INTERVISTA ALL’ECONOMISTA DANIEL GROS: “ALTRO CHE FLESSIBILITÀ, IL POTERE CE L’HA LA COMMISSIONEâ€
“LE RIFORME NON DANNO AUTOMATICAMENTE DIRITTO ALLA FLESSIBLITA'”
«Mi sembra fuori luogo, o perlomeno prematuro, quest’ottimismo sulla “conseguita flessibilità ” in Europa. Perchè tutti parlano di accordo fra Stati? C’è solo una sorta di intesa fra il premier italiano e il cancelliere tedesco sul relativo ammorbidimento di alcuni parametri ma nulla è deciso, tutto andrà verificato con la nuova Commissione». Daniel Gros, il tedesco che si laureato in economia alla Sapienza di Roma prima di andare a prendere il PhdD a Chicago, direttore del Ceps di Bruxelles (Centre for European Policy Studies), getta acqua sul fuoco.
«Attenzione — insiste — perchè non basterà neanche l’appoggio del presidente Juncker, che pure è stato nominato con il decisivo appoggio italiano e tedesco, perchè servirà una maggioranza forte all’interno della Commissione e soprattutto la convinzione ferma del nuovo commissario agli Affari Economici che, come insegna Olli Rehn, è molto più potente del successore di Barroso».
Però, professore, converrà che un appoggio politico di base è propedeutico a qualsiasi accordo. Oppure è inutile?
«Senta, le ricordo che ci sono delle regole comuni fissate con il Six Pack, molto rigide, precise e cogenti. L’Italia è stata fra i più convinti sostenitori di esse, ora vuole disattenderle? E gli altri, alla prima occasione le bypassano? Non si possono fare e disfare le norme a seconda degli accordi politici».
Insomma Renzi ha sbagliato indirizzo andando a tirare per la giacchetta la Merkel sino a farle ammettere che bisogna essere più flessibili?
«Intendiamoci, Renzi è stato molto bravo nel suo approccio all’Europa. Ha condotto una campagna elettorale basata non sulla lamentazione perchè l’Ue è un “cattivo tiranno” ma tutta in positivo sull’idea dell’integrazione, e ha conseguito una vittoria nettissima. A lui va buona parte del merito se nel Parlamento di Strasburgo c’è una solida maggioranza pro-Europa. Ora però deve fare un uso attento del suo prestigio e non favorire lo scavalcamento di regole comuni che sono invece molto preziose. Mi sembra un po’ arbitrario pretendere che le riforme diano automaticamente diritto alla flessibilità ».
Ma, guardando nel merito, non ritiene che se viene accordata questa benedetta flessibilità all’Italia, ne potrebbe uscire un quadro di sviluppo dal quale alla fine beneficerebbe tutta l’Europa?
«Guardiamola al contrario: l’Italia non dovrebbe chiedere più margini per se stessa. Cosa potrà ottenere? Lo 0,1-0,2% in più? Sarebbe produttivo invece provare a convincere la Germania a spendere di più. È l’unica che se lo può permettere: dovrebbe investire sulle sue infrastrutture, sul mercato interno, la produzione industriale. Allora sì che i benefici per tutta l’Unione sarebbero evidenti e tangibili. Sarebbe una bella prova di unità : quasi miracolosamente da un sondaggio post-elettorale è uscito che il 40% degli europei ancora crede nel Parlamento di Strasburgo, più degli americani che credono nel Congresso. Non dissipiamo questo patrimonio».
Eugenio Occorsio
(da “La Repubblica“)
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