IL POLICLINICO DI TOR VERGATA, A ROMA, È PIENO DI PAZIENTI, MOLTI DEI QUALI ANZIANI, FRAGILI, O IN CONDIZIONI DI SVANTAGGIO SOCIO-ECONOMICO, IN ATTESA DI RICOVERO E DI CURE
CI SONO PERSONE CHE SONO FERME IN BARELLA DA OLTRE 40 GIORNI, SENZA SAPERE DOVE ANDARE E A CHI RIVOLGERSI … IL PERSONALE SANITARIO: “VIVONO IN CONDIZIONI DEGRADANTI. NON SI PUÒ ACCETTARE CHE CHI NON HA MEZZI O FAMILIARI CHE LO SOSTENGONO FINISCA COSÌ”
Da 43 giorni un 77enne è su una barella del pronto soccorso del policlinico di Tor Vergata. E non è il solo. Un uomo di 81 anni è lì da 25 giorni, una 51enne da 22 e un 90enne da 16. Ieri c’erano inoltre altri 8 pazienti in attesa di un posto letto anche da otto giorni. Il presidente Francesco Rocca, appena insediatosi a marzo alla guida della Regione Lazio, sostenuto da un’ampia maggioranza di centrodestra, aveva assicurato che avrebbe cancellato subito quelle lunghissime e degradanti attese nei pronto soccorso da parte di pazienti che hanno bisogno di ricovero.
Di recente ha annunciato che quel fenomeno, definito boarding, nel Lazio si è ridotto del 25%. Il caso di Tor Vergata sembra dimostrare il contrario, con anziani impossibilitati in quelle condizioni anche a fare una doccia e a poter togliere i panni dal borsone per sistemarli in un armadietto.
E’ anche un problema sociale, con persone in difficoltà, che vengono accompagnate dal 118 in un pronto soccorso e restano lì, non sapendo dove andare e non venendo sostenute dai servizi sociali. «Chi resta giorni e giorni al pronto soccorso è esposto al rischio di infezioni, occupa una barella e costa tanto al servizio sanitario. Soprattutto vive in condizioni degradanti e non si può accettare che chi non ha familiari che lo sostengono e mezzi particolari finisca così», sostengono, chiedendo l’anonimato, alcuni sanitari dello stesso ospedale.
«Qui lavoriamo in un quadrante povero, arriva di tutto, ma l’organizzazione non funziona», aggiungono. Una situazione destinata a peggiorare con l’arrivo della stagione fredda. «A Roma oggi ci sono 600-700 persone in attesa di un posto letto — afferma un infermiere — e come sempre diventeranno 900 con l’arrivo dell’influenza. Non si combatte il boarding acquistando più barelle o smistando i pazienti […]».
Dalla Regione Lazio si giustificano sostenendo che il caso non è sanitario ma sociale. «Quelle persone non hanno bisogno di un ricovero, ma di un altro tipo di aiuto. I servizi sociali rispondono che non hanno un posto dove ospitarle e restano in ospedale perché altrimenti finirebbero in mezzo alla strada», specificano fonti vicine a Rocca, che ha mantenuto per sé anche la delega alla sanità.
Soggetti fragili che lo Stato riesce ad aiutare a fatica. «Proprio oggi abbiamo soccorso un senzatetto che da giorni viveva in piazza Mazzini, un medico tedesco con un’infezione gravissima a una gamba. Lo dico perché una delle grandi problematiche di Roma è che spesso come pronto soccorso entriamo in situazioni incredibilmente incresciose e complesse. Quando sbagliamo sono il primo a riconoscerlo, ma stiamo parlando di situazioni difficili, a cui non ci sottraiamo, ma che richiedono tempo», afferma il direttore generale del policlinico Tor Vergata, Giuseppe Quintavalle.
«Il pronto soccorso — aggiunge — è uno dei pochi, forse l’unico baluardo che fa di tutto. Occorre un raccordo tra i vari servizi per un’azione comune», aggiunge. Quella necessaria a evitare di alloggiare un mese e mezzo in una struttura d’emergenza dove un’attesa di 24 ore è già considerata eccessiva.
(da La Repubblica)
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