LA MORETTI, LADYLIKE PENTITA, PROVA A SCALARE IL VENETO
GIRA DA UN PAESE ALL’ALTRO, ATTACCA GALAN (STIPENDIATO AI DOMICILIARI), E SPERA NELLE DIVISIONI DEL CARROCCIO
Sfoggia il dialetto, abbraccia le istanze autonomiste e giura di essere “la prima politica della storia a impegnarsi davvero per il territorio”.
Garantisce: “Io non faccio promesse che non posso mantenere, piuttosto sto zitta”. Alessandra Moretti sta battendo il Veneto. E lo fa con tale piglio e coraggio che sembra credere davvero di poter espugnare un feudo da vent’anni in mano al centrodestra.
Quel Veneto simbolo di Giancarlo Galan, che l’ha guidato per ben tre mandati consecutivi per poi cederlo al suo vice: il leghista Luca Zaia, che ha a sua volta lasciato il ministero dell’Agricoltura a Galan.
Sinistra mai pervenuta
Da queste parti la sinistra è poco più di un’indicazione stradale. Conquistare questa terra è uno dei sogni di Matteo Renzi che ha chiesto alla Moretti di immolarsi nell’impresa.
Lei ha risposto mettendosi sull’attenti. Quando le venne contestato il nuovo impegno che l’avrebbe portata lontano dal Parlamento europeo, dove era stata appena eletta, lei spiegò: “Se ti chiama Matteo non puoi non accettare”.
E per essere ancora più credibile, Moretti ha deciso anche di dimettersi da eurodeputata. “Nessuno può dire che io ho qualche paracadute”, è una delle frasi che ripete ai suoi incontri pubblici.
Sei, otto anche dieci appuntamenti al giorno. Gira paese per paese con l’intenzione di coprirli tutti e 579 prima del voto.
Trattorie, locande, piazze, mercati. Ambienti spesso decisamente ostici o, comunque, poco accoglienti.
Ieri pomeriggio, per dire, al bar centrale di Albettone, nella profonda provincia vicentina, ha trovato una bella bandiera degli indipendentisti veneti ad attenderla. E volti mica proprio concilianti.
Albettone è uno dei paesi che si è schierato da subito con Graziano Stacchio, il benzinaio che ha sparato a un rapinatore poche settimane fa. Il sindaco di Albettone, Joe Formaggio, ha stampato e venduto le magliette a favore del benzinaio.
Di 1400 elettori , qui in 200 hanno votato il Movimento 5 Stelle, qualche decina il Pd. Quando la Moretti entra nel bar, attorno alle 15:30, trova una manciata di pensionati pronti ad ascoltare e tanti altri inizialmente diffidenti.
“Sto facendo un viaggio dell’ascolto e vorrei che mi esponeste le vostre opinioni e richieste”, esordisce. “La mia è una campagna per i cittadini con onestà e umiltà , cosa che solitamente la politica non ha”.
Estetista clandestino, lo stile è Rosy Bindi
Il piglio da ladylike rimane, del resto si era battezzata così da sola, durante un’intervista rilasciata a Nino Luca di Corriere Tv lo scorso novembre. “Noi siamo politiche ladylike: brave, belle e intelligenti”.
Per aggiungere pure “sono una bravissima cantante, peraltro, insieme a tutte le altre cose che faccio splendidamente, cucino anche benissimo”.
Ma erano altri tempi. Va ancora dall’estetista ma non lo dice, si veste con tailleur alla Rosy Bindi e tenta di conquistare con le parole.
Quindi, in questi bar di provincia, di fronte a poche decine di elettori, si dice pronta ad abbracciare le istanze autonomiste.
“La Lega per venti anni ha detto padroni a casa nostra e siamo invece più poveri”, attacca. “Il governo Renzi sta decentrando molto alle regioni”, dice Moretti. Poi immigrazione. “Quando ci fu da distribuire i profughi il Veneto di Zaia ha votato sì con il governo, io avrei alzato la mano e chiesto come sono identificati questi profughi?”.
Conquista la benevolenza di qualche ascoltatore quando spara su Galan che sconta la sua condanna patteggiata a due anni in una villa a pochi chilometri da qui, a Cinto Euganeo. “E prende il vitalizio lo stesso”.
Tenta di legare Galan a Zaia. “È finito un ventennio, ora dobbiamo iniziarne un altro”, si lascia scappare. Ma vabbè. Ciascuno indossa i panni che può e in queste terre è comprensibile, indispensabile forse provare i vestiti che furono dei leghisti.
Loro poi aiutano non poco la corsa morettiana.
Il movimento fondato da Umberto Bossi rischia di schiantarsi e morire proprio qui in Veneto. Con il sindaco di Verona e segretario della Liga Veneta, Flavio Tosi, che minaccia di candidarsi contro Luca Zaia, e Roberto Maroni con Matteo Salvini che rispondono dichiarando guerra: “Chi critica Zaia si consideri fuori dalla Lega”.
In tutto questo Moretti guadagna spazio. Certo per i sondaggi la distanza è ancora abissale, si parla di venti punti percentuali in meno.
Ma ha l’entusiasmo di chi conosce le sue alternative, l’unica: perdere.
Ha già visitato 180 paesi. Lei scende dal suo pulmino scortata da quattro persone del suo staff, sorride, si presenta e stringe la mano a tutti. Poi parte col breve comizio.
Il lungo tour della provincia
Ieri ha toccato Campiglia, Noventa Vicentina, Agugliaro, Albettone, Sossano e Bar-barano. Domani altri sette paesi.
Ogni tanto però le capita di incontrare volti amici. Come ieri alla trattoria da Amilcare. Per carità , al pranzo hanno partecipato in appena otto persone, di cui quattro del suo staff, ma il titolare, Marco Borghettini, è “uno di sinistra: siamo l’unico punto rosso in questa valle verde di lacrime”.
L’importante, confida Borghettini, “è che poi Moretti si decida a stare in un posto finalmente”.
Lei garantisce: “Se perdo la sfida a guidare la Regione rimango qui in Veneto, certo”. Sempre che non arrivi una nuova telefonata da Matteo.
E allora, come poter dire di no?
Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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