IL GIORNO DEGLI SCIACALLI: “SALTA PRODI, NAPOLITANO AVRA’ IL BIS E DARA’ L’INCARICO A LETTA”
DA UN BRANO DEL LIBRO DI DAMILANO LA RICOSTRUZIONE DELLA GENESI DEI 101 FRANCHI TIRATORI CHE IMPALLINARONO PRODI
La carica dei 101 suona tenero e disneyano, ma questi non sono simpatici cuccioli dalmata, è stato il giorno degli sciacalli al riparo del voto segreto (…)
Nei mesi successivi solo una parlamentare ha sollevato la questione nell’assemblea del partito: la deputata Sandra Zampa, portavoce di Prodi.
E solo un giovane deputato di Forlì, Marco Di Maio, ha formalmente chiesto con una lettera al segretario Epifani l’apertura di un’inchiesta interna.
La reazione? Nessuna risposta.
Sono stati i dalemiani, i giovani turchi, i franceschiniani, i fioroniani, i veltroniani, i renziani? Impossibile inseguire le voci e le complicate geografie correntizie del partito (…) Nessuno dei 101 ha sentito nei mesi successivi il bisogno di assumersi pubblicamente la responsabilità del suo gesto, di spiegarlo di fronte ai suoi elettori (…)
“Non esistono i traditori: è un concetto integralista che non condivido. Ed è vergognoso fare una distinzione nelle votazioni tra Marini e Prodi. Quando si è scelto Prodi, al di là delle ovazioni e delle alzate di mano, avrei voluto discutere con quale maggioranza si andava ad eleggerlo, visto che Scelta civica non ci stava e il M5S non si sarebbe spostato da Rodotà . Avremmo potuto votare Rodotà forse, ma nel frattempo la valanga era partita”, ha detto la deputata calabrese Enza Bruno Bossio, dalemiana, in un’assemblea dei deputati Pd qualche settimana dopo il voto per il Quirinale.
Ma certo, figuriamoci, non esistono i Traditori, nel girone infernale del Pd.
Ci sono però i Dubbiosi. Gli Scettici. I politicamente Lucidi.
Come il senatore Nicola Latorre, già braccio destro di D’Alema, due ore dopo il misfatto, uscendo dal teatro Capranica dimostrava una serenità invidiabile e idee molto chiare: “Che succede ora? Che saremo nelle condizioni di completare il lavoro iniziato in questi giorni eleggendo un nuovo presidente della Repubblica… ”.
Una deputata, la romana Fabrizia Giuliani, dalemiana, è stata sentita dire all’ingresso in aula: “Se Prodi per caso non dovesse farcela, cambia tutto”.
Come lei un’altra dalemiana, la romana Micaela Campana.
Un deputato della corrente di Letta, il campano Guglielmo Vaccaro, è stato ancora più preciso. Incontrando alcuni colleghi il 19 aprile in Transatlantico prima del voto si lasciò andare a una previsione: “Come finisce? Stasera salta Prodi, sarà rieletto Napolitano che incaricherà Letta di fare il nuovo governo”.
Nel girone dei Delusi la più delusa di tutti in quella giornata era la dalemiana Anna Finocchiaro, prima stoppata nella corsa verso il Colle dall’attacco di Renzi, poi bloccata mentre stava per parlare per candidare il suo leader D’Alema. Ma delusi, molto delusi erano anche i mariniani (…). E gli uomini di Dario Franceschini.
Nel girone degli Speranzosi, almeno in apparenza, si agitavano i sostenitori di Stefano Rodotà .
I deputati più giovani, più a sinistra, più spostati su posizioni vicine al Movimento 5 Stelle, che preferivano votare il giurista laico rispetto al cattolico Prodi, ma anche i parlamentari dalemiani.
Alla quarta votazione Rodotà aveva raccolto 213 voti, 51 in più del previsto: uno su due, la metà dei 101 aveva votato per lui (…) alla quinta votazione scese a 210, due voti in meno della somma 5 Stelle-Sel che era tornato a sostenerlo, 217 nell’ultimo scrutinio.
Insomma, Rodotà fu usato per eliminare Prodi.
Nel girone degli Ostili c’erano i gruppi regionali: gli emiliani spingevano per Prodi, i toscani al contrario volevano frenarlo, temevano che con la sua elezione si sarebbe rafforzato eccessivamente Renzi, il suo king maker, preoccupazione che tormentava il presidente della Regione Enrico Rossi.
Per fermare o rallentare la corsa di Prodi (e di Renzi) i toscani si riunirono e si consultarono.
Il segretario regionale Andrea Manciulli, il numero due della corrente di Dario Franceschini, il pratese Antonello Giacomelli, il fedelissimo di Manciulli Luca Sani, deputato di Grosseto, poi nominato presidente della Commissione Agricoltura della Camera, la deputata di Campiglia Marittima Silvia Velo, bersaniana, che prima delle votazioni confidò ai colleghi, compresi alcuni deputati e senatori leghisti, che lei non avrebbe mai votato per Prodi.
E dire che era appena stata nominata vice-presidente del gruppo Pd. Sicuramente ci avrà ripensato e nel segreto dell’urna si sarà allineata alle direttive del partito
Come i parlamentari del Sud fedeli a D’Alema: il deputato pugliese Michele Bordo, che comunicò la sua ostilità ai suoi capicorrente, poi promosso presidente della Commissione Politiche europee, oppure il molisano Danilo Leva, nominato in seguito responsabile Giustizia del Pd.
Tutti si sono sfogati prima del voto sulla scelta di Prodi. Tutti, poi, non c’è nessun motivo di dubitarne e nessuna prova del contrario, avranno certamente obbedito alla linea ufficiale.
Ci sono poi quelli che in seguito non hanno dimostrato particolare dispiacere per l’affondamento del Professore per motivi personali (…)
Però il senatore bolognese Gian Carlo Sangalli, noto disistimatore della famiglia Prodi (qualcuno dice che il voto per Vittorio Prodi porta la sua firma), di certo non si è messo in lutto. Anche lui ha replicato ai sospetti: “La mia è stata perfetta disciplina di partito”. (…) “Prodi chi? ”, rideva in Transatlantico già il giorno dopo Michele Anzaldi, deputato di prima nomina in quota Renzi, a lungo portavoce di Francesco Rutelli negli anni degli scontri più duri con il Professore.
da “Chi ha sbagliato più forte” di Marco Damilano
265 pp., Laterza, 15 euro
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