IL TRISTE BATTESIMO DI FORZA ITALIA CON POCHI ADORANTI E L’AUDIO CHE NON FUNZIONA
LA NUOVA SEDE SEMBRA PIU’ UN MAUSOLEO CON FOTO DEL CAVALIERE OVUNQUE… GLI EX AN ORMAI SONO OSPITI
Nel momento più atteso, scompare l’audio.
E pure l’immagine: “Bisogna aprire le porte a chi vuole impegnarsi per il futuro di tutti gli italiani. Dobbiamo darci da fare per garantire democrazia in questo paese”. Stop.
Quando alle 17,37 Silvio Berlusconi inizia il discorso della rifondazione azzurra il maxi schermo si impalla. Segnali di decadenza.
Nel partito di plastica del Berlusconi condannato e extraparlamentare qualcosa non funziona.
Delusi i pochi chiamati ad adorare il capo di fronte alla nuova sede di San Lorenzo in Lucina. Pallottoliere alla mano, tolti un centinaio di giornalisti, qualche decina di cameramen, i collaboratori dei parlamentari a cui era vietato l’ingresso, i cinesi usciti da Luis Vitton, qualche piacione di ritorno da Ciampini, i militanti duri e pure non superavano le cento unità .
Età media, alta. Parecchi coetanei del Cavaliere, con le bandiere odoranti di naftalina.
Torna l’audio: “Vent’anni dopo siamo qui e guardando e salutando coloro che furono con me nel ’94 devo dirvi che l’impegno che ci abbiamo messo fa molto bene, siamo tutti più belli”.
Il pathos non scatta nè dentro nè fuori.
E qualcuno inizia ad uscire insofferente dal mausoleo berlusconiano.
Matteoli esce con l’aria di un claustrofobico dopo un’ora di ascensore. Perchè va bene la fedeltà ma neanche a Predappio ci sono tante immagini del capo.
Ovunque quadri di Berlusconi, e tutti con foto scattate prima del 2008.
Con Putin e Bush, nelle piazze, in casa, all’Onu, nei vertici internazionali, a Napoli.
Scompare il Pdl, e gli ex An sono ospiti in casa altrui:
Menomale che Silvio c’è, e basta. L’audio va sempre peggio. L’ex premier si sta dipingendo come responsabile, ed elenca gli atti di buona volontà compiuti: le dimissioni su pressione del Colle, nel 2011, il sostegno al governo dei tecnici — quello che ha tirato giù dopo la sentenza di Appello del processo Mediaset, per intenderci — e poi il governo Letta, lo spirito di sacrificio di chi ha solo cinque ministri su 23.
Poi avvisa, ed è l’unica cosa che l’audio decadente trasmette con chiarezza: “Staremo in questo governo finchè rispetta i patti su Imu e su Iva”.
I toni sono da brindisi aziendale, con le dipendenti fresche di parrucchiere, e prosecco e tartine nella stanza accanto.
Prima di un brindisi, si sa, ogni imprenditore brianzolo che si rispetti, non fa dichiarazioni di guerra. È così che l’avvertimento suona pacato, il ricatto felpato, la voce calda come gli sguardi delle parlamentari adoranti, vestite proprio come piace al Capo: “Abbiamo dato prova di disponibilità straordinaria — prosegue lui – nonostante quello che sentiamo dire dai signori della sinistra”.
Ormai si è capito, il gioco del cerino, con l’obiettivo di scaricare sui “signori della sinistra” la responsabilità della crisi.
Il Cavaliere parla di “stabilità ” e di “responsabilità ”, ma poi annuncia che a breve saranno convocati i gruppi per decidere a maggioranza sul da farsi.
Dice che la crisi farebbe male al paese, ma al tempo stesso spiega che il Pdl, anzi Forza Italia, non tratterà su Iva e Imu. E poi il chiodo fisso: “Le sentenze si rispettano quando sono emesse da un giudice imparziale, quando questo non avviene è giusto criticarle”.
Applausi e tartine. E sul video riparte per l’ottantesima volta l’inno di Forza Italia, con le immagini di una manifestazione dei tempi che furono.
Il Cavaliere ha meno capelli, e pure un bel po’ di chili in meno. Buttiglione invece ha più capelli, unico ad avere il privilegio di avere un’inquadratura col Capo. Rigorosamente cassati i traditori, Fini e Casini.
Nella noia mortale del nuovo inizio succede che le telecamere assaltano le griffatissime Ravetto e Prestigiacomo, per una dichiarazione che dia un titolo e interrompa lo sbadiglio.
Berlusconi si affaccia dal portone, saluta, qualche scatto e via. I tempi dei fuochi d’artificio e delle promesse di miracolo sono passati.
Ognuno dice la sua, sperando che sia quella giusta.
Mariastella Gelmini, a proposito dell’eventualità che Berlusconi si dimetta, taglia corto: “Per me assolutamente no”.
Pochi metri più in là c’è Paolo Romani: “Le dimissioni sono una possibilità . Deve decidere lui”. Segnali di decadenza.
Appunto, Forza Italia
(da “Huffingtonpost)
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