LA FORZISTA LUISA REGIMENTI, EX LEGHISTA, NUOVO ASSESSORE AL PERSONALE E ALLA SICUREZZA DELLA REGIONE LAZIO, IN PASSATO NON HA RISPARMIATO BORDATE ALLA MELONI
NOVE ANNI FA SCRISSE SU FACEBOOK: “CARA GIORGIA, IL TUO ABBIGLIAMENTO NON SI ADDICE AL TUO RUOLO… CAMBIA STILISTA”
Di Giorgia Meloni fino a qualche anno fa condivideva assai poco. Non l’aveva convinta l’idea di dar vita a Fratelli d’Italia e alzava il sopracciglio anche davanti al look dell’attuale premier.
Ma il tempo passa e l’assessora Luisa Regimenti, dopo essere passata dall’appoggio al Movimento Pro Life a posizioni molto più progressiste anche in tema di famiglia, dopo aver detto addio alla Lega con cui nel 2019 era entrata al Parlamento europeo e aver aderito a Forza Italia, ora è entrata anche nella giunta regionale a trazione Fratelli d’Italia.
È diventata esponente di un esecutivo che ha come stella polare quella stessa Meloni di cui la delegata al Personale, polizia locale, enti locali e sicurezza urbana criticava persino il modo di vestirsi.
Stimato medico legale e professoressa alle università di Tor Vergata, Parma e Catania, Luisa Regimenti nel 2009, ormai 14 anni fa, sembrava molto più a destra di tanti suoi attuali colleghi e, scrivendo sui social a «Tutti i camerati di Fb si trovano a Napoli», per partecipare a un incontro, auspicava che venisse scelto un «luogo piuttosto grande» per ospitare tutti.
Nove anni fa, quando Giorgia Meloni venne scelta come presidente di Fratelli d’Italia, all’epoca un partitino nato da una scissione del Popolo della libertà, l’assessora attaccava: «Cara Giorgia, il tuo abbigliamento non si addice al tuo ruolo… Anche l’abito in chi fa politica è un mezzo di comunicazione, al quale non fai troppo caso, ma che oggi in modo particolare stride con i contenuti del tuo intervento… sei malconsigliata… cambia stilista».
Non era convinta neppure del simbolo scelto per il partito e presentato alla Camera da Meloni insieme a Guido Crosetto, Francesco Lollobrigida, Ignazio La Russa, Gianni Alemanno e Fabio Rampelli: «Potevano lasciare il simbolo di An dove era… Gli avrebbero almeno conservato la dignità di un passato glorioso e sincero».
(da La Repubblica)
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