INTERVISTA A VERONESI: “NOI OCCIDENTALI MATERIALISTI E ARROGANTI, VEDIAMO SOLO FIAMMELLE DI RELIGIOSITA'”
“NON SONO CREDENTE, IN PASSATO MI SENTIVO OPPRESSO DA REGOLE CHE DOVEVO RISPETTARE”
Esclusi i valori, gli obiettivi, i metodi, il credo: “La strategia di Gesù Cristo e i dodici apostoli è uguale a quella di Al Qaeda. Certo, i cristiani delle origini erano una banda di non violenti che si scagliavano contro i codici dell’ortodossia ebraica, radicalmente anti integralisti. E questo segna una differenza abissale con il terrorismo islamico. Tuttavia, nella strategia del lupo solitario, del ‘chi non è contro di me è con me’, l’analogia è lampante”.
Sandro Veronesi sa che qualcuno potrebbe essere turbato dalle sue parole: infatti, dal monologo sul Vangelo di Marco che interpreta a teatro, ha tolto qualsiasi riferimento ai seguaci di Osama Bin Laden: “Dopo la strage del Bataclan, mi sembravano frasi troppo forti”.
Un paio d’anni fa, ha scritto un libro che ha si chiama “Non dirlo” (Bompiani), da cui ha tratto il suo spettacolo teatrale.
Racconta il Vangelo di Marco come una straordinaria macchina di conversione, un testo concepito per colpire l’immaginario dei cittadini dell’Impero Romano — con l’azione, il ritmo, la forza — e costringere i lettori a riconoscere che Gesù Cristo era il figlio di Dio e che non restava loro che venerarlo.
Bisogna considerare che per il cristianesimo conquistare il mondo romano significava conquistare il mondo. Per questo le parole di Marco hanno un’importanza vitale. Fallita questa missione, il cristianesimo sarebbe rimasto una variante dell’ebraismo. Viceversa, si sarebbe imposto universalmente.
“Ho ricevuto il Vangelo di Marco in dono da Papa Wojtyla, che lo ha spedito a tutte le famiglie romane nell’anno del Giubileo — racconta all’Huffington Post lo scrittore, seduto in una bar di Monteverde Vecchio, a Roma —. Non sono un credente, ma sono molto sensibile ai regali. Ho iniziato a leggerlo facendo la fila per il collaudo di un auto di seconda mano alla Cecchignola. Quando l’ho finito, credevo che il Papa avesse inviato un riassunto. La maggior parte delle cose che ricordavo del Vangelo — il discorso della Montagna, la Madonna, la nascita di Cristo — non c’erano. Mi sono incuriosito. Ho cercato spiegazioni. Ho studiato. E ho capito che c’era un perchè.
Quale?
Ogni Vangelo si rivolge a un popolo da convertire. Il Regno di Israele e la Giudea (Matteo), l’Asia minore (Luca), gli altri pagani (Giovanni). Marco si rivolgeva all’Impero Romano. E a un popolo dominante, brutale ma non sprovveduto, con una raffinata tradizione letteraria, non puoi raccontare stronzate. Devi coinvolgerlo, rapirlo, incalzarlo, lasciarlo senza fiato. Il Vangelo di Marco corre a una velocità forsennata. È il più breve. Sacrifica tutto il superfluo. Tutto ciò che i romani non potrebbero capire e che li annoierebbe. Sacrifica persino le parole di Gesù. È il Vangelo dell’azione. Non della sapienza teologica. Nella versione originale, si chiude con la parola: “Paura”. Se credi in Cristo, rischi la vita: devi avere coraggio per farlo. Se non ci credi, è perchè sei pavido. Un popolo potente e fiero come quello romano cosa avrebbe dovuto scegliere?
Ha convertito anche lei?
Quando ero ragazzo, ho fatto il catechismo e ricevuto i sacramenti: il battesimo, la prima comunione, la cresima. La mia era una famiglia laica. Non c’erano nè credenti, nè ostilità nei confronti della Chiesa. Fino a dodici tredici anni, credevo; ma credevo in maniera schematica, superficiale. Mi sentivo oppresso da tutte quelle regole che dovevo rispettare. Avevo la sensazione di essere spiato da un occhio che scrutava qualsiasi cosa facessi. Mi pesava dover render conto di tutto. E non provavo nessuna emozione nel pregare: non sentivo veramente la presenza di Cristo nella mia vita. Mi sono allontanato dalla Chiesa con un leggero senso di colpa, ma mi sono subito reso conto che non mi sarebbe successo niente. Da allora, non mi sono mai più riavvicinato. Nemmeno dopo aver studiato così tanto i testi sacri. Continuo a non credere. Però credo di più nelle persone che credono.
Avverte la presenza di Cristo nel mondo occidentale?
Noi occidentali siamo come i cittadini dell’Impero Romano. Potenti, arroganti, tecnologicamente avanzatissimi, tendenti a sentirci padroni del mondo, con un desiderio di spiritualità che si disperde nei mille rivoli della new age, dell’orientalismo, dei karma. Vediamo fiammelle di religiosità , non la luce fortissima di Cristo. Eppure, se cerchi la spiritualità , nella tradizione ne trovi quanta ne vuoi. Ho incontrato persone che dopo aver assistito al mio monologo sul Vangelo di Marco si sono sentite stravolte. Hanno ritrovato motivazioni che stavano perdendo. Hanno sentito di nuovo la fede. Mi hanno ringraziato. Ma non è merito mio: è il Vangelo di Marco che è stato costruito per scuoterci.
Solo perchè è un grandissima storia?
