LA GIORNATA DEI DUE PD: DIVISI ALLA TRATTATIVA CON M5S
ZINGARETTI PER UN PREMIER “TERZO”, A RENZI VA BENE PERSINO DI MAIO PUR DI NON ANDARE A VOTARE.. CONTE NON VUOLE FARE IL COMMISSARIO UE E IL PD VORREBBE GENTILONI
Inizia come la giornata dei due Pd. E finisce nello stesso modo.
Quando a sera Sergio Mattarella concede tempo per le trattative per la formazione di un governo, tutto il Pd tira un respiro di sollievo.
Si aspettavano il patatrac già oggi, con lo scioglimento delle Camere visto che, dopo il colloquio al Colle, Luigi Di Maio non ha citato esplicitamente il Pd nella sua lista di ‘buoni propositi’.
Alla fine è andata meglio: nuovo giro di consultazioni martedì. “Dalle proposte e dai principi da noi illustrati al Capo dello Stato e dalle parole e dai punti programmatici esposti da Di Maio emerge un quadro su cui si può sicuramente iniziare a lavorare”, commenta il segretario Nicola Zingaretti. Ma al Nazareno non torna il sereno. Il partito andrà alla trattativa con i cinquestelle, ma ci andrà diviso: con mille sospetti tra l’una e l’altra parte, tra il segretario Zingaretti e l’ex segretario Matteo Renzi, per usare una semplificazione.
Il nodo è il premier. Zingaretti punta a una figura condivisa, si parla molto dell’ex capo dell’autorità anti-corruzione Raffaele Cantone, ma anche di Enrico Giovannini, presidente dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile.
A Renzi va bene tutto, purchè si faccia un governo e farà pesare questa sua posizione nei prossimi giorni: gli serve tempo per organizzare il suo partito, non è un mistero. Soprattutto vuole intestarsi la trattativa. Tanto che fin dal giorno delle dimissioni di Giuseppe Conte in Senato, i renziani si dicevano disponibili ad un Conte bis. E proprio oggi, all’indomani del no di Zingaretti ad un bis del premier dimissionario, ecco Renzi che dice l’opposto: ok Conte. Lampi e tuoni sul Nazareno.
Il presidente Paolo Gentiloni, fedelissimo di Zingaretti e ormai avversario interno per i renziani, lascia trapelare i tre punti programmatici messi in una maniera molto ostile ai cinquestelle: abolizione totale dei due decreti sicurezza, accordo di massima prima della formazione del governo sulla manovra economica, no al taglio dei parlamentari come è stato votato finora. Boom. La trattativa si incaglia, gelo allo stato maggiore pentastellato.
Per tutto il giorno si teme il peggio. Soprattutto quando dopo il colloquio con Mattarella, parlando nella Loggia d’onore del Quirinale, Di Maio insiste sui punti programmatici a partire dal taglio dei parlamentari “entro la legislatura”, critica Matteo Salvini e la “apertura unilaterale della crisi”, ma non nomina il Pd come interlocutore per formare un governo. Al Nazareno ci restano di sasso. I renziani sbiancano. Tutti si dispongono “con apprensione” ad aspettare le conclusioni di Mattarella in serata.
Alla fine “benino”, dicono dal Pd, dopo che il presidente decide di non trarre conclusioni oggi ma di ridare appuntamento a martedì, scadenza però perentoria, il capo dello Stato chiede “decisioni chiare e in tempo breve: lo richiede il ruolo dell’Italia nell’avvio della nuova legislatura europea, lo chiedono le incertezze politiche ed economiche”. E’ un “benino” che tradisce nervosismo, preoccupazione, consapevolezza che nel Pd girano veleni e che da Renzi c’è da aspettarsi di tutto.
Al Nazareno non stanno tranquilli. E non lo sono nemmeno i renziani. Temono che il M5s ora chieda la premiership per Di Maio, una volta uscito di scena Conte che, apprende Huffpost, non è interessato nemmeno a fare il commissario europeo. Se succedesse, la trattativa sul premier si potrebbe bloccare dal lato zingarettiano. Il rischio di imboscate dei ‘falchi’ dell’una e dell’altra parte nel Pd è alto. Zingaretti era comunque partito dalla richiesta di voto anticipato. Adesso spera di trovarsi di fronte un Movimento disponibile a ragionare su un premier terzo.
Nei prossimi giorni verranno organizzati tavoli tematici tra i capigruppo, i vicesegretari. E’ previsto anche un incontro tra Zingaretti e Di Maio, ma nessun appuntamento fissato per ora.
Nel frattempo Conte sarà al G7 a Biarritz in Francia, consapevole di essere fuori scena e dispostissimo a lasciarla, per ora. Tanto che — appunto — non è interessato a essere nominato commissario europeo.
Piuttosto se non nasce un governo Pd-M5s in tempo utile per la nomina (scadenza il 26 agosto, anche se Ursula von der Leyen potrebbe concedere qualche giorno in più all’Italia data la crisi di governo), il commissario potrebbe essere nominato da Conte di concerto con Mattarella. In questo caso sarebbe una figura neutra, tipo il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi o meglio una donna (così chiederebbe la nuova presidente della Commissione Ue), ma di caratura non politica.
In quanto — e questa è l’altra grana con cui nasce il nuovo governo — il M5s non è interessato a nominare un suo rappresentante in Commissione. Meglio tenersi le mani libere per attaccare sulla manovra, se sarà necessario. Stile Salvini insomma.
Zingaretti invece vorrebbe mandarci Paolo Gentiloni a rappresentare l’Italia a Palazzo Berlaymont. Tutto dipende dalle trattative dei prossimi 4 giorni tra i due Pd e un Movimento cinquestelle che pure non gode di unità interna, anzi.
(da “Huffingtonpost”)
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