LA GIORGIA DISPERATA PROVA A TORNARE A SEDERSI AL TAVOLO DEI GRANDI: MELONI È STATA PRESA DAL PANICO, IERI, QUANDO L’INVIATO DI TRUMP, KEITH KELLOGG, HA ANNUNCIATO CHE AL VERTICE DI ISTANBUL TRA RUSSIA E UCRAINA POTREBBERO PARTECIPARE ANCHE I CONSIGLIERI MILITARI DI FRANCIA, REGNO UNITO E GERMANIA
LA STATISTA DELLA GARBATELLA HA BALBETTATO LA SOLITA SCUSA: “NESSUNA ESCLUSIONE, STANNO LAVORANDO SUL FORMATO TRA NAZIONI CHE SI SONO IMPEGNATE IN INIZIATIVE ALL’INDOMANI DI UN CESSATE IL FUOCO” – UNA TESI CHE NON REGGE PERCHÉ BERLINO NON HA ALCUNA INTENZIONE DI SPEDIRE SOLDATI IN UCRAINA…DOPO ESSERSI AUTOISOLATA PER COMPIACERE TRUMP, LA DUCETTA ORA TENTA IN TUTTI I MODI DI TORNARE IN GIOCO. E ARRIVA A DIRSI “MOLTO CONTENTA” DELL’ARRIVO DEL SUO NEMICO MACRON A ROMA MARTEDÌ
Per i colloqui di Istanbul «non c’è un’esclusione italiana». Nel colossale palazzo dell’indipendenza del Kazakistan, lungo una sponda del fiume Isim, Giorgia Meloni risponde così ai cronisti che l’aspettano sotto le volte di vetro blu, al termine del primo vertice tra Italia e Asia centrale.
Alla premier viene chiesto conto delle dichiarazioni dell’inviato speciale Usa Kellogg, che poche ore prima ha annunciato l
possibilità che i consiglieri militari di tre paesi europei — Francia, Regno Unito e Germania — partecipino alle trattative tra Kiev e Mosca lunedì in Turchia. Ipotesi ancora traballante, ma il fatto è che l’uomo di Trump non ha menzionato l’Italia.
Questo spiazza la presidente del Consiglio, anche perché la macchina diplomatica di Palazzo Chigi nelfrattempo si era messa in moto (e aveva ottenuto rassicurazioni) per far sì che Roma venisse coinvolta.
E allora, sulle prime, Meloni fornisce a telecamere e taccuini una giustificazione che ricalca in parte, ma con meno enfasi polemica, quanto dichiarato due settimane fa a Tirana, dopo la famosa call tra Zelensky, Trump e altri leader europei, senza di lei.
«Esclusione? Credo che il motivo sia che stanno lavorando a livello di E3 (Parigi, Berlino, Londra,ndr ),formato collaudato, non la considero un’esclusione italiana, si sa che ci sono nazioni che hanno fatto passi per impegnarsi in iniziative all’indomani di un cessate il fuoco».
La tesi è sempre quella: gli altri vorrebbero mandare truppe, l’Italia no, anche se la premier stavolta è attenta a non dirlo esplicitamente visto che Berlino, è arcinoto, non ha alcuna intenzione di spedire soldati. Però il ragionamento è questo: «Non parlerei di esclusione, questo gioco di fare finta che l’Italia non conti niente non lo condivido».
Dallo staff, a quel punto, ricordano a Meloni che «c’è un’interlocuzione in corso, non siamo esclusi». E lo stesso raccontano poco dopo fonti di Palazzo Chigi: il consigliere diplomatico di Meloni, Fabrizio Saggio, ha partecipato l’altro ieri a una call con gli omologhi di Francia, Germania, Regno Unito e Ucraina. E un’altra video-call, per discutere degli sviluppi turchi, avviene nella notte, mentre il consigliere italiano è accanto alla
premier, nel volo di ritorno da Astana.
Nell’Independence palace della capitale kazaka, Meloni affronta anche altri dossier. Come il faccia a faccia con Emmanuel Macron fissato per martedì a Palazzo Chigi, dopo mesi di bizze sottotraccia e attriti pubblici. La premier sminuisce il tutto, «panna montata», si dice persino «molto contenta» del rendezvous col francese, a conferma che Roma e Parigi hanno deciso di riallinearsi, per necessità, in questa fase turbolenta con l’altra sponda dell’Atlantico. «Italia e Francia sono nazioni amiche — assicura Meloni — I leader discutono, a volte animatamente, particolarmente quando in Italia c’è un governo scelto dagli italiani». Ma «niente di personale», non ci sono «ricomposizioni» da celebrare.
È soprattutto l’Ucraina però al centro dei pensieri della premier.
Ne ha discusso anche con i leader dei 5 paesi asiatici radunati ad Astana (Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan). Ex repubbliche sovietiche, ancora oggetto degli interessi russi e depositarie di ingenti risorse minerarie ed energetiche che fanno gola. Meloni ha lodato il leader kazako Tokayev, che nonostante i rapporti con Mosca sarebbe stato «coraggioso» a riconoscere il diritto di Kiev all’integrità territoriale.
(da La Repubblica)
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