IL GIOCO DELLE TRE CARTE DEI QUATTRO TRUFFATORI: FANNO FINTA DI ABOLIRLI, MA I NOMINATI AUMENTANO
IL 63% DEL PARLAMENTO SARA’ DI NOMINATI… IL M5S ORA E’ DIVENTATO CONTRO LE PREFERENZE DOPO AVER FATTO I V-DAY CONTRO I NOMINATI
Come un gioco delle tre carte. Tre carte e quattro giocatori che fanno finta di abolire i “nominati”, ma in verità li aumentato.
E preparano un Parlamento composto per il 63 per cento da deputati e senatori scelti dai quattro: Renzi e Di Maio, Salvini e Berlusconi.
Ecco Danilo Toninelli, braccio destro (e sinistro) di Di Maio in materia, uscire dalla Sala del Mappamondo. Ha appena votato contro, in commissione, sulla proposta di rimettere le preferenze, vecchio cavallo di battaglia contro il Parlamento dei nominati, quello — per intenderci — dei vaffa nei V-Day.
Sembra già un ministro, nella domenica degli scravattati alla Camera.
Aspetta che i cronisti si avvicinano, ingessato in un abito stirato, cravatta, scarpa nera che pare nuova. Gira la carta: “Finalmente — dice — possiamo dire che non ci sono più le candidature e i capilista bloccati”.
Insomma, pare dire a Travaglio che ha bollato questa legge come Merdinellum, con grande enfasi tra i suoi lettori e tra gli elettori pentastellati: abbiamo fatto una modifica, perchè prima vanno in Parlamento gli eletti negli uninominali, poi quelli del proporzionale, eletti nelle liste bloccate.
Arriva Ettore Rosato, il tosto capogruppo del Pd, che per tutto il giorno ha parlato fitto fitto con Toninelli. Radioso: “Abbiamo abolito i capilista bloccati”.
È questo il messaggio su cui si cercano titoli di giornali e siti, sperando che qualcuno abbocchi. La modifica va bene anche a Forza Italia, tanto — come vedremo non cambia nulla. E anche alla Lega, per lo stesso motivo.
Ed effettivamente la logica non cambia. La modifica consiste in questo.
Nel testo base prima passava il capolista del proporzionale, poi gli eletti nei collegi. Ora, invece: prima scattano gli eletti nei collegi, poi si passa alla lista bloccata. Cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia.
Per due motivi.
Prima: la lista resta bloccata – senza preferenze — e con tanto di capolista, al netto delle truffe semantiche, perchè il primo scritto in alto in una lista bloccata si chiama capolista bloccato.
Secondo: non è stato inserito il voto disgiunto, dunque la dinamica reale resta la stessa. Ovvero si vota il partito — prendere o lasciare – che decide liste e candidati come comanda il cuore del capo.
Cambia solo, rispetto al testo base, che invece di scattare per primo, il capolista bloccato scatta dopo chi vince i collegi.
Il che blinda il meccanismo evitando di esporlo al rischio di incostituzionalità .
Perchè nella precedente versione c’era l’eventualità che uno vincesse il collegio ma non venisse eletto. Per un partito come Forza Italia, per intenderci, non cambia nulla. Eleggeva solo nominati prima, elegge solo nominati ora.
E i “nominati” aumentano al punto che i listini sono stati allungati da quattro nomi a sei.
E resta il paracadute anche se, invece delle tre candidature multiple, si lavora a una sola: ti candidi, ad esempio, in un collegio a Roma, ma per stare sicuro ti metti anche nel listino bloccato in Emilia Romagna.
C’è di più. Tutto questo va incrociato, con la modifica del giorno prima, che ha ridotto il numero dei collegi.
Nel testo base erano 50 e 50. Ora i collegi scendono da 303 a 225 (232 se si considerano quelli del Trentino e valle d’Aosta dove si vota col Mattarellum): è il 37 per cento della Camera.
Al Senato quelli eletti nei collegi sono 122, il 36 per cento.
Il che significa che il restante 63-64 per cento sarà eletto nelle liste bloccate del proporzionale.
E infatti, per accogliere la numerosa truppa, le circoscrizioni sono aumentate da 27 a 28 e le liste allungate da quattro a sei.
In Germania, tanto per ricordare, sono 50 e 50 (e con voto disgiunto).
Il gioco delle tre carte è questo. Ognuno mette qualche punto di distinguo, ma al dunque nessuno presenta alcunchè per blindare l’accordo che ha come punto di caduta il voto al più presto.
Tanto che, udite udite, per fare presto sono stati inseriti — nel silenzio di tutti — i collegi direttamente nell’emendamento Fiano.
C’è scritto che li disegna il ministero, ma se finisce in anticipo la legislatura si usano quelli disegnati ai tempi del Mattarellum.
Gli abili giocatori spiegano che “è tutto normale” e che non è una forzatura estromettere il Viminale dal calcolo ed utilizzare dati fondati sul censimento del 1991, ben due censimenti fa.
In altri tempi i Cinque Stelle avrebbero urlato alla truffa. Ora va tutto bene, nella forsennata corsa verso il voto: 63 per cento di nominati, collegi di un quarto di secolo fa.
Martedì in Aula. Giovedì, al massimo venerdì — assicurano i quattro giocatori — la Camera approva.
(da “Huffingtonpost”)
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