IL CAMPIDOGLIO RIMUOVE GIUSTAMENTE I MANIFESTI DELLA LEGA: “SONO RAZZISTI E VIOLANO IL REGOLAMENTO COMUNALE SULLA PUBBLICITA’”
SALVINI STRAPARLA DI CENSURA… NESSUNO RICORDA CHE ESISTE LA LEGGE MANCINO CHE PREVEDE L’ARRESTO E FINO A SEI ANNI DI CARCERE PER ISTIGAZIONE ALL’ODIO RAZZIALE: APPLICATELA E IN UNA NOTTE SI RISOLVE IL PROBLEMA
“Occupi una casa? Ti buttiamo fuori in 24 ore” e poi “Grazie alla Lega, decreto sicurezza” sono le scritte che compaiono su alcuni
manifesti leghisti affissi a Roma accompagnate dall’immagine di immigrati o di zingari. È bufera sui manifesti elettorali affissi dalla Lega nella Capitale, accusati di veicolare messaggi razzisti e lesivi della dignità umana. Il Comune di Roma è intervenuto ordinandone la rimozione immediata, innescando un acceso scontro politico. Nei giorni scorsi erano stati imbrattati.
Le affissioni, legate alla promozione del Decreto Sicurezza, mostrano scene fortemente connotate: uno scippatore rom fermato in metropolitana da un agente, e un gruppo di occupanti abusivi rappresentati da una persona di colore, una di etnia rom e una “alternativa”. Accanto, frasi come «Scippi in metro? Ora finisci in galera senza scuse» e «Occupi una casa? Ti buttiamo fuori in 24 ore».
Secondo l’amministrazione capitolina, i manifesti violano l’articolo 12-bis del Regolamento Comunale sulla pubblicità (n. 141/2020), che vieta espressamente contenuti pubblicitari che contengano stereotipi etnici, messaggi violenti o discriminatori, o che ledano la dignità individuale e i diritti civili. Il Campidoglio ha dato 24 ore di tempo per la rimozione, con la Polizia Locale incaricata di vigilare sull’esecuzione del provvedimento.
La reazione della Lega non si è fatta attendere. Matteo Salvini ha parlato di «bavaglio comunista», accusando il Comune di censurare un messaggio politico legittimo. «È un attacco alla libertà di espressione” ha dichiarato
Ma la polemica va oltre il piano istituzionale. Diverse associazioni per i diritti civili hanno denunciato l’uso di immagini che stigmatizzano intere comunità, alimentando paure e pregiudizi. «Non è solo una questione di regolamenti – ha dichiarato un portavoce di Amnesty Italia – ma di responsabilità sociale: la comunicazione politica non può legittimare il razzismo».
Il caso ha riacceso il dibattito sul linguaggio della politica e sul confine tra libertà di espressione e incitamento all’odio. Intanto, la Lega annuncia ricorsi legali e interrogazioni parlamentari, mentre il Comune ribadisce: «A Roma non c’è spazio per la propaganda che discrimina».
(da agenzie)
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