LEGGE SEVERINO, L’ULTIMA FAVOLA DEL PDL: “SANZIONE AMMINISTRATIVA, NON E’ RETROATTIVA”
MA DA PALAZZO DI GIUSTIZIA FANNO SAPERE: “POICHE’ E’ UNA SANZIONE AMMINISTRATIVA NON VALE LA REGOLA DELLA IRRETROATTIVITA'”
“L’incandidabilità derivante dalla legge Severino è una sanzione amministrativa e pertanto irretroattiva”.
Il Pdl, capitanato dal capogruppo al Senato Renato Schifani, ha ripetuto per tutto il giorno questa convinzione citando una frase delle motivazioni della sentenza con cui è stata fissata a due anni l’interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi. Convinzione, ripetuta dall’ex Guardasigilli Nitto Palma e da Gelmini, Carfagna, Capezzone e naturalmente il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, che però non solo non trova riscontri ma viene smentita dagli stessi ambienti giudiziari milanesi.
Come spiegano dal Palazzo di Giustizia di Milano: “Se la decadenza fosse stata una sanzione penale sarebbe non retroattiva. Ma poichè è una sanzione amministrativa non vale la regola della irretroattività ”.
Inoltre, quasi a replicare a quanto sostenuto da Francesco Nitto Palma, si sostiene che nelle motivazioni non si parla assolutamente di “irretroattività ” ma solo di “sanzione dell’incandidabilità , discendente dalla sentenza di condanna (penale, ndr), riservata (…) all’Autorità Amministrativa”.
Il presidente della Commissione giustizia aveva detto: “La Corte di appello di Milano ha appena detto che l’incandidabilità è una sanzione amministrativa con la conseguenza della sua irretroattività , quindi dà ragione a noi e non c’è ragione di andare avanti”.
Ma non è così, come conferma anche il vice presidente della commissione Giustizia ed ex magistrato Felice Casson: “La Corte d’appello di Milano non ha assolutamente scritto che la decadenza sarebbe una sanzione amministrativa; anzi, ha ribadito quanto già motivato più volte dalla Corte Costituzionale(fin dal 1994), dalla Corte di Cassazione e dal Consiglio di Stato (anche nel 2013), e cioè che l’istituto della decadenza è perfettamente costituzionale e che attiene allo status giuridico di qualsiasi condannato per reati gravi. Non si tratta dunque — spiega Casson — di una sanzione penale, nè di una sanzione amministrativa, ma di una norma che concerne un requisito di eleggibilità , legato al requisito della dignità morale e dell’onore menzionati nella nostra Costituzione. È per questo — conclude il parlamentare Pd — che non si pone il problema della retroattività ”.
Sulla questione interviene anche il presidente della Giunta: “Sarebbe opportuno dare alle motivazioni della Corte d’Appello di Milano sulla pena accessoria dell’interdizione una lettura precisa e non provare a fare il gioco delle tre carte — dice Dario Stefano – Nella sentenza della Corte di Appello di Milano si dice molto meno di quello che qualcuno legge o crede di intravedere e molto più di quello che allo stesso qualcuno non piace vedere. La sentenza — spiega il senatore di Sel — chiarisce che ‘non si verte sull’applicazione o meno della disciplina della cosiddetta legge Severino che per altro ha un ambito di applicazione distinto’ ma precisa anche che ‘la condanna penale è presa in considerazione come presupposto per l’incandidabilità del soggetto ovvero per la valutazione della sua decadenza dal mandato elettorale conferitogli e che la sussistenza o la sopravvenienza della condanna penale per determinati reati creano una sorta di status negativo del soggetto che ne impediscono la candidabilità … in un ambito in cui la questione della legge Severino è solo marginalmente sfiorato (a differenza invece di altre pronunce direttamente vertenti sulla legge in questione) la Corte ricorda a tutti come il tema dell’irretroattività abbia poco a fare con la legge Severino e l’uno e l’altro, ancor meno, con il recinto della sua decisione”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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