IL BIVIO CHE PARALIZZA BERLUSCONI IN ATTESA DEI SERVIZI SOCIALI O DEI DOMICILIARI
“NON POSSO SPOSARE UNA LINEA SENZA CONOSCERE IL MIO DESTINO”
Agli amici che gli chiedono come mai Forza Italia non sia carne nè pesce, non al governo e nemmeno veramente all’opposizione (per cui non si capisce come mai la gente dovrebbe votarla), il Cavaliere risponde a sua volta con una domanda: «E come potrei sposare una linea chiara, se non so nemmeno cosa decideranno i giudici il 10 aprile?».
Quel giorno si terrà l’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza per decidere in che modo Berlusconi sconterà la pena. E nessuno, tantomeno i legali dell’ex premier, se la sente di azzardare previsioni.
Si sa solo che in forza di legge i giudici prenderanno una decisione nei 5 giorni successivi, e che questa decisione potrà prendere due differenti pieghe: l’affidamento ai servizi sociali, oppure il carcere a domicilio.
Nel primo caso, tra un adempimento e un altro, trascorrerebbero settimane, per cui nel frattempo Berlusconi potrebbe fare campagna per le Europee.
Diverso se per lui decretassero un anno di reclusione tra le mura di Arcore.
La sua «agibilità politica» verrebbe messa a dura prova. E insomma, si può comprendere lo stato d’animo berlusconiano, la grande incertezza che scandisce il conto alla rovescia (meno 33 giorni all’udienza, meno 32…), e perfino certe ossessioni intrise di cupo pessimismo, culminate nello sfogo ripreso da un video clandestino che ai tempi di Bonaiuti portavoce e della segretaria Marinella mai nessuno a casa sua avrebbe osato girare, tantomeno diffondere: quello dove si dà del «mafiosi» ai giudici dai quali dipende il suo destino.
L’ex premier dunque va spiegando ai visitatori che lui non prende una chiara direzione politica in quanto, casomai si azzardasse a farlo, verrebbe immediatamente penalizzato.
Se appoggiasse Renzi, perchè lo appoggia; se lo avversasse, perchè lo avversa…
Di qui la rinuncia preventiva a esporre il fianco, nella convinzione che i magistrati siano tutti assetati di vendetta nei suoi confronti.
Invano gli viene spiegato che il Tribunale di Sorveglianza (nella fattispecie, quello milanese) è composto da toghe niente affatto assimilabili alle camarille della giustizia politicizzata.
Nel caso Sallusti, per citare una vicenda che Berlusconi seguì da vicino, nessuno riscontrò il minimo accanimento verso il direttore del «Giornale», anzi.
Non si vede perchè il Tribunale dovrebbe cambiare metro.
A patto, si capisce, che Silvio non tiri troppo la corda. Se ad esempio dovesse insistere che i servizi sociali gli provocano ribrezzo, alla fine potrebbe essere accontentato e chiuso in casa a doppia mandata…
Tali e tante sono le incognite, che Berlusconi nemmeno può fare il gesto di candidarsi per l’Europa (come il suo consigliere Toti ieri auspicava, senza peraltro crederci troppo): nel giro di pochi giorni il suo nome verrebbe depennato.
I successivi ricorsi e controricorsi avrebbero l’effetto di mettere a rischio montagne di voti, meglio non provarci secondo Verdini, tra i pochi che di queste faccende ne capiscono.
Ma senza Berlusconi a trainare Forza Italia, chi prenderà il suo posto?
Qualcuno accarezza l’idea che venga candidato un membro della famiglia, non necessariamente Marina, in modo da riproporre il nome sulla scheda.
Altri più realisticamente scommettono che alla fine di Berlusconi si parlerà solo nel simbolo. Quanto alle candidature, regna enorme confusione.
Uniche certezze sembrano Toti numero uno nel Nord-Ovest e Tajani al Centro.
Tutto il resto è nebbia, compresa la discesa in campo al Sud di Fitto.
L’ex ministro pugliese è una macchine da guerra in fatto di preferenze. Ma ad Arcore c’è chi vorrebbe sbarrargli la candidatura, nel nome del rinnovamento.
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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