IL RUTTO DEL “SISTEMAMOGLI” SALVINI: “VAFFANCULO ZECCHE”
IL CONTADINO: “ENTRO GIUGNO NIENTE PANE”. IL PESCATORE: “FINITO PURE IL PESCE”….LA MASCOTTE GIOGIO’ APRE IL CONCERTO, POI UNA SERIE DI CORBELLERIE GALATTICHE DEL PADAGNO
Lo spettro lugubre di una carestia apocalittica aleggia in piazza del Popolo: sul palco un sediente rappresentante dei contadini annuncia che in Italia, al massimo entro giugno, finiranno pane, latte e carne. Conclude e salgono due pescatori liguri, padre e figlio.
De profundis anche per l’italico pesce.
Poi è il turno di Simone Di Stefano, vicecapo di Casa Pound, che grida: “In Italia non produciamo più acciaio”. La colpa è “dell’Unione Sovietica Europea”, come dice in un videomessaggio Marine Le Pen, icona europopulista.
Alle 14 e 40, quando mancano venti minuti all’inizio della manifestazione, Piazza del Popolo è piena a metà , fino all’obelisco. Mezzavuota,quindi. Trentaminuti e arrivano in supporto quelli di Casa Pound, ma i numeri dell’invasione fascioleghista di Roma restano bassi.
Non più di 15.000-20.000 persone, secondo fonti ufficiose della Digos.
Il debutto romano della destra blu, questo il colore predominante sul palco, copiato dal lepenismo transalpino, non ha numeri esaltanti.
Un mezzo flop, in cui peraltro c’è di tutto. I salviniani di Orte, per fare un esempio, e quelli della Puglia e della Campania. Il tricolore e la bandiera del secessionismo padano. Le famigliole con la colazione al sacco e le auto blu di chi ha una poltrona come Calderoli o Maroni.
Il discorso di Salvini è peggio: un’insalata russa (mentre sventolano i vessilli russi con l’aquila degli zar) con decine di ingredienti inconciliabili.
Don Milani, don Sturzo, gli immigrati da stendere senza pietà se ti entrano in casa, il turpiloquio continuo, il genocidio degli armeni, le foibe, la prostituzione che esiste da duemila anni e quindi viva le case chiuse.
Prima dell’inizio, due maxi-schermi diffondono il verbo salviniano estrapolato dai talk show.
Ma il contrasto più stridente del casino mentale di Salvini è tra l’evocazione di Alekos Panagulis e i saluti romani; Panagulis, compagno di Oriana Fallaci, combattè il regime greco dei colonnelli.
Prima era toccato aanche alla Meloni, ridotta ormai al ruolo di gruppo spalla o apri-concerto. Bossi, Calderoli e Maroni sono invece sul palco.
Tra fumogeni verdi e petardi e sulle note assordanti di una marcia che è un misto dei Carmina Burana e di Braveheart, il comizio di Salvini comincia alle 16 e 39.
“Perchè ogni volta che dico Renzi dite vaffanculo?”. La piazza esplode. Altri fumogeni e petardi. “Renzi, Renzi, vaffanculo”. E poi Alfano, sempre “vaffanculo”. Linguaggio cupo, oltre che volgare. “Questi infami che governano l’Italia”. “La legge Fornero la cancelleremo e vaffanculo alla Fornero”. “Cazzo, abbiamo una crescita dello 0,1 per cento”. “Prenderemo a calci in culo i falsi invalidi”. “Nella nostra Italia non c’è spazio per i campi Rom. Vai a fare il Rom da qualche altra parte”. “Se entri in casa mia per rubare devi sapere che puoi uscirne steso”. “Renzi servo sciocco dell’Ue” “Chi non salta comunista è” “Vi faremo un mazzo così”. “Anche se non sbaglio nulla, mi rompono lo stesso i coglioni”.
Resuscita, Salvini, persino il termine “zecche” che sta per “comunisti”.
Alla fine, sul lato a destra del palco, quattro giovani padani in carne chiedono a Mario Borghezio di posare per un selfie. Borghezio li guarda e dice: “Vedo che siete anche voi esili come me. Provassero a venire questi quattro black bloc del cazzo”. O quattro “barboni” secondo la versione di Salvini.
Dimenticando che l’ultima volta che sono arrivati vicini a Bologna Salvini non li ha certo affrontati, ma è scappato a gambe levate in auto.
Nulla di fascista, solo leghista.
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