IL PATTO TRA LETTA E ALFANO: NO AL RITORNO AL PROPORZIONALE E CONSERVARE IL BIPOLARISMO
IL SEGRETARIO PDL: MA A DESTRA VOGLIO IL PARTITO UNICO
Letta e Alfano vogliono sorprendere tutti, cancellare il Porcellum salvando il bipolarismo ed escludere dalla scena il ritorno al proporzionale con i sospetti di un progetto centrista che quel sistema si porta dietro.
L’ipotesi di creare una nuova Dc non esiste, giurano a Palazzo Chigi, e viene agitata «in maniera strumentale dai renziani» per screditare le larghe intese.
E Letta, beninteso.
Il “patto” tra il premier e il suo vice viene messo alla prova in queste ore dalla lotta intestina al Pdl.
Per l’eterogenesi dei fini è stato consolidato dal voto di fiducia espresso mercoledì da Silvio Berlusconi. Un voto che ha evitato la spaccatura immediata del centrodestra, la costituzione di due partiti in quel campo e perciò il bisogno dei dissidenti di avere una legge elettorale pasticciata ma funzionale che non consegnasse i consensi di destra al Cavaliere.
«Se Alfano si prende il Pdl che bisogno ha del proporzionale e della chimera del centro? Perchè dovrebbe rinunciare all’egemonia nel terreno dei moderati?», si chiede il costituzionalista Pd Stefano Ceccanti.
Ma la partita a Palazzo Grazioli non è ancora finita. Anzi. La possibilità di una scissione resta in piedi e l’intesa sulla riforma elettorale naviga a vista.
Nel caso di uno spacchettamento nessuno può escludere che lo sbocco sia davvero il proporzionale. «L’esito delle crisi nel Pdl è decisivo», ha spiegato Dario Franceschini agli esperti con cui si confronta al ministero dei Rapporti col Parlamento.
I quarantenni che guidano l’esecutivo hanno però tutt’altro orientamento
Presto si riaprirà il tavolo delle riforme istituzionali.
A dicembre, poi, è attesa la sentenza della Consulta sul Porcellum. Per quella data bisogna arrivare con una proposta pronta. Anche se da qualche giorno a Palazzo Chigi si è fatta strada la convinzione, surrogata da qualche indiscrezione, che la Corte, alla fine, non toglierà le castagne del fuoco alla politica.
Potrebbe cioè respingere il ricorso limitandosi a qualche monito non vincolate sulla legge Calderoli.
Che quindi rimarrebbe lì, diavolo tentatore di tutti i partiti, come ha dimostrato la recente dichiarazione d’amore per il Parlamento dei nominati fatta da Beppe Grillo.
Le strade per mantenere il bipolarismo sono tre.
La prima appare oggi la più debole, contestata palesemente da Letta in aula e dal Movimento 5stelle, osteggiata da sempre a destra. È la battaglia di Roberto Giachetti per il Mattarellum, ossia per i collegi uninominali con piccola quota proporzionale.
Una riforma che aveva i numeri prima dell’estate, sostenuta da Pd, grillini e Sel. Ma stoppata dal governo di larghe intese che muoveva i primi passi. Ora ha perso la stampella del comico e continua a essere un dito nell’occhio di Alfano. Giachetti non ammaina la bandiera, ma apre anche alla bozza Violante
L’ex presidente della Camera ha studiato il doppio turno di coalizione.
Garantisce il bipolarismo, dà certezza immediata dell’esito elettorale. Per certi versi è la proposta che si avvicina di più al modello Renzi che sogna il sindaco d’Italia, vale a dire una legge sul modello di quella per i comuni.
La bozza Violante è legata alla riforma della Costituzione sul Parlamento, con una sola Camera che vota la fiducia, per evitare il rischio di due maggioranze diverse a Montecitorio e al Senato. Ma secondo il suo ideatore si può fare anche con le regole attuali «perchè – ha spiegato Violante nelle riunioni dei saggi – dal ’94 non è mai capitato che la coalizione vincente alla Camera non fosse la stessa che vinceva al Senato».
Questo sistema allontanerebbe il proporzionale, ma non escluderebbe affatto un’alleanza Letta-Alfano anche nelle urne.
Si potrebbe formare una coalizione di centrosinistra con Pd e Pdl, contrapposta a Grillo e alla destra dei falchi. Del resto, Letta ha sempre profetizzato: «La prossima campagna elettorale si giocherà tra uno schieramento pro-Europa e uno anti-Europa». Rappresenterebbe un cambio di schieramenti e di regime epocale.
Ma se l’Italia vuole mettere in scena il confronto classico delle democrazie europee, la sfida tra socialisti e popolari, allora le rispettive diplomazie dovranno ragionare sul doppio turno di collegio.
Due blocchi contrapposti che si combattono e vanno al ballottaggio studiando nuove alleanze lì dove non raggiungono il 50 per cento.
Un sistema mai amato nei palazzi romani, ma che potrebbe sbloccare la transizione della Seconda repubblica.
Goffredo de Marchis
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