IL BONUS DA 1,6 MILIARDI CHE ESISTE SOLO SU TWITTER: IL GOVERNO SPENDE SOLDI CHE NON HA, SVELATO IL TRUCCO
MA GLI UOMINI DEL PREMIER FANNO CREDERE CHE CI SIA UN “TESORETTO ”… IN REALTA’ AUMENTEREBBE SOLO IL DEFICIT
“Decideremo nelle prossime settimane se e come utilizzare il bonus da 1,6 miliardi sulla base delle nostre priorità ”, dice il premier Matteo Renzi a tarda sera dopo il Consiglio dei ministri.
E scherza con un giornalista: “Lei lo chiama tesoretto? Ma sì, chiamiamolo tesoretto”, sorrisetto.
La sostanza è zero, la comunicazione invece è perfetta: il governo ha trovato un tesoretto da 1,6 miliardi nelle pieghe di un Documento di economia e finanza che già meritava applausi perchè, come aveva detto Renzi martedì, non prevede “nè tagli nè tasse”.
La realtà è un po’ diversa, ma avere uno staff per la comunicazione serve proprio a renderla migliore di come è.
Comincia nel pomeriggio su Twitter il portavoce e spin doctor del premier, Filippo Sensi: “serinasco #bonusdef”, criptico, ma lancia il tema che viene ripreso da Francesco Nicodemo, il responsabile della comunicazione della direzione del Pd: “Ma non chiamatelo tesoretto #bonusdef”.
E poi inizia a rilanciare e proposte degli altri utenti Twitter (di solido del Pd) che suggeriscono cosa fare con questo #bonusDef da 1,6 miliardi.
Tipo: “#bonusdef io lo userei per l’abitare sociale”.
I retroscenisti si scatenano, i politici cominciano a dettare commenti alle agenzie.
È fatta: tutto il dibattito si sposta sul bonus Def.
Andrà al Welfare? C’è chi giura che sia destinato agli incapienti, quelli esclusi dal bonus degli 80 eurodello scorso anno perchè con redditi troppo bassi.
Di sicuro male non farà ai consensi del Pd in vista delle elezioni regionali di fine maggio.
Il premier ci pensa, tiene tutti in sospeso, sa che adesso i giornali si riempiranno di stime e simulazioni, un miliardo e mezzo non è tantissimo ma può accontentare molti appetiti.
Ma come, non eravamo tiratissimi tra recessione e vincoli europei? Come ha fatto Renzi a trovare un tesoretto da 1,6 miliardi? Miracolo.
Un passo indietro.
Al Consiglio dei ministri di martedì il Def, cioè il documento con i saldi di bilancio su cui si costruirà la legge di Stabilità in autunno, è pronto.
Nelle tabelle si legge che nel “quadro programmatico” (le previsioni che tengono conto degli impegni del governo e delle politiche che vuole adottare) il deficit nominale del 2015 passa dal 2,5 al 2,6 per cento.
Quello 0,1 vale appunto 1,6 miliardi.
Per un anno il governo spende soldi che non ha, questo significa aumentare il deficit, forte della consapevolezza che la Commissione europea ha rinunciato a creare troppi problemi per gli zero virgola (abbiamo spostato il pareggio di bilancio al 2017, in origine era atteso quest’anno).
È scritto lì, nel comunicato nel comunicato stampa di martedì. Ma non ne parla nessuno.
Il messaggio del premier è “niente tagli e niente nuove tasse”, un miliardo e mezzo conta poco nel momento in cui la preoccupazione di cittadini e osservatori riguarda tagli di spesa annunciati per 10 miliardi per il prossimo anno con i Comuni già in rivolta.
L’idea di un Def sobrio e realistico dura un giorno.
Anche gli editorialisti dei grandi giornali iniziano subito a contestare il fatto che di promesse di tagli ce ne sono eccome, soprattutto ai Comuni, per almeno 10 miliardi.
E che le “clausole di salvaguardia”, cioè gli aumenti dell’Iva e delle accise sui carburanti che determinano un aumento delle entrate di 12,8 miliardi nel 2016, 19,2 miliardi nel 2017 e circa 22 miliardi a decorrere dal 2018 ci sono ancora.
Per evitarle ci vogliono tagli di spesa veri, non soltanto promesse.
Nel Consiglio dei ministri di martedì Renzi non è convinto: il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan è arrivato con i documenti pronti per l’approvazione, non “bozze” come dirà Palazzo Chigi.
Ma il premier si prende due giorni in più: in quelle tabelle c’è poco da usare in una campagna elettorale per le elezioni regionali che è poco promettente.
Ieri mattina il bis: Consiglio dei ministri alle nove, arrivano tutti i vertici del Tesoro con il Def già stampato, cinquanta copie cartacee.
Il premier decide che non vanno bene, le fa ritirare e distruggere, alle agenzie fa trapelare che vuole “dare un’ultima occhiata alle carte” per arrivare a “un testo finale pulito e limato”.
Padoan non gradisce. Sensi e Nicodemo intervengono, i siti di notizie reagiscono come sperato: la giornata del caos sul Def diventa la giornata del #bonusDef, trending topic su Twitter (Tradotto: è l’argomento di cui si discute di più nel pomeriggio, privilegio concesso di rado a questioni di politica economica).
La notizia assume il clima dell’ufficialità quando l’agenzia Ansa dice che “spunta” un tesoretto.
Il resto del commento di Renzi al Documento di economia e finanza è destinato alle notizie in breve. “Se, d’accordo con le Regioni, siamo in condizione di ridurre il numero delle poltrone dei supermanager, trovare costi standard, mi pare che sia un fatto positivo”, dice.
Difficile dargli torto, ma il governo non può intervenire direttamente in materia sanitaria, di competenza delle Regioni.
L’unico modo per incidere è ridurre i trasferimenti. Cioè fare tagli.
Ma questa è una parola che è vietato pronunciare a Palazzo Chigi.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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