LA LEADERSHIP DI SALVINI NELLA LEGA TRABALLA? E LUI SI BLINDA: GIANCARLO GIORGETTI E LORENZO FONTANA NON SARANNO PIU’ VICESEGRETARI, AL LORO POSTO I FEDELISSIMI CLAUDIO DURIGON E ALBERTO STEFANI
SUL CAPOCCIONE DI SALVINI INCOMBONO IL CONGRESSO REGIONALE IN LOMBARDIA E IL PROCESSO OPEN ARMS IN CUI E’ IMPUTATO PER SEQUESTRO DI PERSONA (RISCHIA FINO A 15 ANNI)
Cambia i vertici: Giancarlo Giorgetti e Lorenzo Fontana, ministro dell’Economia e presidente della Camera, non saranno più vicesegretari. Al loro posto, nominati ieri durante il Consiglio federale, il commissario del Veneto Alberto Stefani e il fedelissimo del “Capitano”, Claudio Durigon. Ricambio annunciato, certo. Che tuttavia si aggiunge ad altre manovre del leader per compattare il partito, puntellare la sua leadership e mettere in guardia chi vorrebbe sfidarla.
Un passo indietro. Mercoledì pomeriggio, Camera dei Deputati. Salvini riunisce i gruppi parlamentari del Carroccio, un’ora a conclave per preparare un autunno caldo. A inizio ottobre il raduno storico di Pontida. Domani la richiesta dell’accusa al processo Open Arms in cui il segretario è imputato per sequestro di persona: rischia fino a quindici anni di condanna.
La Lega già annuncia grande mobilitazione: due week end di gazebo e un flash mob a Palermo in solidarietà al leader: tutti precettati per la protesta di piazza contro le toghe (di berlusconiana memoria) e guai a chi non si presenta. C’è un passaggio però che gela i presenti alla riunione. Anzi due. Una frase pronunciata en passant dal leader lascia accigliati i suoi parlamentari. «Poi troveremo il modo di evitare rischi di scalate…» è il senso del monito di Salvini raccontato da più fonti presenti all’incontro.
Scalate di chi? La domanda subito rimbalza fra i banchi parlamentari. Insieme a un nome e un cognome: Roberto Vannacci. Sarà un avvertimento al generale ed ex parà della Folgore, oggi a Bruxelles come eurodeputato ma domani chissà, ormai alla guida di un movimento-paraleghista, “Il mondo al contrario”, con cui riempie sale conferenze in giro per l’Italia? Il dubbio resta.
Ma il fatto stesso che Salvini parli di “scalate” dà il senso di una fase delicata per il partito. Su cui incombe il temuto congresso regionale in Lombardia, tra ottobre e novembre. Qui, nel cuore pulsante del leghismo doc, Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato un tempo braccio destro e sinistro del “Capitano”, si candiderà a segretario lùmbard. E si ragiona in queste ore a via Bellerio se schierargli contro un altro candidato tra i fedelissimi del leader – tra i nomi Andrea Crippa e Luca Toccalini – o se invece venire a miti consigli e trovare un nome unitario.
Ma torniamo a Salvini alla Camera. C’è un secondo passaggio che fa deglutire in silenzio gli onorevoli leghisti e riguarda un tasto sempre dolente per chi guida un partito: i soldi. Ne servono di più, molti di più per far fronte all’autunno militante. I pullman e gli striscioni a Pontida, sul pratone sacro dove potrebbe far capolino anche il fondatore Umberto Bossi, reduce da un tête-à-tête con il rivale segretario dopo le voci smentite sulla sua scomparsa.
Salvini usa toni perentori: ognuno faccia la sua parte. Di questo passo, con la campagna per le elezioni regionali pronta a partire, si dovrà correre ai ripari. Snocciola numeri. Il contributo di deputati e senatori leghisti rischia di raddoppiare: dagli attuali 3mila a 6mila euro ogni mese. Si suda freddo, nell’aula dei gruppi della Camera. Dove sanno bene che Salvini fa sul serio: per le elezioni europee aveva chiesto ai suoi parlamentari di rastrellare un maxi-contributo per aiutare il partito: 30mila euro a testa
(da il Messaggero)
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