GIU’ LA CASA DEL BLOGGER “SENZA FISSA DIMORA”: EROICA AZIONE DEI VIGILI ROMANI A TRASTEVERE
DA ANNI ROBERTO VIVEVA IN VIA DI MONTE FIORE COL SUO CANE BRENDA, BENVOLUTI DA TUTTO IL VICINATO… SI ERA COSTRUITO UNA PICCOLA DIMORA DOVE C’ERANO CUCINA E COMPUTER, ORA GLI HANNO PORTATO VIA TUTTO
“Se ho avuto la disgrazia di assistere alla morte dei miei genitori, secondo il Comune di Roma, dovrei anche stare sotto la pioggia, senza coperta, senza vestiti.. e senza spaghetti?”.
Questa mattina Roberto, che da oltre 15 anni vive a via di Monte Fiore, a Trastevere, con il suo fedele cane Brenda, si è visto “portar via tutto”, ma non l’ironia.
Alle 8.30 circa la polizia municipale e alcuni funzionari dell’Ama, hanno fatto “incursione” nella casa a cielo aperto che Roberto, ormai un’istituzione nel quartiere, aveva “costruito”, dopo essersi ritrovato a vivere per strada in seguito alla morte dei suoi genitori.
“Mi ero creato il mio mondo e adesso lo stavo abbellendo con i fiori – racconta con un velo di tristezza Roberto – Io sono una persona costruttiva, guardo ciò che mi sta intorno e quello che non va bene lo sistemo”.
In quell’angolo di via di Monte Fiore, “Roberto aveva chiuso tutto con dei teli – racconta Elena, che con suo marito, da quindici anni, vive pochi metri più avanti – teneva tutto pulito, aveva allestito un salottino con due poltroncine rosse di velluto, un comodino con il computer, grazie al quale ogni tanto vedeva le partite con i suoi amici senzatetto, poi un cucinino, con il fornello da campeggio e le provviste di viveri. Aveva un letto arrangiato, costruito con due paletti di legno e, fuori, aveva messo un tavolino con delle piantine aromatiche”.
Nessun problema con i “vicini di casa”, anzi, da questa mattina c’è un continuo via vai di residenti e commercianti di Trastevere che scendono per assicurarsi che Roberto stia bene e per aiutarlo ad affrontare lo sgombero.
Era ben voluto, raccontano e “non aveva mai creato alcun problema di ordine pubblico.
E anche il cane non è aggressivo nè intontito da farmaci o droghe.
Negli anni questo spazio l’ha curato e ha fatto lavori che l’Ama a volte non fa”. Elena ha regalato 50 euro a Roberto e due coperte: “Mi serviranno per mangiare ed iniziare a riorganizzarmi”, ringrazia lui.
“Computer, pacchi di pasta, olio, coperte, comodino, tutti i vestiti, il letto, la poltrona, mi hanno tolto tutto, ma io sono solo con il mio cane, non è un problema grave, si risolve, ma ci sono anche barboni con la famiglia, loro come avrebbero fatto?”.
La storia di Roberto: ha studiato elettrotecnica, classe ’66, dice di saper parlare quattro lingue. “Sono un tecnico, avrei le carte in regola per essere un cittadino modello”. Circa quindici anni fa lavorava all’aeroporto di Zurigo, occupandosi del sistema informatico.
Dopo la morte dei genitori decise di tornare in Italia: “Non avevo alcuna ragione per restare in Svizzera”. Si stabilì inizialmente sotto gli archi di Porta Pinciana, fino a quando non “l’hanno cacciato, murando il posto che si era allestito, poi è andato a vivere sotto i ponti del Tevere”, aggiunge una residente, infine è approdato a Trastevere.
Appena arrivato in Italia si è iscritto all’ufficio di collocamento, racconta, ma non ha trovato facilmente lavoro: l’unica officina a San Lorenzo che lo ha assunto, ha chiuso senza averlo mai pagato.
Nessun familiare lo ha aiutato e i pochi soldi messi da parte grazie al lavoro in Svizzera “li ho buttati nelle caparre delle case dove poi non sono più andato”.
Roberto cura anche un suo blog personale, dove racconta tutto ciò che gli succede, “adesso aggiornerò, scrivendo cosa mi hanno fatto oggi, ma sarà un’impresa ardua, mi hanno tolto anche l’antenna”.
Il blog si chiama “Vivere senza fissa dimora”, l’ha aperto su Blogspot.com. Roberto, però, ha bisogno di sfogarsi anche con le persone, non solo con un pc: “Mi hanno detto che non va bene stare qui col comodino ma solo col cartone, però non devo farmi vedere dai turisti e, ogni tanto, devo cambiare posto. Qui in Italia non ci date la possibilità di organizzarci la vita”.
Rivolge un appello anche alle istituzioni, in particolar modo si rivolge al sindaco Ignazio Marino: “Dovete mettere i bagni pubblici e le strutture di accoglienza devono essere fatte anche per accogliere gli animali, perchè quasi tutti noi barboni abbiamo un cane ed è come un fratello. Nei punti più frequentati, dove la gente dorme per strada, ci deve essere un presidio fisso come punto informazione per barboni che si trovano in difficoltà , dovete stare sul campo perchè, per capire il problema, lo dovete vedere. Anche gli zingari hanno la rappresentanza in Comune, i barboni hanno solo Sant’Egidio che ci campa su di noi. Poi è necessario cambiare la legge sull’occupazione del suolo pubblico: io devo sentirmi libero di scegliere dove stare, sennò non chiamatelo suolo pubblico e se io lo curo, è più mio che di altri”.
(da “la Repubblica”)
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