IL “PATTO DI SOCHI” RUSSO-TURCO CANCELLA IL SOGNO CRUDO
DOPO TRUMP, ANCHE PUTIN TRADISCE IL POPOLO CURDO… DUE FACCE SOVRANISTE DELLA STESSA MEDAGLIA IMPERIALISTA CHE SFRUTTA E OPPRIME I POPOLI
Il patto di ferro tra lo Zar e il Sultano segna il futuro della Siria. E quello dei curdi. “Traditi” da Putin, dopo essere stati scaricati da Trump. Turchia e Russia hanno concluso un “accordo storico” per una nuova tregua di 150 ore nel nord della Siria per completare l’evacuazione delle milizie curde Ypg da un’area di 30 km entro il confine siriano.
Lo ha annunciato a Sochi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan al termine del suo incontro con Vladimir Putin.
Russia e Turchia condurranno pattugliamenti congiunti fino a 10 km entro il territorio siriano oltre il confine turco, a est e ovest dell’area in cui è stata condotta l’operazione turca nel nord della Siria.
È esclusa Qamishli, principale centro curdo nell’area. Lo indica il memorandum d’intesa siglato a Sochi dai presidenti dei due Paesi.
Dalle 12 locali di domani (le 11 in Italia) la polizia militare russa e le guardie di frontiera siriane entreranno nell’area di confine con la Turchia in territorio siriano, al di fuori dell’area dell’operazione militare turca, per facilitare entro 150 ore l’evacuazione delle milizie curde Ypg.
I pattugliamenti congiunti Ankara-Mosca inizieranno dopo questa fase di tregua.
“Il presidente turco mi ha spiegato le ragioni dell’offensiva – ha iniziato così Putin la conferenza stampa congiunta al termine dei colloqui-. – Io sono convinto che i sentimenti separatisti nel Nord-Est della Siria, siano stati fomentati dall’esterno. La regione va liberata dalla presenza illegale straniera”.
Il capo del Cremlino ha fatto riferimento anche al timore che i prigionieri dell’Isis, sotto controllo dei curdi nell’area del Nord-Est e ora sotto controllo turco, possano approfittarsene per riprendere forza: “I terroristi non traggano forza dall’operazione turca”. E poi ci ha tenuto a sottolineare che l’accordo con Erdogan è “di importanza fondamentale per il futuro della Siria”.
E’ stato stabilito, nel memorandum d’intesa siglato dai due capi di Stato, che Turchia e Russia condurranno pattugliamenti congiunti fino a 10 km entro il territorio siriano oltre il confine turco, a est e ovest dell’area in cui è stata condotta l’operazione turca nel nord della Siria, esclusa Qamishli, principale centro curdo nell’area.
Nel memorandum di Sochi viene anche detto che ”lo status quo stabilito nell’area dell’attuale Operazione Fonte di Pace tra Tal Abyad e Ras al Ayn, con una profondità di 32 km, verrà preservato”.
E’ quanto chiedeva Erdogan. E’ quanto ha ottenuto da Putin.
A sua volta il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato che le delegazioni dei due Paesi hanno raggiunto un’intesa affinchè la polizia militare russa e le forze governative siriane restino al di fuori della zona dell’operazione militare turca in Siria settentrionale.
“Oggi con Putin abbiamo raggiunto un accordo storico – ha detto Erdogan – per la lotta contro il terrorismo, l’integrità territoriale e l’unità politica della Siria, e per il ritorno dei rifugiati”.
È importante che delle azioni delle forze armate turche non si approfittino i membri di organizzazioni terroristiche, compresa l’Isis, i cui guerriglieri vengono tenuti prigionieri presso le formazioni armate curde e cercano di liberarsi”, afferma il capo del Cremlino al termine del lungo incontro con il suo omologo turco. E ancora: “I terroristi non devono trarre vantaggio” dall’operazione turca nel nord della Siria. “Il Paese deve essere liberato dalla presenza illegale straniera”.
Il comandante delle Forze democratiche siriane, Mazloum Abdi, ha scritto in una lettera indirizzata al vice presidente americano Mike Pence di aver ritirato “tutte le forze delle Ypg”.
“Alcuni progressi sono stati fatti, ma è troppo presto per dare delle certezze”, ha sottolineato il segretario di Stato americano Mike Pompeo.
“La Russia ha fatto della Siria il teatro del suo ritorno allo status di potenza di primo piano, approfittando del disimpegno statunitense cominciato da Barack Obama nel 2013. All’epoca la Russia e l’Iran, riempiendo immediatamente il vuoto creato dall’allontanamento statunitense, erano corsi in soccorso di Assad, con pesanti conseguenze dal punto di vista umanitario e politico.
Ora Putin approfitta nuovamente dell’eclissi di Washington per affermare il suo paese come unica potenza straniera presente sul campo e capace di dialogare con tutti gli attori coinvolti”, annotava Pierre Haski, di FranceInter, in un articolo su Internazionale del 14 ottobre.
Il patto di Sochi conferma e rafforza questa tesi. Il vero dominus in Siria sta al Cremlino e non alla Casa Bianca.
Ora lo “Zar” dovrà tener buono Bashar al-Assad. Il presidente siriano ha fatto visita oggi alle truppe dell’esercito arabo siriano impegnate a Hobait, sul fronte della provincia di Idlib. E’ la prima volta che Assad si reca nel nord-ovest della Siria dall’inizio del conflitto. Lì l’esercito di Damasco è impegnato da anni in una dura battaglia contro i jihadisti di ayat Tahrir al-Sham (al Qaeda), supportati dai “moderati” del Free Syrian Army e dai “ribelli filo turchi”.
In realtà anche l’esercito di Ankara è direttamente coinvolto nella battaglia di Idlib, motivo che rende ancora più significativa la visita odierna di Assad.
“Erdogan è un ladro. Ci ha rubato le fabbriche, il grano e il petrolio, e oggi sta rubando la terra”, ha detto senza mezzi termini il presidente siriano.
Parole di fuoco, propositi bellicosi. Tutto, però, prima del patto di Sochi. Ora il rais di Damasco sarà chiamato a rapporto da colui senza il quale quasi certamente oggi non sarebbe al potere e, forse, neanche in vita: Vladimir Putin.
E il “ladro di Ankara” diventerà un “alleato”, per quanto scomodo, e odiato. Ma questo vuole la pax russa.
Quanto ai curdi siriani, potranno essere riassorbiti nella Siria di Assad. Ma del modello Rojava non rimarrà più nulla. Spazzato via, prima dal tradimento americano e ora dal “patto di Sochi”.
(da “Huffingtonpost”)
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