INTERVISTA ALLA VELOCISTA TIMANOVSKAJA: “IN BIELORUSSIA MI ASPETTAVANO IL CARCERE O L’OSPEDALE PSICHIATRICO”
L’ATLETA E’ STATA SALVATA DALLA POLIZIA GIAPPONESE ALL’AEROPORTO MENTRE LE AUTORITA’ BIELORUSSE CERCAVANO DI RIMPATRIARLA CON LA FORZA, ORA VIVE SOTTO SCORTA A VARSAVIA
La conversazione sta per iniziare quando Kristina Timanovskaja chiede di rinviarla di altri cinque minuti per riprendere fiato. L’atleta bielorussa di 24 anni arriva al luogo dell’incontro a Varsavia circondata da agenti di polizia e ha bisogno di una pausa dopo aver vissuto in prima persona un terremoto politico internazionale .
“Erano le mie prime Olimpiadi e me le hanno portate via”, lamenta la velocista nella prima intervista concessa dopo essere arrivata a Varsavia a un gruppo di giornali: El País, Gazeta Wyborcza e Die Welt, che fanno parte dell’alleanza editoriale Lena.
È giovedì ed è arrivata da solo poche ore in Polonia, dove è stata accolta dopo aver rifiutato di essere rimpatriata a Minsk dai Giochi di Tokyo 2020 a cui ha partecipato, per paura di ritorsioni per essersi lamentata dei suoi allenatori su Instagram
I problemi dell’atleta sono iniziati lo scorso fine settimana. Ma non per aver criticato le politiche repressive del regime di Aleksandr Lukashenko, che ha fatto ricorso alla mano pesante per mettere a tacere le proteste dell’opposizione esplose un anno fa per aver considerato fraudolente le elezioni che mantengono al potere il contestato presidente.
Le lamentele di Timanovskaja sono arrivate dopo che il Comitato olimpico bielorusso l’aveva iscritta a una competizione per cui non si era allenata. Tanto è bastato perché provassero a metterla con la forza su un aereo per Minsk domenica scorsa, ma l’atleta 24enne ha cercato aiuto e ha trovato rifugio all’ambasciata polacca a Tokyo, da dove mercoledì è volata a Vienna e poi a Varsavia.
Secondo il regime di Lukashenko, la velocista soffre di “disturbi mentali”. Timanovskaja afferma invece che, se fosse stata riportata in Bielorussia, avrebbe rischiato la prigione o il ricovero forzato in un ospedale psichiatrico.
Adesso, insieme al marito, è sotto la protezione di un visto umanitario in Polonia e non sa quando potrà tornare a casa. La sua speranza è di rivedere presto i suoi genitori. Ma per ora non potrà esaudire questo desiderio: Lukashenko ha ordinato la chiusura del confine con la Polonia.
Dovrebbe essere ai Giochi olimpici di Tokyo in questo momento e invece si trova a Varsavia. Avrebbe mai pensato che ciò potesse accadere?
“Nient’affatto. Non avevo in programma di venire in Polonia. Sono stata spesso in questo Paese come turista. Ma non avrei mai pensato che avrei deciso così in fretta di venire qui o, meglio, di fuggire. Avevo altri programmi per il futuro. Al ritorno da Tokyo, io e mio marito volevamo andare a trovare i nostri genitori, viaggiare, lavorare al nostro nuovo progetto di fitness e iscriverci a corsi sportivi professionali. Sono ancora sotto shock e ancora non ho capito cosa sta succedendo”.
Si sente sicura in Polonia?
“Sì, almeno sono riuscita a dormire un po’. Nei giorni precedenti non avevo chiuso occhio. Ma quando i diplomatici polacchi in Giappone hanno iniziato a prendersi cura di me, ho capito che tutto sarebbe andato bene. Sono sotto la protezione delle autorità polacche e della diaspora bielorussa. Sono sana, forte, solo un po’ scioccata”.
Quando ha capito che un ritorno in Bielorussia sarebbe stato per lei pericoloso?
