IL PD E IL RAS GENOVESE, 40 GIORNI DI MELINA PER NON FARLO ARRESTARE
LA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE DELLA CAMERA PRENDE TEMPO… DECISIONE RINVIATA A DOPO IL VOTO
Il caso Genovese imbarazza il Pd e la maggioranza che regge il governo Renzi. Stiamo parlando di Francantonio Genovese, re di Messina, renziano doc e padrone di ventimila voti che possono fare la differenza nel voto europeo.
Per l’onorevole è stato chiesto l’arresto dalla procura di Messina per lo scandalo dei fondi della formazione professionale.
Un business da centinaia di milioni di euro che vede al centro l’onorevole e la sua famiglia, proprietari e gestori di enti, vere e proprie macchine clientelari e mangiasoldi che in Sicilia hanno avviato al lavoro una quota ridicola di giovani disoccupati.
Nei mesi scorsi sono finiti in galera la moglie dell’onorevole, Chiara Schirò, e alcuni suoi strettissimi collaboratori.
Sulla questione dell’autorizzazione all’arresto la palla è nelle mani della Giunta per le autorizzazioni a procedere presieduta da Ignazio La Russa.
Ma il sospetto è che Pd e soci stiano lavorando sottotraccia per far slittare la decisione a dopo le elezioni europee.
“Sospetto sbagliato — ci dice l’onorevole Anna Rossomanno, capogruppo del partito di Renzi in Giunta — abbiamo chiesto una proroga fino al 18 maggio perchè emerge con chiarezza l’esigenza di un approfondimento. Siamo di fronte ad una ordinanza corposa, 380 pagine, più 16 faldoni di documenti che vanno esaminati. Abbiamo fissato due sedute per la prossima settimana…”.
Insomma, deciderete dopo le europee?
“Come giunta sicuramente prima, ma poi toccherà alla conferenza dei capigruppo fissare la data per la discussione e il voto in Aula”.
Parole chiare, che accrescono il dubbio di uno slittamento a dopo le elezioni.
“Questi parlano di acquisire nuovi documenti, è una perdita di tempo, gli elementi per valutare ci sono tutti, basta leggere gli atti. La richiesta di nuove carte giudiziarie fa parte di una tecnica dilatoria che non è accettabile. Li capisco, Genovese porta voti e il Pd ne ha bisogno”, è l’opinione di Giulia Grillo, deputata M5s eletta in Sicilia e membro della Giunta. Su cosa punta l’onorevole ras della formazione? Sulle decisioni del Tribunale della Libertà che nei mesi scorsi hanno portato alla scarcerazione della moglie Chiara Schirò e di altri personaggi coinvolti nell’inchiesta.
Um altro modo per guadagnare tempo, secondo i parlamentari grillini. Ricostruiamo la storia delle revoche e delle controrevoche.
Il 22 gennaio il Tribunale di Mesina annulla gli arresti domiciliari per Chiara Schirò, la moglie dell’onorevole Genovese, la Procura della Repubblica fa ricorso e il 3 marzo scorso il Tribunale revoca, sia pure parzialmente, la decisione precedente e stabilisce il divieto di dimora nella città di Messina per la signora.
Perchè, si legge nel provvedimento, si tratta di un “soggetto che non si è fatto alcuno scrupolo a porre in essere un meccanismo truffaldino per appropriarsi di milioni di euro di provenienza pubblica”.
La signora, si legge ancora, esprime una particolare “versatilità a delinquere per raggiungere i propri interessi utilitaristici, che appare più che concreto il pericolo che la stessa possa riproporre la sua attività illecita in qualunque altra associazione o società ”.
Stessa musica per Concetta Cannavò, un passato da militante del Pd, era l’amministrarice del partito a Messina, e per Elio Sauta, presidente di uno degli enti incriminati e stretto collaboratore dell’onorevole.
Per lui, il 24 marzo, sono stati di nuovo disposti gli arresti domiciliari.
Francantonio Genovese, scrivono i pm, è “al vertice di un sodalizio criminale” che negli ultimi anni ha divorato i fondi europei e regionali della formazione professionale. Un bottino di 6 milioni di euro accumulato grazie alla gestione, diretta o occulta, di almeno dieci enti.
Va arrestato, scrive il gip di Messina, perchè “il sodalizio criminale” che lo vede al vertice, è “diffuso, ben avviato e adeguatamente potente: ragionevolmente continuerà a delinquere”.
L’esigenza cautelare “in carcere”, deriva dalla potenza dell’organizzazione, dall’esistenza degli enti che ancora agiscono nel business della formazione professionale in Sicilia: più di 400 milioni di euro l’anno.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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