IL PD DICE ADDIO ALLA STORICA SEDE IN VIA DEI GIUBBONARI
LO SFRATTO A META’ NOVEMBRE
Alla fine il Partito Democratico si arrende e dice addio alla sede di via del Giubbonari.
Dopo l’avviso di sfratto e le minacce M5S in consiglio comunale arriva l’epilogo di una lunga vicenda, conclusa nel peggiore dei modi: una sentenza del Consiglio di Stato che, il 22 settembre, non ha riconosciuto al Pd il titolo a occupare quei locali di proprietà comunale.
In attuazione, per paradosso, di una delibera varata nel 2015 da un’amministrazione di sinistra: fu infatti la giunta Marino, animata dalla pur lodevole intenzione di disboscare la giungla di affitti e concessioni irregolari, a innescare il contenzioso che ha fatto calare il sipario.
Spiega Repubblica Roma:
Processo poi accelerato dal commissario Tronca e chiuso dalla Raggi. Lo sfratto esecutivo, già notificato ai primi di ottobre, verrà eseguito a inizio novembre. Mercoledì, all’ultima assemblea degli iscritti con il commissario romano Matteo Orfini e la subcommissaria Elisa Simoni, si discuterà della nuova sede e la strategia per non disperdere il patrimonio di idee coltivate in via dei Giubbonari per quasi settant’anni. Poi si prepareranno gli scatoloni. E si restituiranno le chiavi. Cercando anche di capire come fare per tornare. Se esiste margine per un accordo sugli oltre 100mila euro di debiti che il Campidoglio rivendica (insieme alla Corte dei Conti) ma il Pd ha sempre contestato.
Frutto di una vecchissima lite sul canone da pagare: le 320 lire mensili stabilite nel 1946 per la locazione, una somma simbolica già allora, nel 1986 sono state infatti rivalutate in 12mila lire, per poi schizzare nel 2010 (con la giunta Alemanno) a 1.200 euro, in base a un complicato calcolo di adeguamento dell’importo iniziale.
Troppi, per i vari segretari di circolo e del partito che si sono avvicendati.
Di certo, una spesa insostenibile per una sola sede di partito. E perciò auto-ridotta, con comunicazione scritta al Campidoglio, a soli 102 euro al mese, «corrispondenti all’originario canone di concessione senza però rivalutazione», spiega Giulia Urso. Risultato?
La morosità già accumulata negli anni si è impennata alla cifra monstre di 170mila euro: a quanto cioè ammonta il totale degli affitti arretrati
(da “Huffingtonpost“)
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