LA SOLITUDINE DEI CALL CENTER IN PIAZZA
A ROMA LA PROTESTA, IGNORATA DAI POLITICI, PER CHIEDERE TUTELE CONTRO LE DELOCALIZZAZIONI
Determinati, generosi, combattivi. Ma soli.
Questa l’immagine della “Notte bianca dei call center” che si è svolta ieri sera a Roma.
Alcune migliaia in corteo, tra le strade buie della capitale, fino a una piazza del Popolo allestita con un grande palco, con ospiti musicali, attori, cantanti, a supportare una vicenda che dura ormai da tempo.
Ma nessun politico, nessun parlamentare a sostenere la vertenza.
Meno che mai il governo.
Solo Susanna Camusso trova il tempo di portare un saluto e il messaggio di sostegno della sua Cgil.
Il bersaglio privilegiato è Matteo Renzi, le sue politiche, i suoi sberleffi. I suoi attacchi al lavoro e al diritto di sciopero.
Sarebbe interessante osservare un confronto tra una piazza anomala come questo e il giovane leader del Pd.
I lavoratori dei call center in Italia sono diventati ormai 80mila di cui la metà con contratti a tempo indeterminato e il resto precari.
Non hanno più il profilo di qualche tempo fa, non sono studenti in cerca di un lavoro provvisorio.
Come dicono i lavoratori dell’Accenture di Palermo che rischiano di finire in mobilità , “262 (i possibili licenziati, ndr.) non è un numero ma famiglie”.
“E oggi ci vuole un bel coraggio a metter su famiglia” dice il loro rappresentante mentre interviene dal palco prima che la “notte bianca” cominci sul serio.
In prevalenza vengono dal sud. Dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Sardegna, dalla Campania.
Ma ci sono delegazioni anche dal nord, l’Almaviva contact, il gigante del settore, la E-Care di Cesano Boscone dove sono in 489 ad aver perso, di fatto, il posto di lavoro. Nel corteo, che si snoda nella fredda serata romana, tra le vetrine e il traffico del centro già affollato, lo slogan ripetuto fino alla noia è uno solo: “Vogliamo il lavoro”. Lo chiedono a gran voce da Taranto dove Teleperformance, con i suoi 2000 dipendenti, età media 35 anni, è la seconda realtà imprenditoriale dopo l’Ilva.
Le aziende, man mano che perdono le commesse, lasciano a casa i lavoratori.
Ed è qui che si sostanzia la principale richiesta, l’applicazione della direttiva Ue secondo la quale, quando un’azienda (le Poste, l’Enel, etc.) decide di cambiare l’operatore di call center in un determinato sito deve mantenere i lavoratori.
Oggi, invece, le aziende si susseguono una dopo l’altra perchè gli appalti al massimo ribasso spazzano via la concorrenza e questi sono possibili tramite due strade: le delocalizzazioni (Albania in primis) e le nuove aziende che riaprono al sud grazie agli incentivi pubblici.
I nemici principali sono questi. “La flessibilità non è spostare l’azienda dove gli pare”. Ma si chiede anche “dignità ”.
“Spesso viviamo con 700 euro al mese e vediamo ragazze licenziate perchè sono state troppo tempo in bagno” dice Girolamo di Milano.
Per il governo, il sottosegretario Teresa Bellanova assicura che il settore sarà seguito “con attenzione”.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply