LA LISTA SI ALLUNGA, I FURBETTI DELLO SCONTRINO SALGONO A DIECI
DI MAIO NEL FORTINO E SCOPPIA ANCHE IL CASO BORRELLI
Finestre chiuse e tende tirate. Per tutto il giorno Luigi Di Maio prova a chiudersi nel suo fortino del comitato elettorale per venire a capo della rimborsopoli a 5 stelle.
Ma non fa in tempo: a sera le Iene sparano la seconda cartuccia e colpiscono in contropiede.
Altri otto nomi di furbetti dello scontrino (“Sono al massimo sei sette, compresi i due già usciti”, assicurava la comunicazione, “ancora non sappiamo chi”).
Sono Giulia Sarti, Elisa Bulgarelli, Silvia Benedetti, Massimiliano Bernini, Emanuele Cozzolino, Ivan Della Valle.
Ci sono anche Maurizio Buccarella, che già nei giorni scorsi si era cosparso il capo di cenere per una serie di bonifici ritirati per le commissioni troppo alte, e Barbara Lezzi. Quest’ultima è stata già “assolta” dai vertici. Nel suo caso si tratterebbe di un solo bonifico. “Una casualità “, spiegano. Caso chiuso. Il suo, almeno
Dopo il bagno di folla di lunedì sera nella sua Portici, Luigi Di Maio ha girato il furgone che lo sta portando in giro nel rally per l’Italia ed è rientrato precipitosamente a Roma.
A parte una breve incursione a Montecitorio di buon mattino, per cercare di tamponare con proprio sotto le telecamere della trasmissione di Mediaset il danno, il comitato elettorale nella centralissima zona di via Veneto a Roma è diventa un vero e proprio fortino, da cui dirigere e cercare di incanalare il momento di crisi.
Con esiti al momento tutt’altro che felici.
Il caso rimborsopoli ha già intaccato le vele su cui soffiava un vento decisamente a favore del Movimento 5 Stelle. E rischia di divorarle.
I parlamentari che non hanno restituito i rimborsi destinati al fondo per le piccole e medie imprese hanno, nel giro di poche ore, scheggiato l’immagine pentastellata nel bel mezzo della corsa elettorale.
Ed è per questo che il candidato premier ha disdetto l’appuntamento con Confcommercio (la versione ufficiale parla di un forfait comunicato almeno dieci giorni fa) e dalle undici del mattino si è rinchiuso in una stanza e accanto ha voluto solo i suoi fedelissimi, come Pietro Dettori, Vincenzo Spadafora, Alessio Festa e tutto lo staff comunicazione.
“Questa vicenda sarà un boomerang per tutti i partiti che ci stanno attaccando — va ripetendo Di Maio – perchè ora per i cittadini è chiaro che noi abbiamo restituito 23 milioni di euro mentre gli altri si sono intascati fino all’ultimo centesimo”.
Questa è la linea da tenere. Il verbo da diffondere all’esterno. Lo ripetono incessantemente sia i comunicatori stellati, sia, in fotocopia, gli sparuti deputati che si affacciano in Parlamento.
Ma dentro le mura del comitato elettorale l’umore è un altro.
“Non possiamo nasconderci dietro un dito, è un momento difficile”, ammettono quasi con rassegnazione quelli che nelle ultime ore sono stati vicini al candidato premier.
E le facce che vanno e vengono dalla sede affittata a due passi dalla strada della Dolce vita romana parlano: scure, funeree, arrabbiate.
“Più che altro siamo amareggiati”, dice un componente dello staff, “in fondo con queste persone abbiamo lavorato insieme cinque anni. È vero, negli ultimi giorni si respira un’aria pesante”.
Emanuele Cozzolino e Massimiliano Bernini, due dei parlamentari sotto i riflettori, passano alla Camera, fanno finta di nulla. Cozzolino quasi scherza: “Sto andando in banca? No, vado a mensa”, risponde con un evidente nonsense.
“Io i bonifici, no, ho il conto in un’altra banca”, spiega Bernini, prima di lanciare un monito: “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”. Vero. Soprattutto se l’albero che sta venendo giù è il suo.
A poca distanza, seduto su un divanetto, il deputato Angelo Tofalo ringhia: “Perchè non vi occupate di Eni o Descalzi? Perchè non seguite le storie serie?”.
Si accende una discussione, alla fine della quale balena un “Faremo i conti alla fine”. Dei bonifici, probabilmente. Bernini se ne va.
Ma siete voi che vi siete fatti eleggere su queste battaglie. “Pure questo è vero”, ammette a mezza bocca prima di infilarsi nel corridoio fumatori.
