“ECCO L’INGANNO DI STAMINA”: PAZIENTI USATI COME CAVIE, MINACCE E SOLDI SOTTOBANCO
CHIUSA L’INDAGINE DI TORINO… I MEDICI CHE DISSERO SI’ AL METODO: “CI VERGOGNIAMO”
Davide Vannoni ha creato un’associazione a delinquere per truffare centinaia di persone colpite da gravi malattie somministrando, talvolta a pagamento, farmaci guasti e pericolosi.
E in più, anche se dotato solo di un laurea in psicologia, si è spacciato per medico.
Il pm di Torino Raffaele Guariniello ha chiuso le indagini dei Nas su Stamina scaricando accuse pesantissime sul guru del discusso metodo e su altre 19 persone, tra suoi collaboratori, dirigenti e primari del Burlo Garofolo di Trieste e degli Spedali Civili di Brescia, e pure su un funzionario dell’Aifa, il responsabile dell’ufficio ricerca e sperimentazione Carlo Tomino.
L’inchiesta potrebbe essere la pietra tombale su una cura al centro di polemiche da anni. Anche se Vannoni annuncia di avere molte carte per difendersi dalle accuse.
CELLULE SCONOSCIUTE
«Pazienti trattati come cavie ». Non usa mezzi termini la procura per raccontare come lavorava quella che è ritenuta essere un’associazione a delinquere.
«Somministravano preparati senza conoscerne natura, implicazioni, potenzialità , rischi e senza eseguire test necessari prima dell’impiego del prodotto sull’uomo, così indebitamente trasformato in cavia».
I pazienti rischiavano eventi avversi, in molti casi ci sono state infezioni, crisi epilettiche, emorragie e traumi midollari.
I malati non erano informati sulla natura dei trattamenti. Inoltre il metodo, su cui si vantavano brevetti inesistenti, veniva tenuto segreto, cosa vietata dal codice deontologico dei medici.
Anche per questo cinque dipendenti degli Spedali Civili di Brescia (il direttore sanitario Ermanna Derelli, l’oncologo pediatrico Fulvio Porta, la coordinatrice della ricerca clinica Carmen Terraroli, la responsabile di laboratorio Arnalda Lanfranchi, il direttore di anestesia Gabriele Tomasoni) sono finiti nell’indagine: hanno accettato che pazienti del loro ospedale fossero sottoposti a cure segrete, oltre ad aver, a vario titolo, fatto tra l’altro certificazioni false per dire che il metodo era sicuro. Derelli è anche accusata di essersi spesa per far utilizzare il metodo sul cognato
IL BUSINESS MONDIALE
Nel 2012 Vannoni non si accontenta più di chiedere somme fino a 48mila euro a paziente, ma comprende che Stamina può diventare un business mondiale.
Si appoggia a un nuovo socio, Gianfranco Merizzi (noto imprenditore del settore parafarmaceutico) con cui crea la Medestea Stemcells e altre due società svizzere. Vengono investiti oltre 4 milioni di euro «finalizzati alla commercializzazione nazionale e mondiale della cosiddetta terapia Stamina».
E la procura sequestra una nota di bilancio in cui si sostiene che «il 2013 è previsto ancora come anno di investimenti, mentre per il 2014 si prevedono i primi importanti introiti generati dall’attività delle Cells Factories».
Si parla di «contatti avanzati» in corso «in Messico, Hong Kong e Svizzera».
Per il pm, Vannoni «tentava di eludere i divieti imposti dalle norme sanitarie italiane ed europee anche grazie all’aiuto di un farmacista sedicente medico e di una hostess attrice che si qualificava come infermiera, con ambasciatori e consoli per ottenere il permesso di somministrare la cura a Capo Verde».
Vannoni aveva messo in atto una campagna mediatica: all’estero spacciando Stamina per una terapia accreditata e legale, in Italia «inducendo un clima di tensione sociale e di falso allarme mediante conferenze e interviste, ma anche criticando le istituzioni. Sosteneva che potevano morire fino a 18mila persone se il metodo non fosse stato adottato».
LA RETROMARCIA DEGLI ESPERTI
Per accreditare la sua terapia, Vannoni si è fatto aiutare da 15 medici (non indagati) che però «erano privi di una effettiva conoscenza della terapia Stamina ». Il pm li ha interrogati e quasi tutti hanno fatto retromarcia. Un neurologo milanese, Massimo Sher, ha scritto una letteraconfessione per esprimere il suo senso di colpa.
«Mi vergogno di aver avuto la leggerezza di poter alimentare false speranze nella falsa terapia di Vannoni che con la sua abilità truffaldina pensa tuttora di approfittare della vulnerabilità dei pazienti».
«Mi sono lasciato ingannare da una cornice di apparente legalità – ha spiegato ieri il medico – ma Vannoni è un cialtrone e io sono finito nella sua rete. Sono pentito: non voglio che succeda ad altre persone».
«Non conosco nulla del metodo Stamina» e «non ho rilevato nessun miglioramento concreto» sono invece alcune ritrattazioni degli altri medici che hanno firmato certificazioni per i pazienti che si rivolgevano ai vari tribunali del lavoro in Italia per ottenere l’accesso alle cure. E che avrebbero indotto in errore i giudici che in 180 casi avevano dato il consenso all’uso della terapia.
IL COMITATO NON SI RIUNISCE
«Non ci siamo ancora riuniti, aspettiamo indicazioni dal ministero, non detto io i tempi».
Lo dice Michele Baccarani, il presidente del comitato nominato all’inizio di marzo per decidere se fare una sperimentazione pubblica del metodo Stamina.
Il fascicolo da valutare è quello presentato ai tempi del primo comitato da Vannoni che, in base alla ricostruzione di Guariniello, è stato scritto da una studentessa fuori corso di Medicina a Torino.
Dentro, come noto, ci sono interi paragrafi presi da Wikipedia.
Il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin ieri ha sottolineato che il lavoro del comitato andrà comunque avanti: «Si tratta di un percorso diverso da quello della procura».
IL BLOCCO DELLE INFUSIONI
A Brescia è tutto fermo, da mesi non si fanno più infusioni e a non è possibile dire se riprenderanno. Prima di tutto c’è la questione di Erica Molino, cioè l’unica biologa in Italia (fino a poco fa neppure iscritta all’ordine) disponibile a lavorare con Vannoni e dunque insostituibile. Anche lei è finita nell’indagine.
Dai primi di marzo ha sospeso la sua attività . Vannoni ha scritto all’azienda bresciana che Molino sarà in servizio «presumibilmente » il 5 maggio. Non basterà per ripartire: dieci medici dell’ospedale, tra cui gli indagati, hanno detto che non vogliono più prestare attività di supporto alle infusioni.
«Non mi risulta che abbiano cambiato idea», commenta il direttore Ezio Belleri. L’azienda deve anche prendere una posizione sul futuro basandosi sul lavoro di Guariniello. Potrebbe esserci una sospensione.
Michele Bocci e Sarah Martinenghi
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