LE “SPIAGGE D’ORO” CAMPANE DATE AI GESTORI A CANONI IRRISORI
A CAPRI LUIGI AI FARAGLIONI PAGA ALLO STATO SOLO 8.619 EURO L’ANNO… OGNI LIDO INCASSA CIRCA 150.000 EURO
Le concessioni balneari, come è ormai consuetudine nel pieno della stagione estiva, provocano forti polemiche nel governo e con l’Europa. In Campania ci sono circa 700 aziende balneari di cui 280 a Napoli e provincia, 275 nella provincia salernitana, 140 in quella casertana. Ma le concessioni sono molte di più: in base ai dati del sistema informativo del Demanio, sono 1.125 le concessioni per stabilimenti balneari e 166 quelle per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici. Lo scandalo è che i canoni d’affitto sono irrisori ed estremamente diversificati tra loro, senza una, almeno apparente, ragione. A Napoli, ad esempio, il Bagno Elena a Posillipo paga 25mila euro di canone, Villa Beck molto meno. Perché?
A Napoli
Nella città partenopea si va da un minimo di 1.314 euro a un massimo di 50.476, per una concessione demaniale marittima ad uso turistico ricreativo. L’ammontare è fissato dall’Autorità di sistema portuale, in base ai parametri fissati dalla legge. La lista dei concessionari è pubblica, consultabile sul sito della Regione Campania. Ci troviamo lidi balneari, circoli nautici, attività di ristorazione. Denominazioni storiche, celebri e meno note. Si passa da appena 20 metri quadrati, la superficie più piccola in concessione, alla più grande, oltre 12.500 metri quadri, del circolo Posillipo. Una vera e propria giungla.
Le spiagge libere
Altra cosa assurda è che in Campania quasi il 70% delle spiagge sia occupato da stabilimenti balneari, un tetto decisamente più elevato rispetto alle altre regioni, dove ci sono molte più spiagge libere. Per di più, Legambiente ricorda che troppe spiagge libere sul litorale campano sono interdette, come quella di Licola nel Comune di Pozzuoli, inquinata da anni è ubicata vicino a un canale di scolo. O come quella di Torre del Greco, adiacente a un’area industriale.
L’erosione
Senza dimenticare che nella regione l’erosione costiera interessa oltre 46 chilometri. In settimana ci sarà il primo sciopero dei balneari, proclamato in tutt’Italia al quale aderiscono anche gli stabilimenti regionali.
Lo sciopero
La protesta ha un’origine lontana: nel 2006, 18 anni fa, l’Europa, in seguito alla direttiva Bolkestein, impose la messa a bando attraverso gare pubbliche, aperte a tutti gli operatori comunitari, anche delle concessioni balneari. L’Italia non ha mai accettato questa indicazione, andando avanti di proroga in proroga, l’ultima contenuta nel decreto Milleproroghe 2023 che scadrà il prossimo 31 dicembre. Il Consiglio di Stato, però, ad aprile ha emesso una sentenza dove è stata censurata la proroga delle concessioni demaniali scadute a fine 2023, ma il governo ancora non ha preso una decisione al riguardo.
Costi e ricavi
Eppure si tratta di un segmento della vita economica decisivo, in quanto uno stabilimento balneare in Italia riesce a guadagnare in media sui 150mila euro l’anno. Inoltre, quest’anno i prezzi di lettini e ombrelloni sono letteralmente esplosi. Senza arrivare al caso limite dello stabilimento vip della costiera sorrentina raccontato sul Corriere del Mezzogiorno, qualche giorno fa da Anna Paola Merone, in una località come Palinuro, frequentata dalla media borghesia, Altroconsumo stima un costo settimanale variabile tra i 146 e i 209 euro. Luigi ai Faraglioni, proprio sugli scogli di Capri, tra i più famosi stabilimenti della zona, paga una concessione pari a 8.819,23 euro. Il prezzo di un ingresso con lettino e credito da spendere al bar/ristorante durante la giornata al mare è di 115 euro a persona.
Il litorale domizio
Negli stabilimenti balneari casertani il prezzo medio giornaliero per ombrellone e due lettini si aggira tra i 30 e i 50 euro. I concessionari di quella provincia pagano una cifra variabile da meno di 2 euro a metro quadro fino a più di 3. È questa discrasia inaccettabile che spinge l’Europa, giustamente, a mettere subito a gara le concessioni a prezzi di mercato, perché non si può continuare ad andare avanti così. Il governo procede con i piedi di piombo, in quanto ai titolari degli stabilimenti che hanno fatto investimenti vuole riconoscere somme di denaro adeguate per ricompensarli dei costi subiti. E teme che con le gare finiscano per prevalere, almeno sulle spiagge più richieste dall’utenza, consorzi di operatori internazionali, mettendo fuori gioco le piccole società locali. Una soluzione che tuteli tutti, concessionari, utenti, Stato, Europa, e li metta finalmente d’accordo, appare ancora un miraggio.
(da agenzie)
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