LA DESTRA IN AUTO BLU E IL RITORNO DI GIAMBRUNO
L’EX COMPAGNO DI MELONI TRA GLI STAND DI ATREJU
I cappotti di cashmere blu. Le auto blu. E poi i lampeggianti e le scorte. Il sussiego. Gli inchini. I selfie. Caro senatore. Carissimo ministro. Arianna, sei splendida. Ma tua sorella Giorgia quando atterra?
Più che una festa, una grandiosa celebrazione. Di governo. E di potere. Vero, concreto, ostentato.
I Fratelli d’Italia si sono presi le mura di Castel Sant’Angelo, giardini trasformati in una cittadella tricolore, enormi tensostrutture trasparenti da film di fantascienza, al tramonto gabbiani in picchiata sul Tevere e il riverbero delle luci accese di un magnifico albero natalizio alto 18 metri, che papa Francesco — appena laggiù, in San Pietro — se lo sogna.
Atreju, eccoci qua.
Come ci siamo arrivati? (intanto è pure arrivato, così, di botto, il mitico Andrea Giambruno: è lui, non è lui, senza ciuffo e però sì, pazzesco colpo di scena, è proprio lui. Santo Cielo, e adesso?).
Piano. Non divaghiamo.
Un tempo, per raggiungere il palchetto che le Meloni — indossando bomber e scarponcini Dr. Martens — tiravano su facendo collette tra i militanti di Azione Giovani, bisognava risalire il bosco del Celio, tra il Colosseo e la sezione ricavata da un’umida catacomba di Colle Oppio, dove tutto era cominciato in un miscuglio di cameratismo situazionista e visionarie sfumature tolkeniane. L’atmosfera era speciale, politicamente scorretta, sullo sfondo di un pantheon spregiudicato, che teneva insieme Ezra Pound, Camus e Marinetti, un viaggiatore inquieto come Bruce Chatwin e uno scrittore anticomunista come John Fante.
E poi c’erano dibattiti spiazzanti, mai banali, ondeggiando tra la pericolosa fascinazione per personaggi lugubri come Steve Bannon, lo stratega di Donald Trump accolto tipo messia, e certi confronti inediti con i leader della politica (compresi quelli dell’opposizione), tutti in coda per essere invitati e restare vittime di scherzi memorabili: a Berlusconi venne chiesta la disponibilità di scendere in piazza contro le violenze di un feroce dittatore del Laos, Pai Mei, che in realtà non è mai esistito; a Gianfranco Fini, all’epoca leader di An e ministro degli Esteri (e già), sollecitarono un appello per aiutare il popolo dei Kaziri — al che lui iniziò ad argomentare: “Conosco bene la situazione…”.
Sembra ieri.
Poi, vabbé: l’altro ieri, qui, c’era Flavio Briatore (però almeno senza babbucce, perché fa freddino). Sottobraccio alla sua amica Daniela Santanchè, che è dovuta intervenire perché Flavione s’è fatto prendere la mano: «Abbiamo la cultura di fregare la gente». Purtroppo, il titolo di questa edizione è: «Bentornato orgoglio italiano». Con vialetti dedicati a Giovannino Guareschi, Anita Garibaldi, Giuseppe Prezzolini. Ambizione di una liturgia seriosa, tra il patriottico e il destrorso. Sfuggita una felpa — su una bancarella — con la scritta fascistoide: «Memento audere semper». Nel villaggio si vendono anche libri con titoli così: «Essere donne in un mondo di femministe», oppure «Controstoria del franchismo». A proposito di cultura: il ministro Gennaro Sangiuliano (già nella leggenda per aver annunciato che Dante era di destra) è in un dibattito con la crema della nuova intellighenzia governativa, e cioè Buttafuoco/Giuli/Venezi/Rossi: modera Hoara Borselli, ex primadonna del Bagaglino (che, infatti, vogliono riaprire).
Però, anche qui — e non solo alle feste dell’Unità — si ragiona meglio a stomaco pieno: intenso profumo di porchetta, due tizi in doppiopetto nero passeggiano tenendo a mezz’aria scodelle fumanti di fagioli con le cotiche, il vino è un Cesanese del Piglio, e lo mette la cantina dell’onorevole Luca Sbardella. «Gradisce? È gratis». Il vino? «No, il giornale». Ecco La voce del Patriota, numero unico, ma con un’intervista — esclusiva, eh — al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Che, così, segnala chi è l’uomo più potente a Palazzo Chigi. Cioè, lui.
Certo Fazzo avrebbe voluto invitare Zelensky. Poi hanno preferito presenze meno usurate: il premier britannico Rishi Sunak, il tycoon del populismo globale con la passione per le canne di marijuana Elon Musk (ma lo sa questo dettaglio, Giorgia?), il ct azzurro Luciano Spalletti (presenza molto criticata, perché dovrebbe essere il ct di tutti) e poi Santiago Abascal, il leader del partito di estrema destra Vox che per il premier spagnolo Sanchez — «Finirà a testa in giù» — ha evocato piazzale Loreto (indelicato). Raccontano che, al forum sulla Giustizia, Renzi (ormai ricchissimo, il politico italiano più ricco con 3,2 milioni di euro nell’ultima dichiarazione dei redditi) abbia ironizzato: «Sto sostituendo Schlein» (dopo l’invito rifiutato, Elly è stata messa in un cartonato). Poi rivolto al sottosegretario Andrea Delmastro: «Non dimetterti». Veramente quello non ci pensa proprio.
Un cronista, in sala stampa, vuol farci un pezzo: chi sono gli altri Fratelli inguaiati con la legge? Vediamo: c’è la Santanchè, che è indagata. Poi ci sarebbero la Montaruli, con condanna in via definitiva, ma promossa a vicepresidente della Vigilanza Rai, e Carlo Fidanza, che ha patteggiato una condanna per corruzione. «Fate i bravi…», ammonisce l’organizzatore di questa kermesse Giovanni Donzelli detto Minnie (per difendere il collega deputato Galeazzo Bignami, che in una foto appariva in divisa da ufficiale nazista, disse che lui, a carnevale, una volta s’era vestito come la compagna di Topolino). A questo punto si stava andando a vedere la clamorosa pista da pattinaggio su ghiaccio — «Il prossimo anno ne facciamo una da bob!» — ma, appunto, c’è Giambruno.
Tutti lo osserviamo: come tiene le mani? Composte. Parla? «Se parla, siamo fritti», dice una dell’ufficio stampa. Chiamano Arianna. Ha la faccia grigia, e tesa. Ha già dovuto difendere il compagno/ministro Lollobrigida, spiegando che è normale fermare un Frecciarossa. Del resto, chi di noi non l’ha mai fatto? Ora gli tocca la custodia dell’ex simil cognato Giambruno. Lui, gelido: «Non sono il benvenuto?».
Beghe di famiglia. Fatti loro. Dov’è la casetta di Babbo Natale? (gira voce abbiano dovuto convincere Fabio Rampelli, già molto indignato per una stella rossa sull’albero della città di Roma, che il vestito di Santa Claus è così, bello rosso, in tutto il mondo. Niente di politico, insomma).
(da editorialedomani.it)
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