LA VEDOVA FAILLA E LA PENSIONE INGHIOTTITA DALLA BUROCRAZIA
IL TECNICO FU ASSASSINATO IN LIBIA NOVE MESI FA… LA DOMANDA PER LA PENSIONE DOVUTA PER LEGGE AI PARENTI DELLE VITTIME DEL TERRORISMO E’ STATA RESPINTA PER CARENZA DI DOCUMENTAZIONE
C’è una sola domanda possibile, dopo aver appreso la storia di Rosalba Castro, vedova di Salvatore Failla, il tecnico italiano assassinato in Libia nove mesi fa.
Che Stato è quello che permette al gorgo della burocrazia di inghiottire pure i parenti delle vittime del terrorismo?
Rosalba Castro è una donna siciliana di gran carattere, che non ha paura di esprimere opinioni scomode.
Lo ha fatto a più riprese accusando le autorità italiane di opacità nella triste vicenda, e può a ragione dire di sentirsi abbandonata.
Un mese fa l’Inps gli ha respinto la domanda per accedere alla pensione garantita per legge ai familiari delle vittime del terrorismo presentata quasi sei mesi prima.
Il motivo: il morto c’è e questo non si può negare, ma la documentazione è carente. Manca un certificato della prefettura di Siracusa, e un’autocertificazione non è accettabile. A scanso di equivoci il direttore dell’Inps di Lentini, Salvatore Garofalo, precisa che è possibile fare ricorso entro 90 giorni.
Anche online: evviva la modernità .
Non resta allora che insistere per avere quel benedetto certificato attestante la condizione di «familiare superstite di vittima del terrorismo».
Ma il documento non arriva. Il perchè lo comunica la medesima prefettura di Siracusa a Rosalba Castro il 6 dicembre: il rilascio è subordinato al decreto ministeriale di concessione della pensione.
E siccome «il procedimento amministrativo è ancora in corso di svolgimento», ecco che «questo ufficio non può al momento rilasciare l’attestazione richiesta». Ricapitoliamo: prima deve arrivare la pensione, e solo dopo è possibile avere il documento che serve per ottenerla.
Sembra il Comma 22 del film di Mike Nichols: «Chi è pazzo può essere esentato dalle missioni, ma chi chiede di essere esentato non è pazzo».
Peccato che questo non sia un film.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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