“Il giorno in cui il personale del Comitato Olimpico Nazionale (Nok) mi ha accompagnato all’aeroporto, alcuni membri della nostra squadra sono venuti a trovarmi la mattina presto. L’allenatore e gli uomini del Nok continuavano a dire che dovevo andare a casa, che dovevo fare subito i bagagli, e che, se avessi tentato di fuggire e dunque avessi agito contro la volontà delle autorità, mi sarei dovuta aspettare conseguenze serie. A quel punto era già chiaro che i rappresentanti di livello superiore avevano preso una decisione. Successivamente sono stata visitata da uno psicologo, un uomo che ha cercato di farmi pressione e che mi ha spaventato. Mi ha detto più volte che avevo problemi alla testa e ha cominciato a dirmi cose incomprensibili sugli stati maniacali. Ha spiegato che persone in una condizione come la mia sono inclini al suicidio”.
Poi è cominciata la propaganda televisiva?
“Era già in corso. Ho appreso dai miei genitori che c’era del materiale su di me alla televisione di Stato che mi descriveva come una personalità disturbata in cattive condizioni di salute mentale, che danneggiava l’intera squadra. I miei genitori poi mi hanno detto che non potevo tornare in Bielorussia. Mi sono fidata di loro. Ho pensato che forse qualcuno li aveva contattati e li aveva avvertiti che ci sarebbero stati problemi per me al mio ritorno”.
Che genere di problemi?
“Forse sarei stata rinchiusa in una prigione o in un ospedale psichiatrico, se avevano già costruito una storia del genere”.
E tutto questo solo per il suo video su Instagram?
“Certo, ho registrato il video sull’onda dell’emozione. Non ci ho riflettuto molto. Poi più tardi, quando sono stata minacciata, l’ho cancellato. Ma non era una dichiarazione politica. Ero solo indignata per la decisione dei funzionari e degli allenatori bielorussi che, senza preavviso, volevano mettermi a gareggiare in una disciplina per la quale non mi ero mai allenata. Quando ho cercato di spiegarlo, hanno ignorato i miei messaggi anche se ho visto che li avevano letti e qualcosa si è rotto in me. Ho sentito che non avevano alcun rispetto per gli atleti, per il mio lavoro e per l’impegno che metto nello sport e che si vede quando rappresento il nostro Paese. Mi sono espressa in questo modo perché ho sempre parlato apertamente della mia vita e dei miei sentimenti su Internet. Non pensavo che questa vicenda, che riguarda lo sport, sarebbe diventata uno scandalo politico internazionale. Né immaginavo che all’aeroporto mi sarei rivolta a un ufficiale di polizia giapponese con una frase del dizionario online: “Aiuto, stanno cercando di portarmi via con la forza! Sono in pericolo!”.
Se potesse tornare indietro nel tempo, lo rifarebbe?
“Penso che alzerei la voce su questo tema. Forse non in questo modo. Forse in modo meno emotivo, ma non tornerei indietro nel tempo. Se se mi fossi espressa in modo più moderato, non so se avrebbe portato altre conseguenze”.
Era in pericolo. Ma ora ha perso qualcosa che molti sportivi sognano: la partecipazione alle Olimpiadi.
“Mi fa molta rabbia. Mi hanno rubato la mia occasione. Mi preparo ai Giochi da cinque anni. Non è stata una passeggiata. Oltre allo sforzo quotidiano, alla dedizione e alla disciplina, ci sono state altre difficoltà: infortuni, malattie, compreso il coronavirus, e ho cambiato allenatore. L’allenamento è stato difficile, ma sapevo di avere un obiettivo: correre i 200 metri meglio che potevo. Volevo solo questo. Questa doveva essere la mia prima Olimpiade e me l’hanno portata via”.
Inizialmente voleva trasferirsi in Austria. Ora rimarrà in Polonia?
“Venerdì incontrerò i rappresentanti del Comitato olimpico polacco. Poi si deciderà se potrò continuare la mia carriera sportiva e a quali condizioni. Pensavo all’Austria, perché lì vive il mio allenatore. Ma la Polonia ha risposto più rapidamente di tutti, mi ha offerto un visto umanitario, protezione e aiuto. Inoltre, i miei genitori mi hanno detto di scegliere la Polonia. Vivono a Brest, che è molto vicina. Possono venire a trovarmi. Anche qui ho molti amici. Una parte di loro si è trasferita di recente dalla Bielorussia. Ho la sensazione che non resterò qui da sola”.
