LA CENA DELLE BEFFE ALLA TRATTORIA DEL CAVALIERE
IL CAV OCCUPA LA SCENA VENDENDO SOGNI SCADUTI, APPENA 50 PERSONE AI COMIZI DI SALVINI E A QUELLO DELLA MELONI… IN SERATA UN INCONTRO SURREALE IN CUI NESSUNO VUOLE ASPETTARE L’ALTRO
Esplodono le Ciminiere, vecchia fabbrica di raffinazione dello zolfo, a due passi dal porto di Catania, quando Silvio Berlusconi ripromette, per la centesima volta: “Faremo il Ponte sullo Stretto, è fondamentale per far diventare la Sicilia davvero europea”.
Tutti in piedi, davanti al vecchio uomo delle stelle che arriva in Sicilia, come nel film di Tornatore, a promettere il sogno di un’America farlocca.
L’America di un Ponte annunciato già nel 2001 “per farvi raggiungere le vostre fidanzate nel continente, di un “grande piano Marchall per la Sicilia come fecero gli americani dopo la guerra”, di una bisca, pardon, di un “casinò” a Taormina.
Dopo il fiacco comizio di Palermo, Silvio Berlusconi torna se stesso, eterno venditore di promesse in libertà .
E vince la sfida delle piazze, nel giorno in cui a Catania il centrodestra arriva diviso a vincente. Pochi manifestanti a piazza Stesicoro, dove Giorgia Meloni arriva al banchetto di Fratelli d’Italia, per “l’abolizione dello ius soli”, a due passi dalla sede storica del Movimento sociale, che ancora espone una grande Fiamma illuminata fuori la finestra del terzo piano.
Poche decine anche a piazza Bellini, al comizio finale di Matteo Salvini che si sottrae, per l’ennesima volta, all’abbraccio del Cavaliere: “Non mi interessano i ragionamenti sui ministri, sono venuto per i siciliani”
Alla fine, per salvare l’apparenza, solo quella, si danno appuntamento per una cena alla Trattoria del Cavaliere, proprio così Trattoria del Cavaliere, scelta da Musumeci come atto di omaggio all’ex premier, con l’obiettivo di evitare i titoli dei giornali sul centrodestra incapace di scattare una foto assieme figuriamoci di governare una regione.
Cena anch’essa farlocca, delle beffe, nel ristorante catanese famoso per la carne di cavallo, “tanto per far vedere che non ci stiamo sulle scatole” dicono nello staff di Salvini “anche se non siamo d’accordo su nulla a livello nazionale”, con due sale piene di gente e di caciara elettorale, più che della solennità di un summit.
Anzi, non è neanche una cena, perchè il leader della Lega decide di andare a mangiare da un’altra parte e arriva solo per un caffè, in tarda serata.
Arriva tardi anche Berlusconi, perchè si intrattiene a un incontro con un centinaio di giovani del suo partito.
Chi prima di dopo, chi prima o dopo l’altro, in una logorante partita agli scacchi dell’attesa, di due costretti ad incontrarsi senza volerlo, e in fondo destestandosi.
In questo gioco di specchi e illusioni, di finzione e presa di distanze di ognuno che è diventata la campagna elettorale siciliana, l’intero centrodestra diventa la grande trattoria, dove il Cavalier Silvio Berlusconi ha ricominciato a preparare le sue consuete pietanze, mentre il Biscione in prima serata, come non accadeva da tempo immemore, trasmette una lunga intervista a Maurizio Costanzo.
È lui che, a metà giornata, fa sapere che non è disponibile a nessun comizio assieme a Salvini perchè “noi — dicono i suoi – qui abbiamo almeno il 15 per cento, lui il tre…”.
L’intento malcelato è di ridimensionare gli alleati, chiamati con distacco “il signor Salvini” e “la signora Meloni” e con essi un candidato mai avvertito come suo.
Spifferano gli azzurri siculi che “Musumeci ha fatto degli errori” e “il presidente è dovuto venire a raddrizzare una campagna elettorale che aveva compromesso in tv con la storia degli impresentabili”.
Frasi che equivalgono a dire, con la furbizia di sempre, che insomma se si vince è merito di Berlusconi e se si perde è colpa di Musumeci.
Non certo delle liste e di quegli “impresentabili” che restano il nodo irrisolto di questo finale di campagna elettorale, innominati nell’America berlusconiana, fatta di rimozioni sulla legalità , in un sogno in cui “tutto lecito”.
Nello Musumeci invece urla “dobbiamo liberarci dalla mala pianta della mafia che cerca sempre alleati, la dobbiamo estirpare”.
Quando arriva alla Trattoria del Cavaliere, il candidato presidente si ferma a parlare con un amico, di fronte alle cucine. “Mi voti?”, chiede. E davanti alla titubanza dell’altro, dice fiero: “Hai dubbi sulla mia onestà ? Io il giorno dopo li mando tutti a fare in c..o”.
Benvenuti nel centrodestra dell’uomo delle stelle.
(da “Huffingtonpost”)
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