“IO, INFILTRATO NEL MOVIMENTO CINQUE STELLE”
DA “SETTE”, L’ANTICIPAZIONE: VIAGGIO ALL’INTERNO DEL NON-PARTITO DEL COMICO GENOVESE… IL RACCONTO DI UN GIORNALISTA CHE SI E’ FINTO UN GRILLINO
Pubblichiamo un estratto dell’articolo di Mauro Suttora, in edicola su Sette con il Corriere della Sera.
Maledetto neon. Quello nella sala sotterranea dell’albergo La Rotonda di Saronno (Varese), dove il 18 novembre partecipo alla conferenza regionale lombarda del Movimento 5 Stelle (M5S), è squallido quanto la luce bianca da obitorio che quarant’anni fa mi fece scappare dalla mia prima riunione politica, al ginnasio di Bergamo.
Sono un grillino. Qualche mese fa mi sono “registrato” nel portale di Beppe Grillo: un po’ per simpatia personale, un po’ per curiosità professionale.
È gratis, basta mandare la scansione di un documento.
E ora eccomi qua a fare la vita del militante semplice, anzi del “cittadino attivo” come si dice in grillese. (….)
Gli anti-politici.
L’8 settembre faccio un salto a una manifestazione in piazza XXV Aprile che ripete la richiesta del primo Vaffa-day, cinque anni fa: via i pregiudicati dal Parlamento.
Purtroppo c’è poca gente, e in più tanto nervosismo perchè è appena scoppiato il caso di Giovanni Favia, consigliere regionale M5S emiliano beccato in un fuorionda di Piazza pulita ad accusare Grillo e il suo consulente Gianroberto Casaleggio di ogni nefandezza.
Mi stupisco: avevo intervistato Favia pochi mesi prima, era la punta di diamante del movimento. I militanti sono assediati dai giornalisti che chiedono se è vero che nel M5S manca la democrazia interna, come denunciato da Favia. In quasi tutti i grillini c’è un fervore palingenetico: sono convinti di essere i primi a voler «fare politica in modo pulito». Io invece ne ho già visti tanti, con questo lodevole proposito. (…)
Gli incontri sono sempre molto operativi, “concreti”: bisogna organizzare i banchetti o i criteri per le liste elettorali, le “graticole” per selezionare i candidati o la lista dei “referenti” provinciali del gruppo regionale comunicazione, sottogruppo ufficio stampa.
Non si parla quasi mai di politica, in realtà .
Per quello ci sono i post quotidiani di Grillo sul suo portale nazionale.
Scritti a volte da lui (o chi per lui: alcune finezze lessicali come “mesmerismo mediatico”, nel famoso post sul punto G della Salsi del 31 ottobre, non gli appartengono) o appaltati ad altri: il polemista Massimo Fini, l’anarchico Ascanio Celestini, l’economista della “decrescita felice” Maurizio Pallante, l’esperto di servizi segreti Aldo Giannuli, il prof universitario di matematica torinese Beppe Scienza che vent’anni fa dava consigli ai risparmiatori sull’Europeo. (…)
La cosa che m’infastidisce di più nel M5S è la fede assoluta in internet.
«La Rete risolve ogni problema», tuona Grillo dai palchi dei comizi, ed è piacevole starlo ad ascoltare.
«Grazie alla Rete scopriremo gli arrivisti che cercano di fare carriera nel M5S», dicono sicuri i miei compagni di riunione.
Poi però basta che si candidi un qualsiasi Gianni Colombo a Milano, lo si googla per controllare e, panico: ce ne sono centinaia!
Come scoprirne i passati misfatti, le candidature in altri partiti?
Il povero Biolè è stato fatto fuori perchè aveva già fatto il consigliere comunale in una lista civica apartitica del suo paesino di 500 abitanti sulla montagna cuneese negli Anni 90, volontario ambientalista benemerito con vent’anni d’anticipo rispetto a molti grillini neofiti; ma oggi, a scoppio ritardato di due anni, è diventato un reprobo da espellere, con tanto di lettera degli avvocati Squassi e Montefusco di Milano per conto del signor Grillo Giuseppe, “proprietario unico del marchio 5 Stelle”. (…)
Dopo aver frequentato e votato per sessantottini, radicali, verdi, leghisti e dipietristi, mi affido abbastanza disperato a Grillo.
Perchè, nonostante tutte le critiche e quindi anche questo articolo, il M5S mi sembra l’unica cosa nuova nella vita pubblica italiana oggi.
Probabilmente sbaglio, e dopo la sesta illusione arriverà come sempre la delusione. In effetti, il neon delle riunioni è orrendo come 40 anni fa.
(da “il Corriere della Sera“)
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