Se Cristo fosse solo un fenomenale personaggio, avremmo scritto al massimo un romanzo o una serie televisiva. Nel Vangelo c’è la Croce. Il simbolo dell’infamia che si trasforma nell’icona della gloria eterna. Nel Vangelo originale di Marco la resurrezione nemmeno è raccontata. È la passione di Cristo la cosa più importante. Il fatto che egli muoia e muoia in quel modo. Questo non se l’è inventato Marco. C’era. Erano anni che veniva tramandato oralmente. Gesù Cristo muore inchiodato a una croce come i criminali più infidi. Questo semplice fatto, è sconvolgente. Accende su di lui una luce potentissima. Che nessuno può non vedere.
Però, leggendola, io ho avuto la sensazione che per lei la narrativa fosse più importante della sacralità .
Gesù Cristo non è un personaggio sacro. Quello sguardo viene dopo. Sono i pittori, i musicisti, gli artisti, che, retrospettivamente, lo raffigurano così. Gesù Cristo era un palestinese zozzo, che s’incazzava, aveva fame, morto come un delinquente. Era circondato da persone inadeguate, che la notte prima che lo arrestassero erano ubriache, simboleggiando la nostra inadeguatezza ad accogliere il figlio di Dio. Non potevi pensare che queste persone facessero la rivoluzione. Che conquistassero il mondo. Senza avere niente a disposizione. Noi ora vediamo l’aureola. Nei film, Gesù ha i denti sbiancati. È pettinato. Biondo, con gli occhi azzurri. Ma era uno straccione che non aveva nulla. È questa la forza potentissima che sprigiona il Vangelo.
Molte persone così sono morte in croce e non hanno avuto lo stesso seguito.
Cristo compie un miracolo e intima a chi lo riceve: “Non dirlo”. Non si deve sapere quello che fa. È il suo sacrificio che renderà tutto chiaro. È la croce. Quando dicono di togliere il crocifisso dagli edifici pubblici, io capisco il senso. Una volta, portai mio figlio di tre anni in un una chiesa. Io guardavo gli affreschi, lui guardava Cristo in croce. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Quando siamo usciti, non mi ha chiesto se è risorto. Mi ha chiesto perchè, come, quando. L’immagine della croce ti mette spalle al muro. È truculenta. Ti obbliga a cercare un senso. Altrimenti, non sarebbe diventata il simbolo del cristianesimo.
Ma perchè la morte di Cristo è così forte?
Il potere uccide. E facendolo, ritualmente, rinnova il suo dominio. Per la prima volta, il cristianesimo glorifica una vittima della tortura. Quante ce ne sono nel mondo? Puoi vedere Cristo in qualsiasi condannato a morte del regime cinese, in un omosessuale ceceno seviziato, in un cristiano macellato in Nigeria. La differenza è che Cristo, di fronte al potere che minaccia di farlo fuori, sceglie la morte. E nel momento in cui io scelgo la morte che tu minacci di infliggermi, ti disarmo. Tu stai facendo quello che voglio io. Non puoi più esercitare alcun dominio su di me.
Anche i terroristi islamici scelgono la morte
È la strategia di chi non ha nulla: cosa puoi fare quando hai una banda di disperati che non hanno niente da perdere? Gesù Cristo e gli Apostoli erano non violenti e combattevano l’integralismo. Però, la loro strategia non è diversa da quella dei lupi solitari dell’estremismo islamico. Chiunque non era loro nemico, era una amico: dunque, aveva libertà di predicare in nome di Cristo. I terroristi islamici uccidono. Reclutano persone che non hanno mai visto in faccia dicendo loro che possono lanciarsi con un camion sulla folla in nome di Allah. Siamo su due piani completamente diversi. Gli uni lasciano libertà di diffondere il Vangelo, gli altri di ammazzare. Però, la strategia è la stessa.
Saranno pure deboli, però noi ci sentiamo assediati.
Ne è sicuro? Sono stato a Parigi la settimana scorsa. La gente riempie i caffè come se non fosse successo nulla. Se fossimo davvero terrorizzati, nessuno salirebbe più su un aereo, nè andrebbe a una partita di calcio. Non ceneremmo fuori, nè prenderemmo una metropolitana. Avremmo paura persino di passeggiare per le vie del centro. È questa la nostra forza. Hanno ammazzato centinaia di noi e noi ne offriamo altrettanti. Prego, fate pure. Tanto continueremo a vivere come vogliamo. Poi, bisognerà vedere chi vince.
E mettiamo che vinca l’Islam, come prefigura Michel Houellebecq in “Sottomissione”.
Se dovesse succedere che fra duecento anni ci saranno più moschee che chiese, chi è nato in quel mondo troverà il modo di adattarsi.
Non la inquieta la prospettiva?
Se qualcuno minacciasse di togliermi la libertà d’espressione, mi preoccuperei. Ma il cristianesimo non ha il monopolio dei diritti. Potrebbe benissimo accadere che l’Europa diventasse musulmana senza che questo minasse le fondamenta laiche del nostro vivere. In questo momento, l’Islam non ha la stessa modernità del cristianesimo, ma non è detto che sarà sempre così.
Mi sorprende la serenità con cui lo dice.
Se pure i cristiani dovessero diventare una minoranza nel mondo occidentale, non credo che la croce, Gesù Cristo, i Vangeli scomparirebbero. Semplicemente, conviverebbero accanto a un’altra fede. E che cosa dovremmo fare, una guerra di religione? Lei sarebbe disposto a combatterla?
(da “Huffingtonpost”)
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