LE IMPRESE CHE DANNO IL PEGGIO DI SE’: IL BONUS DI 600 EURO PER I PROFESSIONISTI E FALSE PARTITE IVA FINISCE NELLE LORO TASCHE
DOPPIA TRUFFA AI DANNI DELLO STATO
Prima la cassa integrazione che diventa smart working, poi il bonus baby sitter che aiuta — principalmente — le famiglie che pagano la tata in nero; infine le aziende che non potendo ricorrere alla cassa integrazione esigono dai loro dipendenti (mascherati come partite Iva) la restituzione del bonus da 600 euro destinato ai liberi professionisti.
Che il mercato del lavoro in Italia fosse una giungla era noto da tempo, ma nessuno immaginava che nel pieno dell’emergenza sanitaria da Coronavirus le imprese dessero mostra in maniera così sfacciata del loro lato peggiore.
La storia di Luca è quella di tanti altri ingegneri che sono liberi professionisti solo nella teoria in quanto iscritti a una cassa previdenziale privata.
La realtà è molto diversa: Luca fa parte di quelle decine di migliaia di professionisti che lavorano per un mono committente — nel suo caso si tratta di una società in provincia di Milano — senza giorni di malattia o ferie retribuite; senza gli straordinari e tutte quelle voci della retribuzione garantite dai contratti regolari dei dipendenti subordinati: lo stipendio è fisso, per dodici mensilità , e gli viene corrisposto dopo l’emissione di una fattura — sempre di uguale importo. Per far emergere un altro malcostume italiano basterebbe controllare, ma gli ispettori del lavoro sono pochi e i furbi sono sempre di più.
Alla frustrazione di un rapporto di lavoro irregolare sotto ogni aspetto si è aggiunta anche la beffa del Coronavirus: “L’unico committente a cui intestiamo le fatture ha chiesto a me e a molti altri colleghi — racconta Luca — di detrarre dall’importo mensile il bonus emesso dalla cassa di appartenenza nel caso di mantenimento dell’abituale importo mensile fatturato”.
In sostanza la società di Luca continua a fatturare al cliente finale come nulla fosse perchè Luca e i suoi colleghi ingegneri non hanno mai smesso di lavorare, ma grazie al bonus aumenta i propri margini di guadagno.
D’altra parte l’azienda non poteva mettere in cassa integrazione nessuno dei propri dipendenti perchè figurano quasi tutti come partita Iva e allora ha pensato bene di trattenere dallo stipendio/fattura la quota erogata dallo Stato. Esattamente quello che fanno le aziende che mettono in cassa integrazione i dipendenti, ma poi con la scusa dello smart working continuano a chiedere lo stesso impegno ai lavoratori.
Una truffa ai danni dello Stato che — ancora una volta — non può essere denunciata dai professionisti perchè perderebbero il lavoro.
“Oltre all’ovvia perdita dell’incarico — dice Luca — rischierei un deferimento o una diffida all’ordine degli ingegneri”. Una preoccupazione che deriva da un’interpretazione particolarmente severa del codice deontologico della categoria che al punto 13.3 scrive di “astenersi dal porre in essere azioni che possano ledere la reputazione di colleghi o altri professionisti”.
Un’azione del genere potrebbe essere “lesiva del rapporto tra professionisti”, ipotesi che — tuttavia — Patrizia Giracca presidente della commissione etica dell’ordine degli ingegneri di Milano esclude categoricamente: “L’articolo 14 del codice dice esplicitamente che i rapporti fra ingegneri e collaboratori sono improntati alla massima correttezza inoltre si sottolinea che nei rapporti con i collaboratori e i dipendenti, l’ingegnere è tenuto ad assicurare ad essi condizioni di lavoro e compensi adeguati”.
Per Giracca, quindi, non ci sarebbe nessun rischio di procedimento nei confronti del denunciante, mentre l’impresa sarebbe a rischio sanzione: “Purtroppo — spiega l’ingegnere — sappiamo che per molti è difficile farsi avanti per la paura di perdere il lavoro”. Anche perchè trattandosi di liberi professionisti, la fattura viene emessa sulla base del lavoro svolto: se il committente chiede di farla più bassa e l’ingegnere rifiuta, il rapporto di lavoro può esaurirsi immediatamente.
Una trappola dalla quale Luca e i suoi colleghi non vedono via d’uscita: “Pur trattandosi di una quota rilevante dello stipendio, non farò nulla perchè il rischio di perdere il lavoro è troppo grande. Ma bisogna rompere il muro del silenzio”.
(da Business Insider)
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