LA CINA NON E’ PIU’ VICINA: DIECI MILIONI DI LICENZIATI
PERSI GIA’ 10 MILIONI DI POSTI DI LAVORO, MENTRE PER 7 MILIONI DI NUOVI DIPLOMATI LE PROSPETTIVE DI TROVARE OCCUPAZIONE SONO PARI A ZERO… IL PIL SCENDERA’ DALL’11,4% A CIRCA IL 5%…ALL’ ORDINE DEL GIORNO ORMAI MANIFESTAZIONI E DISORDINI DI PIAZZA ( 23.000 GIA’ NEL 2006) … IL GOVERNO TEME IL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA REPRESSIONE DI PIAZZA TIENANMEN
Nel ventesimo anniversario di piazza Tienanmen, il governo cinese teme un’ondata di rivolte. Disordini alimentati dai gravi effetti della crisi economica sull’occupazione che faranno del 2009 “un anno di incidenti di massa”.
Lo scrive la rivista “Outlook Magazine”, pubblicata dall’agenzia di stampa Nuova Cina e dunque controllata dallo Stato. Un’ammissione senza precedenti da parte delle autorità di Pechino.
Secondo la rivista, tra i lavoratori emigrati dalle zone rurali alle città , vera forza motrice della locomotiva cinese, sono andati già persi 10 milioni di posti di lavoro.
Non solo: i 7 milioni di nuovi diplomati che si affacciano al mercato del lavoro in Cina troveranno difficilmente il loro primo impiego. Il pericolo di una destabilizzazione arriverà dunque principalmente da queste due categorie, stima la rivista della Nuova Cina ( Xinhua), il cui gruppo editoriale riferisce direttamente ai dirigenti del Partito comunista: “Nel 2009 la società cinese si troverà ad affrontare nuovi conflitti e scontri che metteranno a dura prova la capacità del partito e del governo”.
Il rallentamento globale dell’economia ha colpito duramente le esportazioni della Repubblica popolare, quarta economia mondiale dopo Stati Uniti, Giappone e Germania e prima per tasso di crescita.
Nelle ultime settimane migliaia di fabbriche hanno chiuso i battenti nelle operose province meridionali del Paese, a partire dal ricco Guangdong, considerato il centro vitale delle aziende esportatrici.
La situazione ha portato a una rara ondata di scioperi e proteste da parte degli operai licenziati.
Il Governo, che per rilanciare l’economia ha lanciato un pacchetto di oltre 500 miliardi di dollari, è preoccupato per la crescita della disoccupazione tra i migranti interni. A complicare il quadro ci sono poi i 7 milioni di nuovi diplomati che si metteranno alla ricerca di un lavoro.
Con un obiettivo di crescita del Pil dell’8% si potrebbe ipotizzare la creazione al massimo di 8 milioni di posti di lavoro.
Le previsioni più realistiche degli analisti però indicano una crescita di appena il 5%, quando solo un anno fa il prodotto interno lordo cinese aumentò dell’11,9%. Dati che rischiano di mettere a repentaglio il principio della “società armoniosa” caro al presidente Hu Jintao.
L’allarme lanciato è insolito, il governo non ama trattare l’argomento in pubblico e la sua capacità repressiva è nota. Sono emerse a stento anche le statistiche relative a manifestazioni e disordini. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2006 ci sono stati ben 23.000 eventi di questo tipo e quindi è facile ipotizzare una crescita esponenziale negli anni successivi.
Le ragioni del malcontento e dei disordini sono solitamente episodi di corruzione e di confisca delle terre. Inoltre il divario tra ricchi e poveri nel Paese resta elevatissimo.
I cinesi residenti nelle metropoli come Pechino, Shanghai o Guangzhou nel 2007 hanno guadagnato tre volte la cifra dei cinesi che vivono nelle campagne.
Malumori si sommano quindi a malumore con un effetto valanga che rischia di diventare molto pericoloso.
Siamo di fronte ad avvenimenti potenzialmente pericolosi e gli uffici sparsi sul territorio sono stati invitati a tenere alta la guardia.
Calendario alla mano, a preoccupare le autorità di Pechino, sono due gli anniversari che potrebbero risultare infuocati: i vent’anni dalla repressione studentesca di piazza Tienanmen e i cinquant’anni dall’esilio del Dalai Lama che lasciò il Tibet nel marzo 1959.
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