IL GOVERNO ORA SALVA IN PARTE LA LEGGE FORNERO
NEL 2019 CHI NON RAGGIUNGE QUOTA 100 USCIRA’ A 67 ANNI… E NEL 2021 IL REQUISITO DI VECCHIAIA POTREBBE SALIRE
Chi non ha almeno quota 100 – somma tra età e contributi – quando andrà in pensione nel 2019?
Le due strade di uscita – vecchiaia e anticipata – sono sempre valide.
Nel primo caso, l’età però sale di cinque mesi rispetto ad oggi: a 67 anni (con un minimo contributivo di 20 anni).
Si adegua – come previsto dalla legge Fornero – alla speranza di vita.
Nel secondo caso, si potrà fare domanda di pensione al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), a prescindere dall’età , proprio come ora.
Anche questo requisito sarebbe dovuto crescere di 5 mesi, ma il governo sembra intenzionato a lasciarlo bloccato.
Nella prima bozza del pacchetto pensioni c’è la norma che blocca l’età di vecchiaia a 67 anni anche dopo il periodo di legge (2019-2020), dunque nel biennio successivo (2021-2022).
Ma questa intenzione sembra tornare in bilico. L’effetto potrebbe in ogni caso essere neutro.
E questo perchè i demografi non prevedono necessariamente un allungamento della speranza di vita in quei due anni (2021-2022). Se pur ci fosse, potrebbe essere minimale (1 mese). Oppure nullo (si resta comunque a 67 anni).
O addirittura – se la mortalità aumentasse nei prossimi quattro anni – in discesa (si uscirebbe prima dei 67 anni).
Se le cose stanno così, il governo alla fine fermerebbe solo il requisito contributivo, lasciandolo fermo a 42 anni e 10 mesi, come detto, per i prossimi due anni almeno. Poi si vedrà (se prorogarlo o no).
Resta confermata in ogni caso quota 100. Tutti i lavoratori che già entro il 31 dicembre 2018 hanno almeno 62 anni e 38 di contributi potranno andare in pensione dall’aprile 2019.
Chi matura il requisito da gennaio in poi, dovrà aspettare le finestre: 3 mesi se dipendente privato o autonomo, 6 mesi se pubblico. Quota 100 è dunque valida in una sola combinazione età -contributi: 62+38. Poi si passa a quota 101: 63+38. Quota 102: 64+38. Quota 103: 65+38. Quota 104: 66+38.
Il meccanismo che lega l’aumento dei requisiti per la pensione all’aumento della speranza di vita ha una sua logica tecnica.
Per mantenere uguale la durata della pensione, se si vive di più, si deve spostare in avanti l’età della pensione (sempre nell’ipotesi, affatto scontata, che si continui a lavorare). Se 140 anni fa un pensionato 65enne aveva di fronte a sè mediamente 10 anni di pensione, oggi siamo al doppio: circa 20.
Tra 40 anni, la durata della pensione potrebbe sfiorare i 25 anni. Di questo si parla, quando si tocca il tema della “sostenibilità ” del sistema pensionistico, tenuto conto del calo demografico che può metterlo a rischio.
Visto che il nostro è un sistema a ripartizione: chi lavora paga le pensioni a chi non lavora più.
(da agenzie)
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