LE STRADE DEL QUIRINALE NEL CASO VINCESSE IL NO E IL RUOLO DECISIVO DEL PD
MATTARELLA IRRITATO PER I SOSPETTI PREVENTIVI DI BROGLI
Anche per il Quirinale i toni incandescenti del dibattito pubblico rischiano di rendere la sfida del 4 dicembre «aberrante», per stare alla definizione data da Napolitano.
Ma, posto che un certo grado d’imbarbarimento sia scontato in una consultazione divisiva com’è sempre un referendum, è un’altra la questione che davvero preoccupa, lassù, in questi giorni: la minaccia preventiva di non riconoscere il risultato delle urne. A lanciarla alcuni esponenti del fronte del No, con l’annuncio di ricorsi pronti a scattare se il voto degli italiani all’estero risulterà decisivo, ciò che potrebbe insinuare dubbi sulla stessa legalità dell’appuntamento elettorale.
Una mossa che, dopo le tante pressioni esercitate da vari fronti, aggiunge un elemento destabilizzante (infatti veicola il sospetto di brogli, prospettiva poco sopportabile da una democrazia) a uno scenario già sovraccarico di emotività politica e incognite istituzionali.
Ancora una settimana ed entrerà in gioco il presidente della Repubblica, evocato da tutti con una doppia aspettativa: 1) nel caso che una vittoria del No sfoci in una crisi di governo, dovrà rimettere in equilibrio il sistema e farlo ripartire o, se questo si rivelerà impossibile, decretare la fine della legislatura; 2) anche se vincesse il Sì, dovrà ridare coesione e serenità a un Paese lacerato, in modo che si torni a lavorare insieme dopo una campagna elettorale lunghissima.
Qualche punto fermo.
Per come Sergio Mattarella si è fatto conoscere interpretando il ruolo, non dobbiamo pensare che tutto sia sempre nelle sue mani e comunque al momento non ci sono le condizioni perchè si assuma la responsabilità che si prese, ad esempio, Napolitano in certe stagioni complesse, con i governi Monti e Letta.
Insomma: un presidente agisce in quanto interpreta qualcosa che emerge da un sistema politico-istituzionale.
E oggi una maggioranza c’è, e alla Camera è anzi assoluta per effetto del premio sancito dalla legge che ha premiato il Pd.
Mentre è assai arduo immaginare che se ne possano costruire altre.
Di qui partirà la sua analisi quando, nell’ipotesi che un Renzi sconfitto si presenti davanti a lui dimissionario (non è costituzionalmente obbligato a farlo, ma è stato lui stesso a legare la propria sorte politica al referendum, indicandolo alla stregua di una fiducia), scatteranno le procedure dell’articolo 88 della Carta.
A quel punto è prevedibile che il capo dello Stato lo rinvii alle Camere, e non solo per un atto di cortesia, ma perchè l’esperienza repubblicana, dopo l’approvazione delle leggi maggioritarie, contempla appunto passaggi parlamentari, che servono a chiarire sul da farsi e a orientare le fasi successive.
Passaggio successivo: le consultazioni.
Su queste avrà un inevitabile peso il problema della legge elettorale da riformare, visto che si dà per scontata una bocciatura dell’Italicum da parte della Consulta, tra gennaio e febbraio.
Alle correzioni potrebbe provvedere Renzi stesso, accantonando le sue recenti promesse («non voglio galleggiare») e accettando un mandato bis che in molti gli chiedono già .
Incarico con un esecutivo finalizzato a tale missione, non un governo da classificare nella chiave minimalista «di scopo», perchè sappiamo che ogni governo è politico e di pieni poteri. Sempre.
Alternative è arduo ipotizzarne, anche se non sono da escludere.
Basta considerare che, quando si materializza una crisi, l’articolo 88 è una traccia «a tema libero», che permette al presidente di agire andando oltre la scarna regola procedurale.
Ciò che, per capirci, fa azzardare pure un mandato esplorativo (a Grasso?), qualora la situazione si impaludasse.
È chiaro che saranno cruciali tre elementi: lo scarto del voto, i calcoli politici interni alla maggioranza, l’istinto di conservazione del Parlamento.
Sarà su queste variabili che si giocherà il futuro della legislatura. E Mattarella dovrà avere la pazienza di percorrere tutte le strade e far decantare tutte le tensioni se vorrà garantire la stabilità alla vigilia della Finanziaria.
Marzio Breda
(da “il Corriere della Sera”)
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