IL DISASTRO DELLO STATO SOCIALE: ITALIANI SEMPRE PIU’ SOLI
INTERESSANTE RICERCA DEL “MULINO”: FAMIGLIE SOLE, PICCOLE E POVERE… GLI OVER 60 SONO ORMAI IL 20% DELLA POPOLAZIONE, LE RISORSE DESTINATE ALLA FAMIGLIA SONO LA META’ DELLA MEDIA EUROPEA, IL TASSO DI 1,4 FIGLI PER DONNA UNO DEI PIU’ BASSI AL MONDO, GLI ASILI NIDO 1/4 DELLA FRANCIA
Famiglie cancellate dal welfare e dimenticate dallo Stato, microcosmi con pochissimi figli e molti anziani.
Siamo il primo Paese occidentale dove gli over 60 hanno superato il 20% della popolazione, il tasso di fecondità di 1,4 figli per donna è uno dei più bassi al mondo, le risorse destinate alla voce “famiglia” sono la metà della media europea, i giovani laureati sono il 16% contro il 32% delle statistiche Ocse, il numero dei posti nido disponibili per i piccoli da 0 a 3 anni è dell’11%, contro il 50% della Norvegia e il 40% della Francia.
E’ quanto emerge dalla ricerca di due studiosi, Alessandro Rosina, professore di Demografia alla Cattolica di Milano, e Daniela Del Boca, docente di Economia all’università di Torino, autori di un interessante opera, “Famiglie sole”, edito da Mulino.
Si racconta quanto è duro sopravvivere in Italia partendo da un dato: chi è nato negli anni Sessanta, in pieno baby boom, ha circa un milione di coetanei, la generazione che invece ha 20-25 anni è ridotta del 40%.
La famiglia italiana, al di là dei numeri, è vicina al crac per un fatto nuovo e irreversibile.
Da sempre è stata costretta ad arrangiarsi, potendo contare su un welfare assai scarso.
Sono state le reti informali, cioè il mutuo soccorso tra parenti e congiunti a costituire il vero ammortizzatore sociale nei confronti dei più fragili, i bambini e gli anziani.
Esse si sono storicamente basate sul ruolo delle donne di mezza età , le “care givers”.
Un modello che da tempo si è spezzato, con l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. A questo non ha corrisposto però, come nel resto d’Europa, la creazione di una vera e propria rete di supporti statali, il welfare appunto: asili nido, congedi parentali, orari flessibili, aiuti economici per le coppie con figli. Con i risultati che vediamo.
Finora i servizi pubblici per l’infanzia sono stati pensati come complementari al servizio gratuito fornito da madri e nonne.
In questa situazione già fragile, si è inserita la recessione e a pagare il prezzo più alto è il Mezzogiorno, una delle aree europee con il peggior rapporto tra anziani inattivi e persone occupate. Uno dei paradossi è, infatti, il calo demografico.
A partire dal 1995 si è invertita una tendenza decennale: al nord la crescita demografica riprende, mentre nel Sud continua il declino.
Nel 2007, dati Istat, i bambini ricominciano a nascere, ma soltanto nelle aree più ricche del Centronord, dove i servizi per l’infanzia sono migliori e in certe regioni, come l’Emilia Romagna, l’occupazione delle donne coinvolge il 60% della popolazione femminile.
Proprio per usufruire del welfare sostitutivo della rete parentale in Italia, i giovani lasciano la famiglia d’origine oltre i 30 anni.
Una scelta quasi obbligata se si pensa che nell’ultimo quinquennio gli occupati a un anno dalla laurea sono scesi dal 57% al 53% e tra questi i lavoratori atipici sono passati dal 37% al 48%. Numeri che raccontano un paese ormai impoverito di ricchezza umana e materiale, uno Stato sociale quasi inesistente e inadeguato ai livelli europei.
Ma qualcuno continua a voler chiudere gli occhi di fronte alla vera emergenza sociale del nostro Paese.
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