LA SCIOCCHEZZA DI FAR ANDARE GLI ELETTORI DI DESTRA A VOTARE PER EMILIANO: SI ALIMENTA SOLO L’IMMAGINE DEL VOTO DI SCAMBIO
QUELLO CHE E’ ACCADUTO A NARDO’ DIMOSTRA CHE IL PROVINCIALISMO E’ UN LIMITE CHE IMPEDISCE LA COSTRUZIONE DI UNA ALTERNATIVA NAZIONALE
A Nardò il PD è costretto a chiudere il seggio per le primarie.
Nei giorni il sindaco di Nardò, Pippi Mellone, aveva invitato a votare Michele Emiliano alle primarie del Partito Democratico con un messaggio via Whatsapp. Mellone aveva chiesto ai suoi amici di portare voti a Emiliano perchè ritenuto più in sintonia con lui dal punto di vista politico.
Oggi gli amici di Mellone si sono presentati al seggio per votare addirittura in 1500. E alla fine il Partito Democratico ha deciso di chiuderlo.
Il seggio che è stato chiuso era allestito nel Chiostro di Sant’Antonio.
Intorno alle 15 i componenti del seggio che fanno riferimento alle mozioni di Orlando e Renzi hanno bloccato le operazioni di voto e hanno chiesto l’intervento della Digos per presunte irregolarità causate dalla presenza massiccia tra gli elettori di persone note in paese come esponenti del centrodestra.
Sul posto, oltre alle forze del’ordine, è giunto il presidente della commissione elettorale regionale del PD, Gigi Nestola.
Alla fine alle 18 per volontà della commissione nazionale per il Congresso nazionale per le primarie del Pd vengono sospese ufficialmente le operazioni di voto preso il seggio di Nardò.
Le urne sono state sigillate e saranno portate nella la direzione provinciale del Pd di Lecce, mentre sono in atto le operazioni di verbalizzazioni di quanto accaduto.
La decisione di appoggiare Emiliano è dovuta principalmente a due fattori: il primo è che il maggiore esponente del Pd locale è vicino alle posizioni di Orlando e “rafforzare” Emiliano voleva dire “ridimensionare” il Pd locale.
L’altro sta nel fatto che Emiliano è il presidente della Regione e può essere utile per il Comune fare un favore a chi detiene i cordoni della borsa dei contributi agli enti locali.
Premettiamo che siamo contrari a “invasioni di campo altrui” in assoluto perchè ogni partito deve poter scegliere la propria classe dirigente.
Di questo passo altrimenti un leader di sinistra verrebbe nominato dalla destra, uno della destra dalla sinistra, un pacifista dai guerrafondai, un sovranista dagli europeisti e così via.
In particolare una destra sociale che amministra una città grazie a una capacità trasversale di aggregazione non dovrebbe porsi il problema di “condizionare” le scelte altrui, ma semmai lavorare a un proprio “progetto nazionale” programmatico e organizzativo che diventi un punto di riferimento per le forze nazional-sociali, rompendo gli schemi fittizi di “primarie sì o no”.
Altrimenti il danno di immagine è evidente: quello di apparire come la versione localistica e provinciale di una classe dirigente amante del “voto di scambio” che fornisce, ricambiato, un aiutino oggi per avere un favore domani.
O si esce da questa logica clientelare e da questa prassi “accomodante” e si impara a volare alto o ci si schianta senza aver neanche preso velocità .
Il problema non è chi “scappa con il pallone per non perdere” (come dice il sindaco di Nardò) ma rinunciare a impostare, con le nostre idee e i nostri programmi. il nostro modulo, il nostro gioco, la nostra alternativa.
Noi siamo per giocare nel campo avverso a viso aperto, non per giocare travisati con le maglie dell’avversario.
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