IN ITALIA AIUTI DI STATO AI GIORNALI, IN AMERICA SEMPRE PIU’ FUSIONI FRA TESTATE
SLITTATO AL 2010 IL NUOVO REGOLAMENTO SULL’EDITORIA CHE PREVEDE UNA RIDUZIONE DEI CONTRIBUTI ATTUALMENTE DI 130 MILIONI DI EURO… NEGLI USA CRESCONO I CASI DI FUSIONE TRA GIORNALI CONCORRENTI… IL NEW YORK TIMES ACCETTA PER LA PRIMA VOLTA PUBBLICITA’ IN PRIMA PAGINA
In Italia slitta di un anno, all’1 gennaio 2010, l’applicazione del nuovo regolamento sull’editoria proposto dal governo e che nelle intenzioni dovrebbe scongiurare sprechi e razionalizzare la spesa.
Si cerca una legge il più possibile condivisa, ma sempre improntata ad aiuti di Stato all’editoria, anche se in misura ridotta di un 30%.
In verità la nuova normativa avrebbe dovuto entrare in vigore già quest’anno, ma siamo ancora lontani dalla meta. Anche nel 2009 ci sarà quindi l’esborso di contributi indiretti per ben 130 milioni di euro.
Si tratta in pratica delle facilitazioni che tutte le pubblicazioni ricevono in termini di Iva e soprattutto del prezzo di favore per l’invio tramite posta delle copie in abbonamento. Nel frattempo si promuoverà una riunione degli “stati generali dell’editoria” con gli esperti del ramo chiamati a dare suggerimenti.
L’indirizzo del Governo sarebbe la semplificazione delle procedure per l’accesso ai contributi, la parametrazione dei contributi in base alle vendite effettive e non più alla tiratura, la trasformazione delle cooperative in cooperative editoriali.
In pratica basta soldi a giornali che non vendono e che non vengono neanche distribuiti in edicola. Comunque il Governo si impegna, alla luce della crisi del settore, a stanziare contributi per l’occupazione”.
Con questo rinvio e questa ambigua conclusione, non vorremmo che l’anno di rinvio in realtà non fosse la solita pezza politica per far dimenticare un problema finora gestito dai partiti per incamerare quattrini dei contribuenti.
Da che mondo è mondo se un giornale non vende, non si capisce perchè debbano essere i contribuenti a mantenerlo in vita. Siamo il Paese che elargisce sempre contributi evidentemente…
Facciamo un salto negli Usa e vediamo che succede nello stesso ambiente.
I quotidiani texani Dallas Morning New e Fort Whort Star-Telegram che fino a una decina d’anni fa si facevano una guerra feroce, ora per fronteggiare la crisi e limitare i tagli di personale, hanno deciso di cooperare.
Una rivoluzione senza precedenti e non un caso isolato, provocata dalla migrazione dei lettori e della pubblicità verso internet e dalla recessione economica.
Perfino il blasonato New York Times, al terzo posto nella top 100 dei giornali Usa, dopo Us Today e Wall Street Journal, ha violato la sua prima pagina, inserendo uno spazio pubblicitario venduto alla Cbs per fronteggiare la crisi, dopo avere appena un mese fa ipotecato anche il grattacielo di Manhattan.
Altri grandi quotidiani americani, come The Wall Street Journal, Usa Today e Los Angeles Time vendono spazi in prima, ad eccezione del Washington Post e pochi altri.
Prima si coprivano gli avvenimenti personalmente, ora molti giornali si affidano alle agenzie. Le sinergie riguardano gli eventi di routine e le conferenze stampa.
L’editore del Dallas Morning News ha ridotto i salari del 13%. Al Forth Worth sono stati operati per due volte tagli al personale del 10% ciascuno.
Giusto un mese fa l’editore del Chicago Tribune e del Los Angeles Times aveva dichiarato bancarotta a causa della crisi dei lettori e della pubblicità .
Solitamente quanto avviene negli States, anticipa di qualche anno gli avvenimenti analoghi in Europa e nel nostro Paese: certamente le prospettive per la nostra carta stampata non sono rosee, ma non pensiamo che lo Stato debba essere la Croce rossa permanente per tutte quelle operazioni che hanno risvolti e interessi politici evidenti nel tenere in vita testate editoriali che navigano nei debiti. Mentre per altri settori e categorie lo Stato non sgancia un euro.
Se un’azienda normale non vende chiude, non comprendiamo perchè questa regola semplice e commerciale, non debba valere anche per editori di quotidiani o riviste, da troppi anni privilegiati dalle varie parrocchie partitiche italiane.
Lapalissiano o no?
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