Si vedono anche Emanuele Scagliusi e l’altro Bernini, l’animalista-vegano Paolo: “I bonifici? Nooooo, sono qui perchè la Camera mi ha chiesto dei documenti”, spiega. Cinque minuti dopo ecco il selfie fuori da Montecitorio, con tanto di distinta dei versamenti: “Sono quasi 200mila euro”.
Lo stillicidio continua, incessante in un clima di sospetti, di incertezze.
Nessuno si fida più di nessuno, davanti la stampa si stende il filo spinato. Un impazzimento che rischia di protrarsi fin sotto la data delle urne.
La strategia elaborata in tutta fretta per uscire dal cul de sac vuole evitare che la goccia scavi ancor più la roccia, e faccia evaporare i voti. Bisogna fornire, nel più breve tempo possibile, tutti i nomi di coloro che hanno mentito sui bonifici evitando così lo stillicidio di ritrovarseli ancora una volta, a piccole dosi, spiattellati dalla stampa. Una mossa dolorosa, che costerà qualche altro giorni di tempesta. Ma l’unica possibile per contenere il danno. Sempre che non sia troppo tardi.
Ma proprio mentre sul tavolo si fanno i conti incrociando i dati acquisiti con quelli dichiarati dai parlamentari, arriva una bomba che appesantisce un clima già abbastanza teso.
L’eurodeputato David Borrelli, fondatore dell’associazione Rousseau, “ha ufficializzato il suo ingresso nel gruppo dei non iscritti” di legge in una fredda nota stilata dalla capogruppo a Bruxelles Laura Agea. Che lo liquida freddamente: “Ha comunicato alla delegazione italiana del Movimento 5 Stelle che la sua è stata una scelta sofferta ma obbligata da motivi di salute. Prendiamo atto che non fa più parte del Movimento 5 Stelle”.
Fermo restando l’intangibilità della privacy di Borrelli, le circostanze dell’addio lasciano perplessi. Prima fra tutte, viene fatto notare, non è stato il diretto interessato ad annunciare il cambio di gruppo.
Fino a cinque giorni fa sedeva regolarmente al suo posto, partecipando a tutte le votazioni. L’interessato tace, non parla. Il telefono risulta staccato fino a tarda sera. Così come è impressionante il muro che si incontra cercando di capirne di più: squilli a vuoto segreterie telefoniche. Inoltre, i motivi di salute non giustificano l’abbandono del Movimento 5 Stelle.
Ovviamente parte la girandola di voci che lo vorrebbe anche lui coinvolto nella rimborsopoli. Nessuna conferma.
Chi si lascia alle spalle il portone del comitato elettorale, dove dentro rimane Di Maio, lascia cadere parole sibilline: “Non lo so, chiedete a Borrelli”, è la prima risposta fornita da Bonafede a favore di telecamere.
Il dato che si registra è che nessuno fa menzione dei motivi di salute. E il silenzio sull’ex compagno di strada che ha partecipato da protagonista alla nascita dell’associazione Rousseau è assoluto. Non un post sui social, non un lancio d’agenzia. Il deserto.
Ciò che balza all’occhio è che negli ultimi mesi Borrelli non ha mai condiviso sulla sua pagina facebook post della campagna elettorale di Di Maio nè post del blog delle Stelle. Tanti, invece, i post del nuovo blog di Beppe Grillo.
Qualche tempo fa al Foglio schivava le pallottole: “Rousseau? Non so nulla di questa associazione, Beppe mi ha chiesto di esserci ma è come se non ci fossi”.
E sentitelo qua, in un post pubblico condiviso sul suo profilo Facebook personale: “Abbiamo circa 130 persone al Parlamento, e 15 in Europa. Abbiamo Sindaci e Consiglieri regionali. Ma in questi ultimi anni anzichè parlare alle persone abbiamo parlato a noi stessi e tra noi. Litigandoci la presenza di uno o l’altro come fosse un trofeo da esporre. Più sei famoso più ti voglio, e più ti voglio più diventi famoso. Ha ragione Beppe Grillo, come sempre, abbiamo sbagliato qualcosa”. Parole solari, dure come pietre, che non necessitano di interpretazione.
A tarda sera, almeno per quanto riguarda il caso rimborsopoli, M5s prova a uscire dal bunker. Alessandro Di Battista mette le mani avanti: “Non abbiamo potuto controllare perchè siamo incredibilmente onesti: non volevamo che quei soldi delle restituzioni transitassero attraverso un fondo intermedio del M5s. Ma il prossimo giro lo faremo”, spiega il big grillino a Di Martedì. L’intervista era registrava.
Ancora non si sapeva della nuova lista di presunti furbetti. Tardi, probabilmente. Troppo tardi.
(da “Huffingtonpost”)
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