IL NUOVO REGALO DEL GOVERNO AI BALNEARI, INVECE CHE RISPETTARE LE NORME EUROPEE I SOVRANISTI CERCANO DI AGGIRARLE
SI INVENTANO NUOVI PARAMETRI VUOLE SOSTENERE CHE NON SERVONO GARE PUBBLICHE PER ASSEGNARE LE SPIAGGE… IN REALTA’ UNA MAPPA C’ERA GIA’
Il governo Meloni vuole portare avanti la riforma delle concessioni balneari, ma solo all’apparenza. Nel Consiglio dei Ministri del 17 luglio 2023 è stato approvato il decreto legislativo “per la mappatura e la trasparenza dei regimi concessori di beni pubblici”.
Lo scopo è avere dati aggiornati sulla presenza di stabilimenti balneari che hanno in affidamento le spiagge italiane, parte del demanio pubblico: quindi un bene di tutti. Il problema è che queste concessioni sono state date senza regole chiare e a tariffe molto vantaggiose per gli stabilimenti, meno per lo Stato.
Una riforma è attesa da anni anche perché l’Italia non è in regola con la direttiva Bolkestein, la norma europea secondo cui la gestione dei beni pubblici – come le spiagge – va assegnata con una procedura di gara. La mappatura annunciata rischia di tutelare le concessioni esistenti, aggirando ancora una volta la direttiva e diminuendo il numero delle spiagge libere, persino.
L’allergia italiana alla direttiva Bolkestein
Nel 2020 la Commissione europea aveva avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia per il mancato recepimento della direttiva Bolkestein sulla gestione dei beni pubblici. Per le leggi europee le spiagge andrebbero infatti assegnate con una gara “aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi”, nel caso in cui “il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali”.
Lo scopo della Bolkestein è “promuovere l’innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse”.
Con le spiagge in Italia accade l’opposto: il loro uso viene assegnato agli stabilimenti balneari tramite concessioni di lunga durata e a canoni di affitto molto vantaggiosi. Le ultime mosse del governo recepiscono un delega che il Governo ha ricevuto dalla legge del 5 agosto 2022, approvata dal governo Draghi, in cui si indicava di adottare, entro undici mesi, un decreto legislativo per “la costituzione e il coordinamento di un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza, anche in forma sintetica, dei principali dati e delle informazioni relativi a tutti i rapporti concessori, tenendo conto delle esigenze di difesa e sicurezza”.
Il governo ha così avviato una nuova mappatura delle spiagge occupate dagli stabilimenti più per aggirare la direttiva che per rispettarla, oltre a dimostrarne l’inapplicabilità al contesto italiano perché le “risorse naturali”, cioè le spiagge, non sarebbero “scarse”. Anzi: nella nuova mappatura del governo ci sarebbero ancora spiagge libere che potrebbero essere messe a gara e assegnate.
Le spiagge italiane “occupate”: la mappa c’è già
A inizio giugno 2023, Palazzo Chigi ha dato il via al tavolo tecnico sulla questione con esponenti di ministeri, Regioni e associazioni di categoria. In una riunione del 4 luglio, i primi dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti mostrano che “non emergerebbe la scarsità della risorsa spiaggia”. In realtà la mappa delle spiagge italiane occupate dagli stabilimenti c’è già, è del 2021 ed è molto dettagliata: sappiamo a quanto ammonta ogni singola concessione.
Secondo gli ultimi dati della Corte dei Conti, nel 2020 lo Stato ha incassato 92,5 milioni di euro da 12.166 concessioni “a uso turistico”, a fronte di un giro d’affari quantificato in circa 15 miliardi di euro – anche se è difficile fare stime esatte -. Dal 2021 è stato deciso che l’importo annuo del canone non può essere inferiore a 2.500 euro. Con l’adeguamento Istat dal 2022 il minimo è salito a 2.698,75 euro. Secondo l’ultimo “Rapporto Spiagge” di Legambiente, in alcune regioni la percentuale di spiagge occupate da stabilimenti sfiora il 70 per cento.
Ora, il tavolo tecnico del governo vuole produrre una nuova mappatura con parametri diversi che dimostrerebbero, comune per comune, l’opportunità di poter lasciare le cose come sono. Il problema è che ogni regione ha imposto una diversa percentuale di spiagge da dover lasciare libere, mentre il governo vorrebbe imporre una percentuale valida a livello nazionale. I dati sarebbero diversi da quelli attualmente disponibili perché il governo starebbe usando i metri lineari e non i metri quadri.
L’ultima proroga sulle concessioni era arrivata con il decreto Milleproroghe, che aveva spostato la scadenza al 31 dicembre 2024, differibile di un ulteriore anno in caso di “contenziosi o impedimenti per i Comuni che devono mettere a gara le coste”, norma poi dichiarata illegittima dal Consiglio di Stato. E proprio i contenziosi non dovrebbero mancare. Infatti, le concessioni balneari sono affidate alle regioni, che a loro volta le hanno affidate ai comuni. C’è il rischio che ognuno vada per conto suo, magari per mettere a bando le gare entro il 2023, come previsto dallo stesso Consiglio di Stato.
In generale, la sensazione è che, dopo aver voluto guadagnare tempo posticipando per anni l’attuazione della direttiva, ora il governo Meloni voglia fare un passo in avanti per aggirarne le disposizioni. Mappare sì, secondo però criteri che manterrebbero le concessioni attuali e ne darebbero addirittura di nuove. E nel frattempo le spiagge continuano a essere “concesse”: nell’ ultimo rapporto della Corte dei Conti “I canoni attualmente imposti non risultano, in genere, proporzionati ai fatturati conseguiti dai concessionari attraverso l’utilizzo dei beni demaniali dati in concessione, con la conseguenza che gli stessi beni non appaiono, allo stato attuale, adeguatamente valorizzati”. Il governo ha annunciato che la mappatura verrà terminata entro l’estate 2023.
(da today.it)
Leave a Reply