L’ABILE MOSSA DI TSIPRAS PER TOGLIERE UN ALIBI ALL’EUROPA E TORNARE A NEGOZIARE
LE DIMISSIONI DI VAROUFAKIS FACILITANO LA TRATTATIVA
Tornare dai partner europei all’arrembaggio, forti del forte mandato popolare ricevuto dal referendum, ma con una rosa in mano.
Un gesto distensivo, un segnale di apertura per dimostrare che le intenzioni della Grecia di trovare a tutti i costi un accordo sono reali.
L’addio di Yanis Varoufakis dall’incarico da ministero delle Finanze, affidato a un breve post sul suo blog preceduto da un semplice tweet, segna il primo gesto della seconda fase dell’era Tsipras.
Quella più complessa, in cui il premier sarà impegnato a dimostrare al 61% dei greci che la promessa di utilizzare il forte mandato popolare ricevuto dalla consultazione per risedersi al tavolo e ottenere un accordo migliore potrà presto diventare realtà .
Per farlo, il premier ha provato a giocarsi l’arma a sorpresa delle dimissioni del suo braccio destro.
Un sacrificio che contribuirà anche ad attutire, almeno in parte, la probabile caduta dei listini europei dopo il voto di domenica sera.
Il segnale è chiaro: vogliamo trattare. Anche, come suggeriscono le ultime indiscrezioni, costruendo una squadra di negoziatori che comprenda membri delle opposizioni, altro gesto di apertura da parte del premier greco.
Uscendo di scena nello stesso modo, non convenzionale ed eccentrico, con cui ci era entrato a fine gennaio, Varoufakis garantisce a Tsipras di presentarsi al prossimo confronto con i partner europei forte già di una prima significativa concessione.
A metà tra la stizza e il messaggio politico è stato lo stesso ministro delle Finanze greco ad usare parole cristalline per giustificare la propria scelta: “Subito dopo l’annuncio dei risultati del referendum, sono stato informato di una certa preferenza di alcuni membri dell’Eurogruppo e di ‘partner’ assortiti per una mia… ‘Assenza’ dai loro vertici, un’idea che il primo ministro ha giudicato potenzialmente utile per consentirgli di raggiungere un’intesa”, ha scritto Varoufakis, lasciando intendere che possa essere stato lo stesso premie a chiedergli un passo indietro. “Considero mio dovere aiutare Alexis Tsipras a sfruttare come ritiene opportuno il capitale che il popolo greco ci ha garantito con il referendum di ieri”, ha aggiunto l’ex ministro, “e porterò con orgoglio il disgusto dei creditori”.
Il messaggio è chiaro: vado via proprio per il motivo che pensate.
Anche se questo eccesso di chiarezza svela forse più la natura più tattica che realmente politica del passo indietro del ministro greco.
Sacrificando il ministro, Tsipras immagina di potere ritornare al tavolo del negoziato con due carte importanti: il robusto successo al referendum e la “testa” del proprio ministro, inviso all’Eurogruppo, dando anche un messaggio all’intero popolo greco, una dimostrazione che le intenzioni di compromesso manifestate nella settimana prima del voto erano reali.
Ma in questo modo cerca anche di ricondurre una rottura sostanziale tra due posizioni che in quattro mesi non sono state in grado, salvo le ultime tre settimane, di dialogare veramente, a una questione quasi personale.
Quasi che il problema fosse davvero il carattere del ministro Varoufakis. In altre parole, concedere un alibi in meno.
Anche per questo saranno essenziali le prossime ore, quando nella scelta del successore Tsipras darà un’indicazione importante sull’identità di questa sua “seconda fase.
In corsa, per la stampa greca ci sarebbero tre nomi.
Il vice premier Yannis Dragasakis, capofila dell’ala dialogante e scelta preferita da Alexis Tsipras, anche se non avrebbe mostrato interesse per questa carica.
Altro nome in pista è quello di George Stathakis, attuale ministro per lo Sviluppo, scelta che però provocherebbe un mini rimpasto di governo.
Infine Euclid Tsakalotos, il capo della squadra negoziale ellenica, che da tempo aveva sostituito Varoufakis nei rapporti con i partner internazionali.
(da “Huffingtonpost“)
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