramazio uno stipendio”. E la “promessa di pagamento di un debito per spese di tipografia”.
Non solo. Gramazio jr è considerato dal gip “un asset di specifico peso” la cui crescita “politica e criminale, fa da contrappunto al progressivo eclissarsi dall’orbita criminale dell’organizzazione di Riccardo Mancini”.
A Gramazio è contestata l’aggravante mafiosa. In Mafia capitale prima parte lo si è visto spesso nei pranzi domenicali con Carminati e altri uomini legati alla destra storica romana.
MA C’E’ ANCHE TREDICINE
Giordano, il rampollo della famiglia di ex giostrai e ora proprietari di tutti i camion bar che punteggiano il centro di Roma. Ha fatto carriera il giovane (ha 33 anni), ed è entrato in consiglio comunale con Forza Italia.
E’ finito ai domiciliari per concorso in corruzione e concussione. Anche lui fa parte a piano titolo della “mangiatoia”. Buzzi e Carminati ne osservano interessati “la scaltrezza”. “Te dice na cosa, poi devi scende dal taxi perchè sennò gira sempre il tassametro…”. Per Carminati Tredicine è “uno che ricambia, che sta sul pezzo come nessun altro, serio, poi è poco chiacchierato nonostante faccia un milione di impicci”. In un’altra intercettazione Buzzi dice a Coratti: “A noi Giordano c’ha sposati e semo felici de sta co’ Giordano”.
L’APPALTO DEL CUP, LA REGIONE E IL CAPO DI GABINETTO
Maurizio Venafro è stato capo di gabinetto del governatore Nicola Zingaretti fino a un mese fa quando si dimise dopo un lungo interrogatorio in procura. E’ solo indagato per tentata turbativa d’asta ma è questo un filone che potrebbe portare ancora lontano. E creare qualche problema al presidente della Regione.
L’appalto della Centrale unica di prenotazione di tutta la regione Lazio era già finito nel mirino della procura a dicembre scorso, poco dopo la sua aggiudicazione. Una gara da 92 milioni di euro vinta dalla cooperativa Manutencoop di Bologna. La cooperativa, visitata stamani dai carabinieri del Ros, si chiama fuori da tutto. “Noi non c’entriamo con mafia capitale”.
Alla fine della lettura dell’atto di accusa restano desolazione e rabbia. Comune e Regione restano simulacri di ciò che dovrebbero essere, la casa pubblica e trasparente della gestione di quel sistema di diritti e doveri che è la politica. E la speranza resta appesa a quel “quasi tutti” della prima riga.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply