LE IILLUSIONI DELLA RIFORMA ELETTORALE: MAGGIORANZA IMPOSSIBILE ANCHE CON IL MATTARELLUM
IN CASO DI PDL COME PRIMO PARTITO LA SIMULAZIONE PREVEDE 259 DEPUTATI AL CAVALIERE, 235 AL PD E 108 A GRILLO…NON CAMBIEREBBE NULLA
Troppo tardi: neanche il ritorno al Mattarellum basterebbe, ormai, a garantire la governabilità .
Lo dicono i numeri, lo spiega una eloquente tabellina che da qualche giorno è sulla scrivania di Napolitano e sul tavolo dei quattro «saggi» incaricati di risolvere il rebus della legge elettorale.
Titolo: «Applicazione di un sistema elettorale misto (“Mattarellum”, 75 % maggioritario, 25 % proporzionale) sulla base dei risultati elettorali del 24-25 febbraio 2013».
Una sola paginetta, una tabella ben impaginata, con una premessa doverosa e sottintesa: quando cambiano i sistemi elettorali cambiano anche i comportamenti dei partiti e degli elettori, quindi non è affatto detto che le cose sarebbero andate esattamente così.
Però, sia pure prendendola con le pinze, la simulazione ci consegna un risultato sorprendente: incassando gli stessi voti di sei settimane fa, non avrebbe vinto Bersani ma Berlusconi.
Raccogliendo lo 0,4 per cento in meno della coalizione avversaria, il centro-destra avrebbe conquistato la maggioranza relativa dei seggi a Montecitorio.
Avrebbe vinto in 216 collegi uninominali e avrebbe ottenuto altri 43 seggi nella quota proporzionale.
Totale, 259 deputati: più del doppio dei 125 seggi che il Pdl e i suoi alleati occupano oggi alla Camera.
Ma soprattutto, 24 seggi in più del Pd, che si sarebbe fermato a 192 collegi uninominali e a 43 deputati nella quota proporzionale, totalizzando 235 onorevoli (e non gli attuali 345)
Dunque avrebbe vinto Berlusconi.
Ma neanche lui, come oggi capita a Bersani, avrebbe avuto i numeri per formare il governo: con quei 259 seggi il centrodestra avrebbe potuto rivendicare la maggioranza relativa (e formare il gruppo più numeroso) ma non la maggioranza assoluta, la metà più uno degli eletti, quella che serve per ottenere la fiducia.
Non solo, ma la presenza del terzo incomodo, il Movimento 5 Stelle, sarebbe stata assolutamente identica: 108 seggiha oggi, 108 ne avrebbe ottenuti con il Mattarellum (vincendo in 65 collegi uninominali).
Il vero perdente sarebbe stato Monti, che invece degli attuali 45 deputati ne avrebbe avuti appena 15, trionfando in un solo collegio uninominale: soltanto uno, su 474.
E’ una simulazione attendibile? Assolutamente sì.
L’hanno preparata due studiosi che sono considerati tra i massimi esperti italiani dei meccanismi elettorali.
Il primo è Antonio Agosta, oggi docente di Scienza della politica all’università di Roma Tre, già esperto elettorale del Viminale e membro della commissione che nel 1993 disegnò i confini dei collegi uninominali.
L’altro è Nicola D’Amelio, docente di Tecniche di analisi elettorale a Roma Tre e direttore dell’Archivio storico delle elezioni al ministero dell’Interno.
Con un lavoro certosino, i due studiosi hanno calato il voto degli italiani nei vecchi contenitori, quelli del Mattarellum: collegio per collegio, partito per partito.
E ci consegnano un responso chiarissimo: con l’Italia ormai tripolarizzata, neanche il sistema che per tre volte fece nascere una maggioranza oggi riuscirebbe a garantire
la governabilit�
Non solo: ma già che c’erano, Agosta e D’Amelio hanno voluto provare a vedere gli effetti dell’uninominale secco, all’inglese: senza quota proporzionale.
E in questo caso alla premessa sulle simulazioni se ne aggiunge una sulla precisione: portare i collegi da 474 a 617 comporterebbe scelte discrezionali sulla ridefinizione dei confini di ciascun collegio che potrebbero riflettersi sui risultati.
Dunque, per correttezza, hanno indicato per ciascuna coalizione un minimo e un massimo.
E non è incoraggiante constatare che anche applicando il maggioritario più spinto che si conosca, nessuno si avvicinerebbe alla maggioranza assoluta: nell’ipotesi migliore (per lui) Berlusconi otterrebbe 300 deputati, 16 in meno di quelli necessari per governare
In passato, certo, il Mattarellum ha funzionato.
Ma i numeri erano assai diversi da quelli di oggi.
Nel 1994 il centro-destra raggiunse il 46 per cento (e nonostante questo al Senato si fermò a 155 seggi, sotto la metà ).
Nel 1996 Prodi raccolse il 44,8 per cento (e alla Camera portò 319 deputati, che però non gli bastarono per evitare la sfiducia).
E nel 2001 Berlusconi ottenne un’ampia maggioranza in entrambe le Camere, con il 45,5 per cento.
Ma oggi nessuno supera il 30 per cento, e il Mattarellum non basterebbe più a ridarci governabilità .
E allora? «Io vedo solo due soluzioni» spiega Agosta.
«La prima è quella di estendere al Senato il meccanismo del premio nazionale: ma per farlo occorrerebbe una modifica della Costituzione, visto che il Senato va eletto “su base regionale”.
E non è neanche detto che funzionerebbe, considerato che le due Camere hanno elettorati diversi (per Montecitorio votano i 18-25 enni) che potrebbero anche esprimere due maggioranze diverse.
La seconda, forse più lineare, sarebbe quella di differenziare i ruoli delle due Camere, lasciando solo a Montecitorio il potere di dare e revocare la fiducia al governo.
Anche in questo caso sarebbe necessario mettere mano alla Costituzione, ma almeno il risultato sarebbe più limpido».
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica“)
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