Come hanno reagito gli altri atleti? Il saltatore in alto Maksim Nedasekau, bronzo a Tokyo, sembra essere molto critico nei suoi confronti. Ha detto che lei è presuntuosa e che merita questo destino.
“Dopo la mia partenza, non ho avuto contatti con gli atleti del Villaggio olimpico. Forse non potevano parlare con me. Non lo so. Non mi pento di nulla. Molti devono ancora entrare in gara. Non possono restare coinvolti in una situazione del genere e lasciarsi distrarre. Ora devono pensare prima di tutto a loro stessi. Tuttavia, molti altri atleti bielorussi mi hanno scritto e mi hanno espresso la loro solidarietà. Per quanto riguarda Maksim, posso solo dire che mi congratulo con lui per la medaglia. È un atleta fantastico. Non posso dire lo stesso di lui come persona”.
Suo marito ha reagito rapidamente. Ha preso la decisione di lasciare il Paese nel giro di una mezz’ora. E i suoi genitori?
“Voglio solo precisare che non sapevo nemmeno che mio marito avrebbe lasciato la Bielorussia. L’ho scoperto quando era già a Kiev. Dopo la mia dichiarazione, ha avuto la sensazione che non sarei tornata in Bielorussia e che anche lui fosse in pericolo. I miei genitori sono rimasti a casa. Mio padre ha una malattia cardiaca. Tutta questa situazione ha contribuito al peggioramento delle sue condizioni. Sono in costante contatto con lui”.
Nonostante tutta questa storia, continua a dire di non essere coinvolta in politica.
“Sono una donna sportiva. Non so niente di politica, non mi sono mai interessata alla politica. Non ho mai detto nulla sul tema della nostra leadership. Lo sport dovrebbe funzionare al di fuori della politica. Ho sempre cercato di tenermene fuori il più possibile. Mi sono allenata, lo sport è tutta la mia vita. Questo è ciò su cui mi sono concentrata”.
L’anno scorso molti atleti bielorussi si sono schierati con l’opposizione, hanno rilasciato dichiarazioni contro i brogli elettorali e contro la violenza.
“L’anno scorso, durante le proteste, è stato molto difficile. Quello che è successo mi ha fatto male, tanto che ho dovuto interrompere in anticipo una competizione. Non è che non vedessi o non volessi vedere cosa stesse succedendo. Mi sono espressa pubblicamente, ho pubblicato un post su Instagram in cui condannavo l’uso della violenza contro i manifestanti pacifici. Sono contro ogni tipo di violenza”.
E gli altri atleti? Ricevono minacce?
“Non lo so. Non posso garantire per gli altri. A me è successo per la prima volta”.
Aleksander Opeikin, presidente della Federazione bielorussa per la solidarietà sportiva, alla quale ha chiesto aiuto, ha dichiarato in un’intervista a “Gazeta Wyborcza” che gli atleti bielorussi sono oggi più minacciati che mai.
“Senza dubbio. Gli atleti pensano sempre molto a che cosa dire in Bielorussia perché possono esserci conseguenze spiacevoli. Questa volta non mi sono trattenuta… fortunatamente o purtroppo”.
Ora sarai un’atleta coinvolta in questioni politiche?
“No. Una persona che non conosce la politica non dovrebbe occuparsene. Tutto quello che voglio fare è continuare la mia carriera sportiva”.
Il rapimento di Roman Protasevich, questa settimana il sospetto omicidio di un attivista dell’opposizione bielorussa a Kiev: fino a che punto si spingerà il regime in Bielorussia?
“È una domanda difficile. Seguo le notizie, conosco questi episodi, ma non sono in grado di valutare la situazione.”
Se Aleksandr Lukashenko le desse la garanzia che non le succederebbe nulla, tornerebbe a casa?
“Mia madre mi ha già detto che qualcuno le ha fatto un’offerta. Non posso dire se provenissero dall’amministrazione del Presidente, soprattutto in questi tempi in cui ci sono così tante false informazioni. Ma nella situazione attuale non credo di poter tornare in Bielorussia”.
Quando tornerebbe? E in che tipo di Paese?
“Quando, non lo so. Ma so che dovrebbe essere un Paese sicuro”.
(da agenzie)
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