INTERVISTA A LYDIA GALLI DI HUMAN RIGHTS WATCH: “BIELORUSSIA E POLONIA GIOCANO A PING PONG COI MIGRANTI”
“RESPINGIMENTI ILLEGALI, ABUSI E VIOLENZE. E L’UE NON DICE NULLA”
Lydia Gall, ricercatrice senior sull’Europa orientale e sui Balcani occidentali presso Human Rights Watch, ha visto con i suoi occhi gli abusi e i respingimenti incrociati di cui sono vittime i migranti bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia.
A breve pubblicherà un rapporto completo sulle testimonianze raccolte alla frontiera della vergogna europea.
In questa intervista ad Huffpost, Gall anticipa alcuni contenuti da cui emergono le piene responsabilità di tutti gli attori coinvolti – Bielorussia, Polonia ed Unione Europea.
In ottobre hai trascorso due settimane al confine tra Bielorussia e Polonia. Che situazione hai trovato?
“Ho trovato una situazione di respingimenti in stile ping-pong. I migranti mi hanno raccontato di essere stati ingannati dagli agenti di viaggio in Medio Oriente e di aver creduto alla promessa che fosse facile raggiungere l’UE. Una volta a Minsk, sono stati sistemati in hotel e portati in taxi al confine. Qui, dopo aver vagato per un po’, spesso venivano trovati dalle guardie di frontiera bielorusse che li aiutavano fornendo le coordinate GPS e anche tagliando le recinzioni verso la Polonia. Hanno capito di essere all’inferno quando sono stati catturati dalle guardie di frontiera polacche e riportati illegalmente in Bielorussia. È così che è iniziato il ping-pong: nella maggior parte dei casi, quando le guardie di frontiera bielorusse trovano le persone dopo i respingimenti, le radunano in siti all’aperto, tenendole lì senza riparo, cibo o acqua per giorni o settimane, costringendole a ripetere all’infinito i tentativi, quasi sempre fallimentari, di raggiungere la Polonia”.
Quali abusi hanno denunciato i migranti che hai incontrato?
“Le persone intrappolate in questa zona di confine mi hanno raccontato di abusi da parte delle guardie di frontiera sia polacche sia bielorusse.
Le guardie di frontiera polacche sono violente, usano anche il taser, respingono queste persone oltre il confine bielorusso, in aperta violazione della legge. A volte consegnano loro un po’ di acqua e cioccolata, presumibilmente perché conoscono le condizioni in cui li stanno spingendo.
La separazione delle famiglie è una pratica comune di cui sono responsabili anche le guardie di frontiera polacche. Diverse persone con cui ho parlato mi hanno raccontato di essere state separate dai loro familiari. Alcuni mi hanno detto di essere stati ricoverati in Polonia dopo essere stati catturati dalle guardie polacche, mentre i familiari con cui viaggiavano sono stati respinti in Bielorussia. Tra questi una madre che è stata separata dal figlio di 5 anni, che si trova da qualche parte in Bielorussia con altri membri della famiglia.
Per quanto riguarda la Bielorussia, le guardie di frontiera commettono una serie di violenze e abusi privando i migranti dell’assistenza umanitaria di base e impedendo a queste persone di lasciare la zona di confine per tornare a Minsk o nei paesi d’origine. Violenze, furti ed estorsioni sono all’ordine del giorno”.
L’Unione Europea ha deciso di estendere il regime di sanzioni contro la Bielorussia. Ma in questa crisi, anche la Polonia sta violando il diritto internazionale con i respingimenti illegali. Tuttavia, nessuna parola di condanna è arrivata dalle autorità europee. Qual è il tuo commento su questo?
“È vergognoso che l’UE ancora una volta non riesca a mettere insieme una risposta matura e adeguata agli abusi in corso ai suoi confini. Il minimo che le istituzioni dell’UE potrebbero fare è spingere la Polonia a consentire immediatamente l’accesso umanitario all’area di confine (tutta) e permettere l’accesso a osservatori indipendenti, compresi investigatori sui diritti umani e giornalisti. Bruxelles dovrebbe anche spingere Varsavia a porre fine immediatamente ai suoi rimpatri sommari e alle espulsioni collettive, premendo per allinearla agli obblighi internazionali tanto della Polonia quanto dell’UE”.
L’area al confine tra Bielorussia e Polonia è ancora interdetta alle organizzazioni internazionali e alla stampa. L’UNHCR e l’OIM hanno avuto un breve accesso per offrire aiuti la scorsa settimana, denunciando una situazione molto grave. Cosa ne pensi di queste restrizioni sulla capacità di fornire aiuto e documentazione?
“Gli abusi continuano nell’oscurità; il fatto di voler limitare l’accesso in questo modo suggerisce che le autorità (da entrambe le parti) abbiamo qualcosa da nascondere. Tali restrizioni sono potenzialmente mortali poiché le persone bloccate e intrappolate in quest’area (su entrambi i lati del confine) sono al di fuori della portata degli operatori umanitari. Inoltre, interferiscono seriamente con la capacità dei giornalisti e degli investigatori dei diritti umani di documentare i fatti, non potendo accedere a parti del territorio e alle persone. Restrizioni come queste dovrebbero essere immediatamente revocate”.
La Polonia e l’UE stanno affrontando questa crisi migratoria con un assetto da guerra. Eppure stiamo parlando di qualche migliaio di disperati che provengono principalmente dall’Iraq, dalla Siria, dallo Yemen, dall’Afghanistan… Come esce l’Unione Europea da questa “battaglia” ad armi impari?
“Torniamo a quello che dovrebbe essere davvero l’obiettivo qui – la sofferenza umana di persone, donne, bambini, uomini – che sono intrappolati, bloccati e maltrattati dalle autorità sia polacche sia bielorusse. È una responsabilità condivisa da Polonia e Bielorussia quella di agire sul vero problema: salvare vite umane al confine. L’UE dovrebbe per prima sostenere e farsi promotrice di tali sforzi”.
Nel tuo commento sul sito di HRW scrivi che “questa è una crisi umana, e coloro che vi sono intrappolati hanno un disperato bisogno di una risposta umana e matura”. Come dovrebbe essere articolata questa risposta?
“Anziché parlare di guerra, erigere recinzioni di filo spinato e rappresentare i migranti come una minaccia, la risposta a questa crisi dovrebbe essere quella di fornire assistenza umanitaria immediata, consentire l’accesso agli aiuti umanitari, permettere a chi si trova sul territorio polacco di presentare domande di protezione internazionale e trattarle in modo equo. Basterebbe, in fondo, restare un po’ umani”.
(da Huffingtonpost)
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